Nuovi sgarbiFusaro sindaco di Gioia Tauro? Il turbocapitalismo apolide meridionale già trema

Era prevedibile che prima o poi il filosofo-popstar sarebbe sceso in politica. Ma la sua scelta di farlo candidandosi alle comunali di Gioia Tauro spiazza tutti. Non è il primo, certo. Ma il gesto, al di là del risultato, ricorda una certa profezia fassiniana

Pare che la lotta al turbocapitalismo apolide ripartirà da Gioia Tauro. Era prevedibile che prima o poi Diego Fusaro sarebbe sceso in politica, ma che abbia deciso di farlo in Calabria, a Gioia Tauro, francamente spiazza. Va da sé che una campagna elettorale a Gioia Tauro costa un decimo di una campagna elettorale a Milano, ma perché proprio Gioia Tauro? Fusaro vive a Torino, lavora a Milano, e ha la fidanzata nelle Marche, Regione puntellata di piccoli borghi incantevoli. Forse dietro la scelta si nascondono sondaggi di gradimento inaspettati, che sfuggono. Forse, dopo anni di lotta alla ’ndrangheta, gli abitanti di Gioia Tauro hanno infine deciso di affrontare una volta per tutte i veri problemi che affliggono il loro territorio, l’egemonia delle teorie gender, gli immigrati, e il neoturbocapitalismo. È un attimo immaginare Fusaro che spalma la ‘nduja, cita Hegel e sconfigge la ‘ndrangheta insinuando nella testa degli ‘ndranghetisti il terribile dubbio: Che sia madre del turbocapitalismo, ‘sta mafia?

Poi c’è il problema della lingua. L’antilingua di Fusaro è – se possibile – ancora più inconsistente di quella del brigadiere che nel celebre pezzo di Italo Calvino trascrive le parole del testimone con «Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere» eccetera. Al netto del rossobrunismo delle idee che esprime, l’antilingua di Fusaro si ammanta della tipica spocchia da intellettuale di sinistra, insopportabile.

Prima di lui ci hanno provato in molti, lo stesso Nichi Vendola all’inizio parlava tutto difficile, tutto strano, ma almeno lui sortiva l’effetto di un sorriso bonario. Fusaro invece mette tristezza, o al più stimola domande del tipo «chi è il tuo pusher?». Il linguaggio del giovane torinese è la cosa più vicina al millenarismo religioso che sposta in avanti la data ogni volta che l’apocalisse manca all’appuntamento. E per “apocalisse”, qui si intende “azione”. Ogni vocabolo che non porti a un’esperienza è malato. A quali esperienze porterebbero i discorsi di Fusaro a Gioia Tauro?

Sia ben chiaro, Fusaro è l’ultimo della lista. Prima di lui una schiera di critici d’arte e di intellettuali di vario stampo hanno puntato i municipi del Sud Italia con una dedizione che definire commovente è riduttivo

Bisogna dividere, dice qualcuno, il Fusaro accademico dal Fusaro mediatico, in virtù dell’eredità trasmessagli da Costanzo Preve e della paternità di filosofico.net, sito che, nonostante i caratteri Comic Sans, tutti, compresi i detrattori, hanno consultato almeno una volta nella vita. Dunque scindere, bisogna scindere Fusaro. In effetti li vediamo benissimo gli abitanti di Gioia Tauro applicare il principio Doppelgänger nei confronti di Fusaro e discutere con piglio sicuro del maxi sequestro dei 450 chili di cocaina stipati in un container proveniente dal Brasile casualmente “di passaggio” al porto di Gioia Tauro con destinazione Egitto. Lo stesso porto che Danilo Toninelli ha voluto che passasse totalmente in mano a Msc. Mirabilia delle società turbomondialiste. «Stanno già partendo tante decine di milioni di euro come erano anni che non si vedevano» ha commentato entusiasta il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, che rilancia: «Nei prossimi 2-3 anni dai 2 milioni di container si arriverà a 4 milioni». Evviva.

Sia ben chiaro, Fusaro è l’ultimo della lista. Prima di lui una schiera di critici d’arte e di intellettuali di vario stampo hanno puntato i municipi del Sud Italia con una dedizione che definire commovente è riduttivo. Eppure, che in così breve tempo il baldo Fusaro avrebbe tentato di turboimpadronirsi della politica partendo da Gioia Tauro, in barba al principio di identità che vagheggia nei salotti della televisione, nessuno lo avrebbe immaginato.

Anche perché fare il sindaco significa abbondare di spirito pratico, i cittadini bussano alla porta se nella scuola dei figli manca la carta igienica. E Fusaro è l’impersonificazione dell’individuo che indossa l’habitus più serioso, quello che non consente di arrotolarsi le maniche della camicia e spinge a fare della propria astinenza sessuale un vanto etico, trollando o meno, poco importa. Qualunque sarà l’esito delle comunali di Gioia Tauro, nelle orecchie già suona un ritornello, e fa così: «Se questo Fusaro pensa di poter cambiare l’attuale sistema capitalistico, fondi un partito, si presenti alle elezioni, e vediamo quanti voti prende».

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