Fate così, prendetelo in parola. Adam, Rami e tutti quelli che in questi mesi hanno scritto o si sono lamentati che in Italia non basta nemmeno nascerci per diventare italiani, prendano in parola il ministro Salvini e si candidino loro. Ma lo facciano davvero. Pretendano il loro spazio all’interno delle compagini politiche e si rappresentino da soli, come succede nel resto del mondo, dove chi è figlio di immigrati non viene blandito dai democrat-parrucconi che vorrebbero fare il moralismo al posto degli altri. Siano i figli degli immigrati ad alzare la testa e a entrare prepotentemente, se serve, in un quadro politico in cui nessuno meglio di loro, nuovi italiani, può rappresentare un Paese affidato alle false rappresentazioni degli uni e alle pastose timidezze degli altri.
Abbiamo bisogno di tanti, piccoli e grandi, nuovi Luther King, nuovi Malcolm X, nuove Rosa Parks che vengano a prendersi ciò che loro credono sia giusto e doveroso senza bisogno che siano gli italiani bianchi ad avere la delega totale anche su questo. Come accade a Londra con il sindaco Sadiq Khan che da figlio di immigrati pachistani, cresciuto con sette fratelli in una casa popolare di tre stanze, si è preso addirittura la guida politica della città dicendo chiaramente «sono un londinese, un europeo, un britannico, un inglese, un musulmano, di origini asiatiche e pachistane, un papà e un marito», diventando anche il primo sindaco musulmano di una capitale europea.
Finché i nuovi italiani non riescono ad essere italiani e aspettano che sia la politica attuale a prendersi cura di loro non cambierà niente, o cambierà poco come non cambiano le cose in politica quando non portano con sé un facile consenso popolare e una sagomata immediata di voti
Finché i nuovi italiani non riescono ad essere italiani e aspettano che sia la politica attuale a prendersi cura di loro non cambierà niente, o cambierà poco come non cambiano le cose in politica quando non portano con sé un facile consenso popolare e una sagomata immediata di voti. E allora prendetelo in parola, Adam e Rami, che con due parole due ha infiammato il discorso sullo Ius Soli che il centrosinistra non ha fatto per timidezza e poi ha permesso che in tutti questi ultimi mesi rimanesse nel cassetto come uno dei temi da affrontare solo nel caso si presentasse l’occasione (e l’occasione l’ha ripresentata uno squinternato che voleva fare una strage, per dire).
Rami ha provato sulla sua pelle, ancor di più con la risposta bulla e imbecille del ministro dell’interno, cosa significhi essere un oggetto estraneo alla politica. Ha quindici anni, gli manca poco per votare e gli manca poco anche per essere votato, se ci pensate. E sarà così negli anni a venire: vogliamo fare i moralisti bravi, belli e buoni che li lasciano all’angolo promettendogli un contentino come tutte quelle volte che sono stati i maschi a decidere sui diritti delle donne dicendogli di accontentarsi? Eh, no, Samir, Rami e tutti gli altri. Non accontentatevi, mai e non fatevi rappresentare. Prendete in mano ciò che siete, ciò che per questo Paese rappresentate e provate ad arrivare più in alto possibile per urlarlo con forza. Altrimenti non cambierà niente, credetemi, niente. Al massimo, male che vi vada, vi ritroverete un Salvini, o chi per lui, che vi risponde con la stessa arroganza con cui siete già stati trattato da ragazzini, senza nemmeno aspettare che passasse lo shock. E raccontatelo voi che questa cittadinanza data per premio è una cosa che fa schifo solo ad ascoltarla. Quando i propri diritti diventano favori allora è l’ora di rompere gli schemi. Candidatevi.