A rischio ci sono soprattutto ospedali, scuole e tribunali. Tra i pensionamenti e prepensionamenti già previsti e la corsa all’uscita anticipata con quota 100, nei prossimi mesi decine di migliaia di posti negli uffici pubblici potrebbero restare scoperti. L’allarme è arrivato da associazioni di categoria e sindacati. E soprattutto dalla Funzione pubblica di Cgil, che ha lanciato la campagna #AssunzioniSubito, per evitare che i servizi essenziali per i cittadini non vengano più garantiti. La previsione è che nei prossimi tre anni ci saranno mezzo milione di uscite nella pubblica amministrazione, 150mila delle quali per quota 100. «Un’emorragia di dipendenti pubblici, tale da far cadere a pezzi l’intero sistema», dicono dalla Fp Cgil. «Se non si procede immediatamente con un piano straordinario di assunzioni di giovani nelle pubbliche amministrazioni, le conseguenze saranno inevitabili».
Non a caso, lo stesso governo, che ha calcolato 100mila uscite anticipate con quota 100 solo tra i dipendenti pubblici entro fine 2019, ha stabilito che i lavoratori della pa che chiedono di accedere a quota cento diano un preavviso di sei mesi, a differenza dei privati, per garantire la gestione degli organici. Che si prospetta comunque tutt’altro che semplice, visto che – nonostante le rassicurazioni sul ripristino pieno del turnover – la sostituzione tra pensionati e nuovi assunti non sarà tempestiva. Soprattutto se si tiene conto che si entra nella pubblica amministrazione solo per concorso. E i concorsi richiedono tempi tecnici per essere banditi, organizzati e svolti. Ci potrebbe volere quindi molto tempo prima che i pensionati vengano rimpiazzati, con una paralisi degli uffici pubblici. E se a questo poi si aggiunge che tra le norme concordate con la Commissione europea in sede di discussione della manovra c’è anche il rinvio al 15 novembre delle assunzioni pubbliche centrali previste, le previsioni sembranno tutt’altro che rosee.
La sostituzione tra pensionati e nuovi assunti non sarà tempestiva. Soprattutto se si tiene conto che si entra nella pubblica amministrazione solo per concorso. E i concorsi richiedono tempi tecnici per essere banditi, organizzati e svolti
Anche perché le novità in tema di previdenza si innestano in un quadro già di per sé disastroso del personale della pubblica amministrazione, colpita da più di 15 anni di riduzione dei costi e taglio degli organici. Solo tra il 2001 e il 2016, a conti fatti, si sono registrati oltre 270mila impiegati in meno (-16,8%). Unico segno più nel 2008, con le circa 10mila stabilizzazioni del governo Prodi. Dal 2011 in poi, con il governo Monti e le politiche di riduzione della spesa pubblica, proseguite dai governi Letta e Renzi, gli uffici pubblici hanno perso in media l’1,7% dei dipendenti all’anno. Negli ospedali si contano oltre 40mila professionisti in meno. Nei ministeri più di 45mila. Nelle Regioni ed enti locali quasi 148mila impiegati mancano all’appello.
E con il blocco del turnover, l’età media dei dipendenti pubblici è salita ormai oltre i 50 anni in tutti i settori. Con un picco 54,5 anni nei ministeri, che vantano i lavoratori più anziani del comparto. Gli under 34 sono appena il 2% del personale, a fronte di una media Ocse del 18%. Mentre gli over 55 rappresentano il 45%, quasi il doppio della media Ocse.
Non è difficile prevedere quindi che dal 2019 al 2021 ci sarà un’accelerazione delle uscite. Circa 500mila dipendenti saranno ultrasessantenni nel prossimo triennio: tra questi un numero rilevante potrà accedere al pensionamento usufruendo dei requisiti già in vigore, e un numero aggiuntivo potrà usufruire di quota cento. «Si tratta esattamente di 595mila occupati che nei prossimi anni accederanno alla pensione», spiegano dalla Fp Cgil.
L’età media dei dipendenti pubblici è salita ormai oltre i 50 anni in tutti i settori. Circa 500mila dipendenti saranno ultrasessantenni nel prossimo triennio, con una accelerazione delle uscite
L’Anaao-Assomed solo per la sanità ha calcolato 23mila uscite nel prossimo triennio: 18mila tramite i normali canali previdenziali, 4.500 con quota cento. Gli infermieri potrebbero perdere addirittura 39mila professionisti. E nel settore sanitario la possibilità di rimpiazzare i camici bianchi è ancor più complicata dal fatto che molte Regioni devono rispettare i vincoli dovuti ai piani di rientro. Con il rischio quindi di lasciare intere corsie d’ospedale completamente vuote.
Per la scuola invece, le domande per quota cento sono scadute il 28 febbraio. Chi ha potuto ha deciso di “scappare”: le domande sono state oltre 17mila, soprattutto insegnanti, che ora aspettano dall’Inps di sapere se a settembre dovranno o no rientrare in servizio. Il turnover, in ogni caso, non sarà mai al 100%, andando ad aumentare l’esercito dei precari che popolano le scuole. E con il carico di lavoro a cui è sottoposto l’Inps, tra la verifica dei requisiti del reddito di cittadinanza e i nuovi calcoli previdenziali, è possibile che molte domande verranno accolte al ridosso del riavvio dell’anno scolastico a settembre. Senza avere il tempo utile per coprire le cattedre lasciate scoperte. Il buco dei posti vacanti, quindi, si andrà ad allargare: oltre ai pensionati di quota cento, si deve tener conto anche dei 21mila posti che si libereranno per l’ordinario turn over e i circa 109mila posti liberi tuttora coperti da supplenti.
Sul fronte della giustizia, in tre anni i dipendenti che matureranno il diritto a quota cento saranno 11mila circa. Che, sommati alle uscite ordinarie, fanno oltre 20mila dipendenti in meno. Con conseguenze nefaste sull’amministrazione della già malandata macchina giudiziaria e la durata dei processi. Non a caso, proprio su questo comparto il governo sta provando a correre ai ripari, proponendo la possibilità di procedere a 1.300 assunzioni già al 15 luglio, senza aspettare il 15 novembre concordato con Bruxelles.
La situazione, comunque, si farà più chiara in piena estate. Ad agosto è fissata la prima finestra di uscita per i dipendenti pubblici che avevano già maturato i requisiti al momento dell’entrata in vigore del decreto. E il rischio è che, con le tante scrivanie che si andranno a svuotare, molti impiegati pubblici dovranno rinunciare anche alle ferie.