Vi piace il wasabi? Quasi di sicuro non sapete rispondere perché non lo avete mai assaggiato. No, quello che avete mangiato nei cosiddetti ristoranti “giapponesi” in gran parte del mondo non è wasabi: lo chiamano così ma è, in realtà, rafano.
Non dovete stupirvi. Il vero wasabi, dal nome ufficiale wasabia japonica, è molto difficile da coltivare. È, anzi, la coltura più cara del mondo: instabile, fragilissima. il wasabi è un’erba semiacquatica, originaria delle montagne del Giappone centrale. Una volta piantata, richiede diversi anni prima di potere essere raccolta. E germoglia solo se le condizioni di base (umidità, calore, esposizione) sono perfette. Cosa che capita di rado.
Come spiega in questo video (qui sotto) Shigeo Ida, la cui famiglia è specializzata nella coltivazione di wasabi da otto generazioni, “il vero wasabi ha un profumo unico, che prima di tutto colpisce il naso. Poi, all’assaggio, si sente la sua dolcezza, mentre la nota piccante arriva alla fine”. Ha proprietà anti-tumorali e anti-batteriche. Insomma, oltre a essere buono, è anche sano.
Anche il metodo di coltivazione è particolare. Deve rispettare una logica di separazione del terreno i piccoli lotti. Le piante, poi, vanno disposte lungo una fanghiglia fragile, che consente il continuo passaggio dell’acqua. È una tecnica chiamata “bunkon nae”, messa a punto verso la fine del XIX secolo e tuttora adoperata per ottenere un wasabi buono, biologico e senza conservanti.
Niente a che vedere con quello che viene propinato nei ristoranti e che, per pura ingenuità, avete chiamato wasabi.