Luca Mercalli: “L’ambientalismo deve terrorizzare: se non ci svegliamo adesso, siamo davvero nei guai”

Il presidente della società meteorologica italiana: “Giusto terrorizzare. In 40 anni di ambientalismo abbiamo provato a convincere le persone in tutti i modi senza riuscirci. Evitate l'aereo per viaggiare e mangiate poca carne. Spero Greta non sia l'ennesimo fuoco di paglia sull'ambiente”

ROBERT ATANASOVSKI / AFP

«Siamo fottuti». Ormai Luca Mercalli non sa più come dircelo. Sono almeno vent’anni che con libri, programmi televisivi e conferenze, il meteorologo famoso per il suo papillon ci dice che siamo sull’orlo dell’abisso e non c’è molto tempo da perdere. Bisogna sensibilizzare l’umanità con tutti i mezzi per far capire le conseguenze del cambiamento climatico. Anche per questo Mercalli ha curato i contenuti scientifici della mostra “Capire il cambiamento climatico – Experience exhibition” al museo delle scienze naturali di Milano. «Non mi fa dormire la notte questa assurda idea della nostra economia che ci impone di crescere infinitamente in un mondo finito. Se non usciamo da questo dogma sarà una catastrofe».

A proposito di catastrofe. Gli spettatori della mostra nella prima sala trovano immagini terrificanti delle conseguenze del cambiamento climatico. Spaventare è il miglior modo per rendere consapevoli?
Non sappiamo più quale sia il modo migliore di comunicare questa emergenza. Perché finora in quarant’anni di ambientalismo nessun metodo ha funzionato. Né spaventare, né minimizzare, né proporre soluzioni. In questo momento siamo privi di strategie comunicative. Altrimenti avremmo già risolto il problema negli anni Ottanta. Quindi vale tutto. È giusto spaventare perché la situazione è drammatica.

Mi dica che non c’è solo una sala in questa mostra.
Ma no. La mostra non termina al primo piano. Dopo l’impatto della realtà, c’è il piano della razionalità cioè i dati scientifici e i grafici che spiegano perché succede. E poi l’azione, cosa fare per ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente. Un gioco, in cui ognuno scegliendo un comportamento più adatto alle proprie abitudini acquisisce un punteggio, non importa quale. purché si arrivi a un risultato: contrastare il cambiamento climatico.

Ecco giochiamo anche noi. Ci dica tre cose che possiamo fare tutti.
Primo non sprecare. Questo è il comandamento di base, lo metterei prima di qualsiasi elenco. Ognuno di noi, nella propria attività personale, in quello che fa ogni giorno, se lo appiccichi in testa. Siamo una società dello spreco: sprechiamo cibo, materie prime, oggetti. E produciamo rifiuti.

Passiamo agli esempi concreti.
Primo: la casa. Le nostre case usano molta energie male, facciamo l’isolamento termico anche nei condomini. E cerchiamo dove possibile di mettere i pannelli solari per l’acqua calda e per l’elettricità. Sarebbe già un primo passo.

Secondo?
I trasporti. Evitiamo i viaggi inutili, soprattutto in aereo. Adesso c’è la moda dei voli low cost. Andare in tutti i posti del mondo inimmaginabili solo per il gusto di vedere una vetrina a New York o prendere un caffé a Miami. Fermiamoci perché volare ha un dispendio energetico per persona enorme. Facciamolo solo quando è necessario.

Non ci dica che lei non prende mai l’aereo.
Pochissime volte. Lo faccio solo per lavoro quando non posso sostituirlo col telelavoro o le video conferenze. Sono 25 anni che non volo per vacanza perché l’aereo annulla qualsiasi tentativo di essere sostenibile. Puoi andare in bicicletta tutta la vita ma con un volo intercontinentale Roma New York ha annullato quanto di buono fatto. Lo stesso vale per la macchina: c’è una bella differenza tra avere un Suv che fa 7km con un litro e una piccola utilitaria che ne fa invece 22.

Quindi lei va in vacanza a piedi.
Tendenzialmente a poche decine di km da casa mia. Abito in Piemonte e vado spesso in montagna. Magari vado in un agriturismo cerco di evitare trasporti lunghi. Se proprio voglio visitare una città particolare prendo il treno perché è meno dannoso in certe circostanze.

Prenderebbe anche il Tav?
Quando si usano infrastrutture esistenti non c’è problema, si figuri che prendo anche il Frecciarossa. Ma non va bene quando si devono costruire opere gigantesche che producono delle emissioni. Perché i 57 km del tunnel dove passerà il Tav non si costruiscono con il piccone a mano ma con quindici anni di cantiere a gasolio enormemente inquinate. Usiamo le ferrovie che già ci sono magari migliorandole con lavori di ristrutturazione a bassa entità energetica.

Eppure chi vuole il Tav assicura che gli alimenti arriverebbero più velocemente senza i tir a inquinare le strade.
Ecco il cibo è il terzo punto. Una fonte importante di inquinamento e di gas a effetto serra. Mangiate poca carne, perché soprattutto quella bovina ha alti livelli di emissione. Non c’è bisogno di essere vegetariani, solo cercate di ridurre la quantità. E mangiate il più possibile cibo di stagione e di filiera locale. Non è molto sostenibile mangiare fragole a natale che arrivano magari dall’Argentina solo per il gusto di farlo. Meglio mangiare mandarini di Sicilia piuttosto.

