L’attività fisica è importante. Una dieta equilibrata è fondamentale. Ma per dimagrire davvero il passaggio decisivo è quello che comprende il cervello. Si può perdere peso se si cambia il modo in cui si pensa al cibo.
Come è stato chiarito dagli scienziati, le cause dell’obesità (triplicata a livello globale dal 1975 a oggi) sono molteplici: c’è la disponibilità maggiore di cibo, la diffusione di stili di vita sedentari, la pigrizia, la difficoltà di saper regolare una dieta sana. E in più, la connessione cerebrale legata allo stress.
Le aree cerebrali sottoposte a stress prolungati, è stato rilevato, aumentano il senso di fame e, soprattutto, emettono alcune sostanze chimiche che rallentano il metabolismo. Si ha più voglia di mangiare e, al tempo stesso, più difficoltà a bruciare le calorie. Un meccanismo che in questa epoca può sembrare perverso ma che, in una situazione pre-industriale (o anche pre-civile) ha permesso alla specie umana di sopravvivere: in momenti di difficoltà, in cui è a rischio la sopravvivenza, l’organismo si allerta per procurarsi cibo in modo da sopravvivere agli imprevisti. È il senso evolutivo dello stress, del tutto obsoleto in un’epoca in cui l’abbondanza di cibo consente, almeno in certe parti del mondo, una sopravvivenza serena.
Ancora più perverso, fanno notare in questo video della Bbc, è il fatto che il cervello adori i modelli e le procedure note (che è anche il motivo per cui, nonostante ci si dichiari illuminati e progressisti, si finirà sempre a ragionare, anche controvoglia, per stereotipi). Una volta che si crea il pattern costituito da stress ˃rilascio di sostanze che rallentano il metabolismo˃aumento della fame˃decisione di mangiare, allora la frittata è fatta: la stessa dinamica si ripeterà in tutte le future situazioni di stress.
La soluzione, penseranno le persone normali, si può risolvere benissimo eliminando lo stress. Ma ciò andrebbe contro i pilastri che reggono la società attuale: il lavoro, la fatica, la delusione. È meglio, hanno pensato gli scienziati, tentare un’altra strada: riprogrammare del cervello. Un metodo chiamato “emotional brain training” permette di ridefinire gli automatismi cerebrali legati al cibo. Con un allenamento specifico si insegna al paziente ad associare al cibo pensieri più positivi, più salutari e più sani. Potrebbe sembrare una lunga sessione di autoconvincimento (che è spesso inefficace), ma il metodo avrebbe ripercussioni profonde a livello neuronale. Più o meno come quando Blaise Pascal sosteneva che per cominciare a credere fosse necessario mettersi a pregare (e non il contrario), anche in questo modo, per mangiare sano bisogna prima fare pensieri sani legati al cibo. Funziona? Chi lo sa.
Resta il dubbio che, tutto sommato, chi si è sottoposto a queste lunghe sessioni di ricalibrazione dei circuiti neuronali, tanto stressato non dovesse essere davvero.