Venerdì sera a Monterotondo, un comune poco distante da Roma, il primo proiettile, con licenza di difendere, è stato sparato. In tempo, se non in anticipo, per approfittare dello scudo che a inizio settimana prossima verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale sotto forma di legge sulla legittima difesa. Un caso come molti altri in precedenza: violazione di proprietà privata, tentativo di furto finito male e infine uno sparo.
Ad altezza uomo, senza previo avvertimento con qualche colpo in aria, o diretto altrove, sono solo dettagli. La riforma che modifica il comma due dell’articolo 52 del codice penale è legge (o quasi) e con lei i suoi effetti: “allo stato di grave turbamento derivante da un pericolo in atto” il soggetto può usare “un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo” per la difesa della “propria o altrui incolumità” o dei “beni propri o altrui”. Ancora è presto per scagionare il giovane ventinovenne, in quanto sono ancora in atto le indagine sulle dinamiche della sparatoria, ma dalle prime indiscrezione sembra proprio una rapina fallita (il ladro colpito è un sedicenne, ancora in gravi condizioni).
“Chi è mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l’arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita?”. Cesare Beccaria con il suo “Dei delitti e delle pene” avrebbe avuto sicuramente materiale su cui scrivere. Come del resto ha trovato motivo per commentare l’accaduto il ministro dell’Interno Matteo Salvini, fautore della nuova legge, specificando: “Mi è stato chiesto se mi dispiace. Ho risposto che se non avesse fatto il rapinatore starebbe bene a guardare Ballando con le Stelle”. In linea con quanto costruito finora, perlomeno.
Tastando il polso degli americani, la volontà di limitare l’accessibilità alle armi per i civili – tra i molti nodi di un paese sempre più spaccato – sembra aver messo di comune accordo gran parte dei cittadini
Quel costrutto che affonda le radici, secondo il leader della Lega, nel modello svizzero, scongiurando così derive in stile americano. Anche se scavando meglio, oltre al fatto che in Svizzera metà della popolazione ha un’arma in casa ed è il terzo Paese al Mondo per detenzione di armi ad uso personale, si evince come dalle dichiarazioni di ministri leghisti e dallo stesso decreto legislativo dello scorso 10 agosto 2018 sull’ampliamento dei modelli di armi disponibili (che arriva a comprendere anche quelle di stampo militare) tanto voluto da Salvini, il fine ultimo sia quello di liberalizzare e se volgiamo di arrivare a una difesa armata più che a una legittima difesa. Pertanto, su quelle che sembrano molto spesso le orme politiche di Donald Trump, è facile pensare alla legittima difesa come un embrione del modello made in Usa: comodo per liberalizzare le armi e portare dalla propria parte una fetta pesante dell’elettorato. Ma è proprio il modello americano quello che l’Italia vuole diventare da grande?
Tralasciando per un momento l’etica della questione, la risposta, in chiave politica e di sicurezza, resta comunque “yes, we can”. Anche se in realtà – proprio così! – l’esempio a stelle e strisce non è quel monolite penale che immaginiamo. Per il semplice fatto che basterebbe lanciare un’occhiata al Nuovo Continente per capire che il mondo delle armi e la sua lobby più influente (la Nra, National Rifle Association) non se la passa poi tanto bene, anzi. Pochi giorni fa è arrivata la conferma che Oliver North, 75 anni, presidente dell’organizzazione Nra, la più potente degli Stati Uniti, e figura chiave nello scandalo Iran-Contra che travolse l’allora presidente Ronald Reagan, si è dimesso, o meglio è stato costretto a dimettersi per alcuni scandali finanziari e politici. Un vaso che trabocca, la cui stabilità vacilla ormai da diverso tempo.
Prima delle elezioni di metà mandato, infatti, nessuno avrebbe mai previsto un risultato simile. Tuttavia, tastando il polso degli americani, la volontà di limitare l’accessibilità alle armi per i civili -tra i molti nodi di un paese sempre più spaccato – sembra aver messo di comune accordo gran parte dei cittadini. L’esempio più significativo del nuovo filone No Arms, è la presa di posizione del 60 per cento degli elettori dello stato di Washington: che ha approvato la legge 1639 con la quale viene richiesta l’età minima di 21 anni per l’acquisto di un’arma semi-automatica e la residenza nello stato.
