Esiste un termine tedesco che in italiano si può tradurre solo ricorrendo a perifrasi, è Schadenfreude, indica il piacere che si prova per le sfortune altrui. Se ci si convince che la disgrazia è “meritata”, il piacere accresce. Declinazioni di Schadenfreude si riscontrano anche tra gli animali, per esempio tra gli scimpanzé. C’è molta Schadenfreude nei commenti eccitati di chi trae dall’incendio della cattedrale di Notre-Dame un proprio, personalissimo, piacere. Un incendio che per motivi diversi e operazioni simboliche tutto sommato ricorsive qualcuno interpreta come una disgrazia un po’ meritata, abbastanza meritata, piuttosto meritata, decisamente meritata. Meritata, insomma.
Tot colpa altrui uguale tot piacere proprio. «Notre-Dame in fiamme. Il fuoco del nichilismo che divora la nostra civiltà», sentenzia via Twitter Diego Fusaro. Tot incuria nichilista, tot piacere. «L’incendio più bello visto finora, Allāh è grande», commenta qualche fanatico su Al Jazeera Channel. Tot superbia architettonica di stampo kāfir, tot piacere. «Quando cerchi di infiammare la situazione a Tripoli e nel mediterraneo, ma ti si sfiamma Notre-Dame… Ahhhhh il carma!» commenta un non fanatico dell’ortografia sotto il post di Giorgia Meloni. Tot colonialismo francese, tot piacere. «Dopo esser stata tolta dalla corona di Spagna, dopo aver perso spazio nelle città scandinave, ora la croce cade da una delle più belle guglie d’Europa. Terribile presagio di una civiltà incapace di trovare le sue stesse radici. Miserere nobis Domine», il lucido intervento di Simone Pillon. Tot incapacità di trovare le proprie radici europee, tot piacere. Poco importa se con un tweet diffuso in francese, inglese e arabo il Grande Imam di al-Azhar, Sheikh Ahmed Al-Tayeb, praticamente il portavoce ufficiale dell’Islam sunnita, ha espresso «profonda tristezza per l’incendio nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi, capolavoro dell’architettura», lo scimpanzé anti-cristiano titilla la sua Schadenfreude. Poco importa se il centro destra italiano, da Matteo Salvini e Giorgia Meloni, almeno in questo caso, ha adottato la linea diplomatica con la Francia, lo scimpanzé sovranista non rinuncia alla dose giornaliera di Schadenfreude.
Notre-Dame in fiamme. Il fuoco del nichilismo che divora la nostra civiltà
In Francia – terra di Charlie Hebdo, Fluide Glacial e tv Groland, telegiornale di un paese inventato, Groland per l’appunto, che trasmette satira attingendo a fatti di cronaca – la paccottiglia di Schadenfreude diventa spunto per fare un po’ di humour potache. Altrove, come da noi, gli scimpanzé rimangono scimpanzé, sia che si tratti di scimpanzé anti-francesi, anti-cristiani o anti-Ue, in ogni caso non se ne ride. Il sollucchero degli scimpanzé conferma però un dato, tutt’altro che banale: luoghi come la cattedrale di Notre-Dame, sia in quanto luoghi di culto della religione cristiana, sia come luoghi di compendio di espressioni artistiche peculiari della civiltà occidentale, mantengono ancora intatta la propria forza simbolica. Ultimamente va molto l’idea della città ostaggio dell’iper-oggettivismo dove i monumenti e gli edifici sacri nel migliore dei casi sono ormai correlativi oggettivi di sentimenti passati e nel peggiore dei casi testimonianze di decorativismo inutile. Idea che ha più di un fondamento di verità, ma che non esclude che ad oggi, in pieno post-post-modernismo, qualunque cosa voglia dire post-post-modernismo, l’apparato segnico di una cattedrale è ancora intelligibile. Perfino dagli scimpanzé.
Per qualche tempo dopo la Rivoluzione a Notre-Dame ci stettero i cavalli. Cavalli che urinavano e defecavano nella cattedrale, come si confà a una stalla. La parentesi equestre durò poco, Notre-Dame tornò a essere una cattedrale, bella e sacra come prima, e nessuno trovandosi davanti a un rosone pensò più ai cavalli. La sequela di avvenimenti che interessano un edificio sottrae o aggiunge ‘aura’ in base a cosa e a come la memoria collettiva decide di ricordare, ogni operazione mnemonica procede per selezione, recupero e oblio. Ricordare è sempre, imprescindibilmente, dimenticare. Come la memoria collettiva elaborerà l’incendio di Notre-Dame è presto per dirlo, ma difficilmente, con internet a custodire ogni informazione, ci si dimenticherà dell’evento. Forse tra cento, duecento, cinquecento anni, le crociere delle volte rifatte da uomini sottopagati nel 2030 sembreranno maestose tanto quanto quelle rifatte in passato da uomini altrettanto sottopagati. Le scelte di restauro intorno a un edificio considerato simbolo di qualcosa, della Francia, del Cristianesimo, dell’Europa, quale che sia, saranno a loro volta simboliche rispetto a qualcosa, quale che sarà. Ciò che ne uscirà diverrà materiale suscettibile di nuove operazioni simboliche, quali che saranno. Per ora sembra l’inizio di una barzelletta, o di una fiaba dei Grimm: «C’erano degli scimpanzé, tanta tristezza, e Notre-Dame».