Essere adulti significa, tra le varie cose, considerare la propria vita in una prospettiva continua, in un ragionamento retrospettivo e prospettivo. Così almeno diceva negli anni ’50 lo psicologo americano Erik Erikson. E il significato era, più o meno, “essere capacit di ricostruire il proprio passato in modo che, passo dopo passo, appaia come una cosa non casuale ma pianificata”.
Un autoinganno, forse. Ma a fin di bene: perché se è vero che gran parte di ciò che capita nella vita avviene in modo del tutto imprevisto e fortuito, è anche vero che l’essere umano ha un estremo bisogno di senso, di una storia che unisca attimi della propria vita dispersi nel tempo e che dia, appunto, un significato a ogni cosa.
Una necessità di ordine che, dicono qui, si può ottenere con un trucco molto semplice: mettere per iscritto dei passaggi della propria vita.
È ormai dimostrato con un buon livello di certezza che riflettere e raccontare sulle storie della propria vita (un procedimento chiamato “life review therapy”) dia enormi benefici a livello psicologico. Fino a poco tempo fa la sperimentazione si era svolta su persone anziane con un passato di depressione e di difficoltà. Ma ora un test condotto su 300 persone di ogni fascia d’età (la più bassa era costituita da studenti universitari) ha dimostrato che raccontare per iscritto fornisce un aumento, anche se temporaneo, della propria autostima. Il tutto, va notato, è indipendente dal tono del racconto: non importa, insomma, se la storia che si racconta abbia un finale lieto, o dimostri il superamento di un ostacolo. Raccontare, in modo puro e semplice, fa bene.
La ragione, insomma, non è chiara. Ma forse, come spiegano i ricercatori, “è l’esperienza stessa di rivedere e riconsiderare in modo sistematico la propria vita, trovando collegamenti tra momenti diversi e distanti del proprio passato, aiuta a migliorare la percezione di sé. Anche se questo non fornisce, almeno in modo immediato, più chiarezza e significato alla propria esistenza”. Agli esseri umani basta riguardarsi. Quello che ognuno capisce di se stesso, poi, rimane in se stesso.