Anche i leader cinesi invecchiano. Una ovvietà, certo. Ma la rigida disciplina di partito degli anni recenti, che prevedeva un dress code uniforme, impediva che venisse dimostrato: ogni capo era tenuto, anche per dare un’immagine di sé vigorosa e giovanile, a tingersi i capelli. Poi è arrivato Xi Jinping.
Tra le varie cose che il presidente cinese sta cambiando, come nota il New York Times, c’è anche questa: i suoi capelli stanno diventando sempre più grigi, e lui lascia fare.
Una piccola rivoluzione a simbolo di una più grande? Anche, ma non solo. Come per tutti i Paesi, l’immagine del leader conta anche in Cina. E Xi ha deciso di rompere con la tradizione, promuovendo una nuova interpretazione della sua figura.
Da un lato, assicurano gli analisti della politica cinese, vuole allontanarsi dall’idea del partito-apparato. Xi tiene ad apparire “se stesso”, come dicono i suoi alleati, cioè vicino al popolo. Sia dalle scelte sartorialil, indossando giacchette sartoriali, sia lasciando diventare grigi i suoi capelli. Del resto, l’obiettivo non è certo estetico, ma politico: Xi, con la sua campagna anti-corruzione, ha bisogno di mostrarsi umile, frugale, semplice. Deve, con ogni mezzo, differenziarsi dall’immagine del politico in carriera, che approfitta della sua posizione che guadagnare. Lui è “lo zio Xi”, e quello deve rimanere.
In più, i precedenti non mancano. Sia Mao che Deng Xiaoping avevano lasciato ingrigire i capelli. La disciplina “estetica” del partito, più rampante, è degli anni successivi: i capelli scuri diventano simbolo di benessere, ricchezza, gioventù. Oltre che segno di potere: i politici arrestati e sottoposti a interrogatorio, sia per lo stress che per la impossibilità di ricorrere alle tinte, venivano mostrati in pubblico con i capelli bianchi.
Ma oggi, con una Cina dalla ricchezza diffusa (più o meno) ovunque, questi tic dell’aspetto vengono meno. Ci si concede di invecchiare e di mostrare un volto più umano, con tutti i difetti del caso. Anche i segni del tempo che passa.