Il rischio è che Greta si riveli un fuoco di paglia. Purtroppo abbiamo visto prese di posizione spettacolari in passato. Pensate alle campagne di premi Oscar e Nobel o al vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore con i suoi due film di denuncia. Ma quanto sono durati? Speriamo non sia l’ennesimo esempio di spettacolarizzazione di un problema e dopo due giorni è finito tutto.

Il titolo del suo ultimo libro “Non c’è più tempo” non ha bisogno di spiegazioni. Quanto manca prima che la situazione si irreparabile? Alcuni parlano di soli 750 lunedì.
Due minuti. Non lo dico io ma il “Doomsday clock”, l’orologio dell’apocalisse. È una cosa seria. L’hanno ideato una struttura di scienziati tra cui 15 premi Nobel nel 1947. Fino a pochi anni fa prendeva in considerazione solo il rischio di una possibile guerra nucleare. Da poco l’orologio dell’apocallise ha aggiunto il cambiamento climatico come secondo rischio che potrebbe portare alla nostra distruzione. Oggi è il momento più vicino al collasso dell’umanità di sempre.

Siamo riusciti a terrorizzare i lettori, almeno per un po’. Immagino molti di loro si chiedono se abbia senso fare qualcosa o per come è strutturata la nostra società è meglio godersi il paesaggio finché dura.
La sfida è gigantesca, non è facile. I piccoli gesti personali hanno significato se moltiplicati per tutta l’umanità. Ovviamente non basta. La differenza la fanno i gesti e le azioni dei politici che diventano efficaci solo se hanno il sostegno dei cittadini. Almeno per le nazioni democratiche abbiamo uno strumento eccezionale. Possiamo scegliere se votare dei politici che hanno una nuova visione della sostenibilità ambientale o altri che non ce l’hanno.

In Brasile e Stati Uniti hanno vinto due leader non proprio ecologisti.
Trump e Bolsonaro porteranno il mondo al collasso. Il presidente brasiliano ha permesso di riaprire il saccheggio della foresta amazzonica.

Anche Trump sembra sottostimare gli effetti del cambiamento climatico. A gennaio ha preso in giro i catastrofisti con un tweet in cui commentava i meno 51 gradi nel Midwest.
Mi sento cadere le braccia. Se nemmeno l’uomo più potente del mondo riesce a capire la differenza tra meteo e clima non so cosa dire. E poi l’inverno del 2018 negli Stati Uniti è stato il più caldo da anni. Certo, c’è stata una settimana di freddo ma ha vinto il caldo nell’insieme della stagione.

Secondo lei non abbiamo risolto il problema a causa del nostro atteggiamento o manca la tecnologia adatta?
Macché, la tecnologia ce l’abbiamo. Il problema è culturale: non vogliamo rinunciare a nulla del nostro stile di vita. Un po’ per pigrizia un po’ per diffidenza e paura. Eppure a qualcosa bisognerà rinunciare. Con questo tipo di economia globale non si può andare avanti. Bisognerebbe ascoltare Papa Francesco: “Rinunciare la superfluo e garantire il necessario”.

Per esempio la plastica.
La plastica nella mia vita quotidiana esiste e non condanno un materiale che ha perfino dei vantaggi ambientali.

Addirittura.
Se la plastica non ci fosse bisognerebbe attingere dalle risorse naturali il materiale per produrre la gran parte degli oggetti che usiamo. Quasi sempre del legno per sostituirlo. E faremmo un danno enorme. La plastica poi è insostituibile nei nostri ospedali.

E tutte le campagne contro l’uso della plastica degli ultimi mesi? Con le foto degli oceani riempiti dalle posate e dai bicchieri monouso?
Sono campagne superficiali contro una plastica usa e getta facilmente sostituibile. Sono d’accordo a non usare più le posate e piattini da pic nic. Ma rimarrà sempre una componente fondamentale, soprattutto negli ambienti sanitari. L’importante è riciclarla e non banalizzarla.

Come si fa a non “banalizzare” un materiale?
La farei costare un po’ di più in modo da usarla con un più attenzione. Se può essere sostituita con il vetro facciamolo. Dov’è indispensabile basta raccoglierla tassandola più di quanto si fa oggi per evitare che finisca nel posto sbagliato: nei fossi o nel mare.

Vede qualche differenza tra le nuove generazioni rispetto al cambiamento climatico?
Vedo un vuoto. C’è stata un’ultima generazione di giovani negli anni Ottanta che prima dell’era di internet ancora lottava per i problemi ambientali. Allora era forte la presa di coscienza dei rischi dell’inquinamento. A partire dagli anni Novanta fino a un mese fa c’è un buco.Una completa indifferenza e assenza degli studenti dal dibattito ambientale. Ora però è arrivata Greta.

Cosa ne pensa di questa quindicenne svedese?
Sono entusiasta di quello che sta facendo questa ragazza ma giudicherò i risultati, non il fenomeno. Per esempio quanti ragazzi scenderanno oggi nelle piazze di tutto il mondo per la marcia per il clima. Sarebbe una bella novità dopo 30 anni di indifferenza. Greta è stata capace di dialogare con i suoi coetanei usando il loro linguaggio. Ma c’è un rischio.

Quale?
Che si riveli un fuoco di paglia. Purtroppo di prese di posizione spettacolare ne abbiamo viste tante in passato. Pensi al film di Leonardo di Caprio (Before the flood, ndr) o alle prese di posizioni di premi nobel. Senza contare il vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore con i suoi due film di denuncia. Ma quanto sono durati? Speriamo non sia l’ennesimo esempio di spettacolarizzazione di un problema e dopo due giorni è finito tutto.

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