Eh sì, caro Dibba, hai scoperto che è più facile girare per le piazze ad accordare l’indignazione contro quelli al governo piuttosto che governare, lo so, ti capisco. Deve essere stato un duro colpo scoprire però che governare è una cosa diversa. Si tratta di stringere accordi e riuscire a farli rispettare, di far quadrare i conti e di mantenere le promesse, si tratta soprattutto di non avere spazi di manovra incredibili, quelli invece di cui si può favoleggiare nelle piazze e, come dici tu, in mezzo agli attivisti. Perché il mondo reale, del governo di un Paese (o di una grande città) è altra cosa.
Caro Dibba adesso hai scoperto che hai la vocazione del falegname, sempre pronto a quel tuo essere naïf, che piace così tanto a quelli che seguono la politica come se fosse un reality show. E infatti gli ingredienti ci sono tutti: l’amore sbocciato in diretta, il figlio nato in diretta, il viaggio con prole come rito di iniziazione e ora addirittura il grande rifiuto perché, come dici tu, governare è un lavoro sporco e tu invece preferisci avere le mani pulite, e lo ripeti spesso citando Pertini, solo che Pertini le mani pulite, in politica, le ha tenute per anni, senza bisogno di scapparne.
Caro Dibba, pensi di essere scaltro a dirci che la poltrona ti fa venire le bolle, lasciando credere che sia tutto un melmoso compromesso (che voi avete chiamato contratto di governo) ma così facendo hai bollato tutti i tuoi amici che guardi da fuori con quel bel senso di superiorità. Sei più di una foglia di fico per il futuro del Movimento 5 Stelle, sei già pronto per le idi di Marzo quando Di Maio e compagnia cantante dovranno ammettere che governare è ben diverso da strillare, quando Salvini vi avrà già eroso abbastanza e allora si aprirà il fronte comodissimo dell’opposizione dura e pura, quella perfetta per il tuo eloquio da mercante di passioni.
Pensavi di essere contro la cattiva politica e invece sei contro la politica, se non sai che dovunque, quando ci si mette in prima persona, c’è qualcuno intorno che prova a fregarti, che si occupa di più dei fatti suoi piuttosto che di quelli del Paese
Caro Dibba, ti do un consiglio, per il tuo prossimo libro, eviterei di usare il titolo politicamente scorretto perché tu sei antipolitico, pensavi di essere contro la cattiva politica e invece sei contro la politica, se non sai che dovunque, quando ci si mette in prima persona, c’è qualcuno intorno che prova a fregarti, che si occupa di più dei fatti suoi piuttosto che di quelli del Paese. Si chiama De Vito, il vostro ultimo, ma ce ne saranno altri e alla fine non significherà per questo che voi siate disonesti, no: semplicemente i reati che tanto osteggi si commettono solo quando si governa. Per questo la sinistra viola non ha nemmeno un indagato. Mica per la decantata onestà.
Caro Dibba, capiamoci bene, non sei mica il primo ad avere inteso la politica come palcoscenico da rock star, anzi sei uno degli esempi meno clamorosi degli ultimi anni, ma aiutare il tuo partito significa metterci la faccia sempre, a governare bisogna andarci ogni santa mattina, anche quando la congiuntura economica del mondo ti dice che si avvicina l’abisso. Il resto è folklore. Dignitoso, per carità. Ma folklore.
Caro Dibba, se fossi Di Maio, ma lui è molto più posato di te, non disdegnerei di tenere da parte un vaffanculo (quello vostro, con il vostro marchio di fabbrica) anche per te che abbandoni la scialuppa proprio mentre il mare si fa mosso. Non candidarti alle prossime europee è un atto di coraggio solo per le pance molli che ancora credono che esistano il finanziamento pubblico, il finanziamento all’editoria e le auto blu per i deputati. Cose che non esistono da un pezzo eppure tu ci hai costruito una campagna sopra alle ultime regionali. E infatti ti è andata male. Ti è andata male perché qui, da noi, a molta gente va male e non ha bisogno di racconti ma di soluzioni. Mica di seghe. Da falegname.