L’assoluzione in Cassazione dell’ex-sindaco Ignazio Marino dovrebbe seppellire in modo definitivo il Partito degli Scontrini, e cioè quella fetta di politica e di informazione – non solo romana – che da anni utilizza l’etica minuta delle note spese o delle soste vietate per costruire questioni morali roboanti mentre altre e ben più potenti dinamiche corruttive vengono ignorate, disconosciute, sepolte. A sollevare in senso tecnico lo scandalo, nel 2015, furono i consiglieri grillini appena eletti all’opposizione. Nomi ormai noti (anche per motivi giudiziari) ma allora al debutto in società, con fama di illibati: Daniele Frongia, Marcello De Vito, Virginia Raggi ed Enrico Stefano. Segnalarono quattro episodi sospetti, tre cene e un viaggio a Filadelfia. Quella denuncia costituì l’atto culminante di una caccia all’uomo cominciata fin dal giorno dopo l’elezione del sindaco marziano: Marino che posteggia la Panda Rossa a scrocco, Marino che non rinnova il permesso Ztl, prende multe (8) e non le paga, Marino che si fa lavare i vestiti in tintoria a spese del Campidoglio, Marino che mangia a scrocco.
Tra le contestazioni che i giornali dell’epoca trasformano in titoli di apertura: 8 euro e 63 centesimi spesi a Cracovia per offrire la colazione a un reduce dell’Olocausto in viaggio con un gruppo di studenti. Cento euro di fiori mandati alle vittime della strage di Charlie Hebdo. La vendita della famigerata Panda alla moglie che tarda a fare il cambio di targa. Tra le interviste-scoop: l’oste di Piazza Morgana che esamina foto di signore per rispondere alla fatidica domanda: chi è la misteriosa donna che pranzò col sindaco il 27 luglio 2013? Si scopre che è la legittima consorte, e in mancanza del sapido colpaccio di un’amica segreta l’indignazione ripiega sul costo del vino. Jermann Vintage Tunina, 55 euro. Troppo, perché non bere il bianco della casa?
Era fuffa, erano minuzie, non avevano rilievo giudiziario e anche il peso “morale” di quei quattro soldi mal rendicontati, con il senno di poi, sembra davvero inesistente. E tuttavia il Partito degli Scontrini convinse Roma e una gran parte dei romani che fosse lì, nella disinvoltura delle note-spese e dei parcheggi, il problema della città
Il Partito degli Scontrini e del Pandagate vede ugualmente impegnata la destra, i grillini e anche il Pd, che come tutti ricordano utilizzò le goffe autodifese del sindaco, il suo affannoso e maldestro tentativo di discolparsi, le sue brutte figure, per dichiararlo definitivamente unfit, inadeguato, assegnargli un supervisore (il prefetto Franco Gabrielli) e poi per silurarlo nel modo che sappiamo. Nell’intermezzo troneggia un altro scandalo di panna montata, il sontuoso funerale di un Casamonica con sorvolo aereo, e un caso autentico, di prima grandezza – l’inchiesta su Mafia Capitale – in cui Marino non c’entra niente ma che in quel clima, in quella tempesta di sospetti, viene caricato sulle sue spalle anziché sull’apparatcik romano dei democratici (che ci sta dentro fino al collo).
Bene. Ora conosciamo la fine della storia. Era fuffa, erano minuzie, non avevano rilievo giudiziario e anche il peso “morale” di quei quattro soldi mal rendicontati, con il senno di poi, sembra davvero inesistente. E tuttavia il Partito degli Scontrini convinse Roma e una gran parte dei romani che fosse lì, nella disinvoltura delle note-spese e dei parcheggi, il problema della città, e che quel caso esemplare meritasse un’accanita attenzione perché punirne uno avrebbe significato educarne cento, salvare la Capitale. Quattro anni dopo viene da ridere, perché magari Ignazio Marino era davvero unfit, ma lo era per motivi opposti a quelli esibiti dai Savonarola del momento: non troppo furbo ma troppo poco, non troppo maneggione ma troppo inconsapevole dei maneggi cittadini. E adesso che il quadro si è ricomposto nel consueto tran tran, con un governo labile ma sostanzialmente garantito da un’opposizione silente, il debito della città alle stelle e però spalmato sul debito nazionale, le municipalizzate mezze morte ma mai dichiarate tali; ora che gli scontrini tornano e le auto personali sono parcheggiate giuste; ora, cari del Partito degli Scontrini, guardatevi intorno in questa Roma agonizzante: sicuri che il problema fosse quello?