Il Governo ha un piano: nazionalizzare l’infrastruttura di rete a banda ultralarga per garantire una copertura capillare nel Paese e rendere efficiente il sistema delle telecomunicazioni. Ma una rete unica pubblica rischia di essere una strategia fallimentare. Sono anni che si parla della possibilità di un monopolio di Stato della fibra unica per evitare investimenti privati (finora pochi anche perché manca una decisione definitiva sul tema) non coordinati di più soggetti, dei duplicati che renderebbero il sistema frammentato e inefficiente. Una rete pubblica invece garantirebbe la concorrenza sui servizi che potrebbero appoggiarsi a una fonte unica. Tradotto: infrastruttura pubblica: competizione degli operatori privati. L’idea del governo è quello di replicare due modelli vincenti di monopolio pubblico: Terna nel mercato dell’energia elettrica e Snam nel mercato gas. Ma le telecomunicazioni, forse, sono un’altra cosa. Siamo sicuri che sia la scelta migliore? Finora c’è solo una caso al mondo di Paese che si è dotato di una rete unica, l’Australia, e non è andata benissimo.
A dirlo è un’analisi di Massimiliano Trovato, fellow dell’Istituto Bruno Leoni che ha studiato il piano National Broadband Network lanciato in Australia dal governo laburista nel 2009. L’obiettivo iniziale era ambizioso: cablare il 93% delle abitazioni con la tecnologia FTTH che avrebbe garantito una velocità di connessione pari ad almeno 100 Mbps. Per farlo il governo aveva previsto un investimento tra i 37 e i 43 miliardi di dollari australiani e una politica aggressiva verso i concorrenti privati che per legge avrebbero potuto investire solo nelle zone meno remunerative e sarebbe stata loro preclusa l’integrazione verticale. Così il National Broadband Network società a totale partecipazione pubblica, in regime di sostanziale monopolio avrebbe dovuto rivendere l’accesso agli operatori dei servizi su base non discriminatoria e a prezzi uniformi a livello nazionale.
Nel piano originale la velocità di connessione doveva essere di almeno 100 Mbps. Dopo otto anni e 51 miliardi spesi: l’80 per cento dei collegamenti hanno velocità inferiore ai 25 Mbps. L’Australia è il solo Paese Ocse con la Grecia a non offrire connessioni superiori ai 100 Mbps ed è il sessantesimo paese al mondo per velocità delle connessioni fisse.
Nel 2013, il nuovo governo guidato dal partito liberale ha dovuto rivedere il progetto perché il piano richiedeva 30 miliardi in più del previsto e i lavori sarebbero terminati con quattro anni di ritardo, nel 2024. Per abbattere i costi il governo australiano ha abbandonato il modello di rete FTTH a favore di un mix di tecnologie. Ma a oggi solo il 54% delle utenze sono state cablate (7 milioni contro i 13 previsti dal progetto). Il problema è anche nella penetrazione del servizio è carente: solo il 57% è stato attivato (4 milioni di utenze). Anche per questo l’Australia è al diciottesimo posto su trentasei paesi Ocse, con un tasso di penetrazione del 33,2 per cento, appena superiore alla media. Ma il dato che fa alzare più di un sopracciglio è la qualità del servizio. Nel piano originale dei laburisti la velocità di connessione doveva essere di almeno 100 Mbps. Dopo otto anni e 51 miliardi spesi: l’80 per cento dei collegamenti hanno velocità inferiore ai 25 Mbps. L’Australia è il solo Paese Ocse con la Grecia a non offrire connessioni superiori ai 100 Mbps. Un altro dato mostra la differenza di efficienza tra pubblico e privato: l’Australia è il sesto paese al mondo per velocità delle connessioni mobili e appena il sessantesimo paese al mondo per velocità delle connessioni fisse.
Il rallentamento dei lavori nel settore pubblico è fisiologico, si dirà, l’importante è che i prezzi siano bassi. Ma non è così. Perché i collegamenti a 50 e 100 Mbps, offerti da NBN attraverso tecnologie miste, costano agli operatori tra i 45 e i 65 dollari australiani al mese. Addirittura per le connessioni da 1 Gbps, offerte in tecnologia FTTP, si supera il prezzo all’ingrosso di 150 dollari australiani. Prezzi non proprio competitivi. Secondo la società inglese di comparazione prezzi Cable, nel 2018, solo negli Stati Uniti c’è un prezzo medio più alto di quello australiano. Per dire in Italia non si raggiungono nemmeno i 30 dollari al mese.