L’America sta affrontando un passaggio topico e le dimissione di North sono solo un bradisismo. Anche perché di scosse telluriche, dopo le Midterm Elections, la Nra ne ha subite di sconvolgenti
Ma partiamo dalle origini. Fin dagli anni settanta la Nra ha influenzato gli equilibri politici negli Usa, trovando nientemeno che in Ronald Regan il più fedele e limpido sostenitore. Il vero successo, però, arriva senza dubbio con il nuovo millennio quando la lobby comincia a esercitare un peso economico per le casse dei partiti, formando altresì candidati creati ad hoc per boicottare le tesi che limitavano l’acquisto dei fucili usati dai militari. Un’ascesa quindi priva, o quasi, di battute di arresto. Ma le carte in tavola, in questi ultimi tempi, stanno cambiando. Così che la lobby, forte di un consenso che dava l’impressione di essere imperituro, si atteggia adesso, come si usa in gergo, con il fare di una lame duck (anatra zoppa).
Tutto ha inizio dopo che gli studenti di Parkland, Florida, a seguito di una sparatoria che ha visto un loro compagno di classe uccidere 17 persone, decidono di scendere in piazza e protestare. A gettar fumo negli occhi della lobby, inoltre, ci pensa anche il Collegio americano dei medici: con un paper che licenzia nuove restrizioni per far fronte a un numero crescente di vittime, accompagnate da una campagna via social nella quale migliaia di medici del pronto soccorso hanno twittato le loro foto pieni di sangue di persone coinvolte in sparatorie. Dalle risposte della Nra, comunemente considerata un potere forte e per questo mai flessibile, si capisce che qualcosa sta cambiando di fronte a critiche che convergono da entrambi gli schieramenti.
Insomma, l’America sta affrontando un passaggio topico e le dimissione di North sono solo un bradisismo. Anche perché di scosse telluriche, dopo le Midterm Elections, la Nra ne ha subite di sconvolgenti. Durante quest’ultime, infatti, l’organizzazione pro army ha investito solo 20 milioni di dollari – contro i 54 spesi alle presidenziali del 2016 -, mentre i gruppi oppositori ne hanno sborsati quasi il doppio: tra Gifford e Everytown for Gun Safety hanno raccolto 37 milioni di dollari per sostenere candidati che fossero per una legislazione sulle armi. I risultati? I democratici hanno strappato alcuni seggi chiave come in Indiana e in Tennessee, mentre dalla Nra arriva un mea culpa e un avviso per il popolo statunitense: «il vostro diritto costituzionale è a rischio», notifica riferendosi al Secondo Emendamento che protegge i detentori di armi da fuoco.
Per essere chiari: se le stragi nelle scuole (spesso messe in atto con Ak-47 e Ar15, ovvero i fucili di assalto disponibili anche in Italia dopo il decreto legislativo dello scorso 10 agosto 2018 di Salvini) non sono abbastanza, il rigurgito di un Paese come l’America dovrebbe allarmare e non incitare all’emulazione
Per essere chiari: se le stragi nelle scuole (spesso messe in atto con Ak-47 e Ar15, ovvero i fucili di assalto disponibili anche in Italia dopo il decreto legislativo dello scorso 10 agosto 2018 di Salvini) non sono abbastanza, il rigurgito di un Paese come l’America dovrebbe allarmare e non incitare all’emulazione.
D’accordo, una cosa è chiara: la nostra accessibilità a pistole, fucili e armamenti di altro genere, è molto più complicata rispetto a quella americana. Rettifica: potrebbe essere più complicata. Dalle valutazione dell’organizzazione Small arms survey, la più accreditata nel settore, in Italia (dati riguardanti il 2017) ci sarebbero 8,6 milioni di armi tra legali e illegali, briciole in confronto alle 15,8 della Germania e i 12,7 milioni della Francia. Resta comunque il fatto che nel Bel Paese, secondo il Censis, “Si contano 1.398.920 licenze per porto d’armi, considerando tutte le diverse tipologie (dall’uso caccia alla difesa personale), con un incremento del 20,5% dal 2014” quindi complessivamente “c’è un’arma da fuoco nelle case di quasi 4,5 milioni di italiani (di cui 700.000 minori)”. E le restanti armi, allora, da dove provengono?Nonostante la legislazione italiana sia tra le più severe d’Europa, quindi, acquistare una pistola senza porto d’armi è possibile. Dove? Sul dark web o nelle fiere militari in Slovenia. Illegalmente, rintracciabili tramite gruppi Facebook e pagate con i bitcoin per il primo (così da non lasciare tracce), contrabbandate via terra specialmente dalle rotte balcaniche e in pieno stile mercato nero, invece, per il secondo – come dimostrano le numerose indagine della Procura di Udine e di Milano.
Un bilancio che se guardato contro luce porta effetti ancora più drammatici – prima ancora dell’entrata in vigore della legge. Secondo lo studio United nations office on drugs and crime (Unodc), infatti, in Italia la percentuale di omicidi commessi con arma da fuoco è del 41% sul totale, un’enormità, questa volta, rispetto al 24% della Germania. Far west o no, pertanto, la situazione italiana è a dir poco preoccupante.