L’inchiestaConcorsopoli Umbria, coinvolte pure le forze dell’ordine (e siamo solo all’inizio)

L’inchiesta che sta sconvolgendo la sanità umbra e l’amministrazione regionale potrebbe essere ancora più vasta: coinvolti anche i servizi segreti e parte della politica regionale. Ma l’intreccio sembra ancora più profondo, tanto da toccare le stesse forze dell’ordine

Non solo politici e manager. L’inchiesta che sta sconvolgendo la sanità umbra e l’amministrazione regionale potrebbe essere ancora più vasta. E toccare pesantemente anche sindacati e forze dell’ordine, con diramazioni che, indirettamente, raggiungono anche i servizi segreti. E di mezzo, in questo caso, non ci sarebbero solo concorso truccati, ma anche «il tentativo di eludere le investigazioni delle Autorità».

Che il sistema messo in piedi, secondo l’accusa, dal direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Perugia, Emilio Duca, con l’avallo della politica, fosse ampio, non c’è dubbio: «Nessun concorso finalizzato alla selezione del personale è risultato regolare. Le alterazioni sono marcate e gravi», scrivono gli inquirenti. Non solo: «Le modalità con cui i reati sono posti in essere denota una metodica consolidata, un sistema risalente nel tempo». Insomma, «si ha la certezza che le indagini hanno colto lo spaccato di un sistema che va avanti da anni, dove ognuno sa cosa deve fare ed il fine che ciascuna procedura deve raggiungere». E da queste procedure, a quanto pare, neanche alcune fette di sindacato erano immuni. Agli inizi di marzo 2018, infatti, Duca incontra nel suo ufficio Angelo Scatena, segretario del sindacato Fp-Cgil, in pratica il sindacato di riferimento per chi lavora nell’amministrazione pubblica.

Ruolo focale, dunque. Eppure Scatena «dopo aver segnalato una persona che avrebbe già superato una prova concorsuale “da sola”, consegna a Duca tre bigliettini con l’indicazione di alcune persone che parteciperanno al concorso per disabili». Duca, dal canto suo, risponde «di averne un kg di nomi per le categorie protette, non sa come gestirli e scherzando dice che bisogna fare una verifica per vedere come hanno votato», garantendo comunque a Scatena «che avrebbe fatto tutto il possibile». Anche Alberto Palazzetti, coordinatore nazionale della Federazione Sindacati Indipendenti, ha tre nomi da segnalare per le categorie protette. Già da febbraio si è portato avanti con le sollecitazioni, ma non avranno fortuna. C’è un ordine di priorità da rispettare, e non tutte le segnalazioni hanno eguale peso sulla bilancia, nel mercato delle nomine.

Ma l’intreccio tra politica e amministrazione sanitaria tocca anche le stesse forze dell’ordine. Al centro di una vicenda raccontata dagli inquirenti, ad esempio, c’è Alvaro Mirabassi, vicepresidente del consiglio comunale di Perugia

Palazzetti ha una lunga conversazione col direttore amministrativo, Maurizio Valorosi, anche lui finito tra gli indagati. «Io lo so che è così, però tu puoi influire parecchio», dice Palazzetti. «E su che cosa? – spiega Valorosi, lasciando capire di essere ben consapevole di una scala gerarchica – Se questi giorni gli arriva la Marini (Catiuscia, ndr) che gli dice “questo”.. tu pensi che ascolta noi? Gli arriva qualcun altro che gli dice “questo” o gli arriva.. tu pensi che…». Palazzetti lo interrompe bruscamente: «Ascolta, ho capito. Io ho parlato con Barberini (Luca, ex assessore alla Sanità, indagato e ai domiciliari, ndr)». Dopo altri scambi di battute, Valorosi conclude: «Se lui (Barberini, ndr) vuole fa qualcosa, deve chiama’ Duca (Emilio, ndr)…perché il direttore generale è Duca».

Ma l’intreccio tra politica e amministrazione sanitaria tocca anche le stesse forze dell’ordine. Al centro di una vicenda raccontata dagli inquirenti, ad esempio, c’è Alvaro Mirabassi, vicepresidente del consiglio comunale di Perugia. «Duca – scrivono i magistrati – si lamenta con Valorosi della figura di Mirabassi il quale si presenta per ricevere le tracce dei concorsi a nome di Bocci e Barberini». Il nominativo segnalato da Mirabassi è quello del «figlio di un carabiniere di Castel del Piano». Un nome di cui, alla fine, non se ne farà più nulla soprattutto dopo che «Valorosi informa Duca di aver parlato con Bocci il quale non ha alcun interesse sul nominativo segnalato da Mirabassi».

A farcela, invece, sarebbe stata la nuora «dell’ex Generale dei Carabinieri in Congedo, Coreno Pasquale», che dai primi accertamenti svolti dagli inquirenti, «risulta aver conseguito il punteggio di 19/20 alla prova pratica […] del concorso pubblico per le assunzioni a tempo indeterminato di 103 collaboratori professionali sanitari infermieri». E non è un caso che, nel corso di un incontro, Gabriella Carnio, dirigente responsabile delle professioni sanitarie (anche lei indagata), dice ancora a Valorosi: è «fatta» per «quella del Generale». E non parliamo, peraltro, di un generale di secondo piano. Secondo quanto scritto dagli inquirenti, infatti, Coreno «fino al 2010 ha ricoperto l’incarico di Capo Centro dell’Aisi di Perugia». In pratica, i servizi segreti interni.

Leggendo le carte, emerge come il “sistema” avesse la possibilità di avvalersi di alcuni ganci per capire se fossero in corso indagini o se gli stessi fossero intercettati

Ma i presunti rapporti degli indagati con le forze dell’ordine acquisiscono anche un aspetto ancora più inquietante. Perché, leggendo le carte, emerge come il “sistema” avesse la possibilità di avvalersi di alcuni ganci per capire se fossero in corso indagini o se gli stessi fossero intercettati. Scrivono gli inquirenti: «A partire dal mese di giugno 2018 il timore generico di essere attenzionati diviene sempre più tangibile e concreto. L’inchiesta in corso viene man mano svelata ai membri dell’associazione».

La prima persona a cui Duca si rivolge è un altro presunto sodale dell’associazione, ex professore universitario e primario di Odontoiatria, Potito D’Errico: «Grazie all’incarico ricoperto ed alla frequenza della Scuola Militare Nunziatella di Napoli (anno scolastico 1959/1962), quest’ultimo ha acquisito nel tempo un’ampia gamma di “contatti” di autorità civili e militari, sia in ambito locale che nazionale». E, non a caso, i due mettono a punto «una strategia di avvicinamento – attraverso l’invito ad eventi conviviali – di alcuni ufficiali di polizia giudiziaria, sia appartenenti alla Guardia di Finanza che ai Carabinieri, per cercare di carpire notizie coperte dal segreto d’ufficio». Le pedine cui D’Errico mira (invano) sono due: il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Perugia; e, tramite il sovrintendente delle Fiamme gialle in pensione, Domenico Riocci, arrivare al luogotenente Stefano Iori, in servizio presso la Polizia giudiziaria della procura perugina. Nel frattempo, però, anche Duca si sarebbe rivolto direttamente ai suoi contatti presso il Nas dei Carabinieri, e cioè ai luogotenenti Domenico Oristanio e Giuseppe Papale, «apprendendo la notizia della presenza di intercettazioni, senza tuttavia alcuna indicazione del contesto di riferimento, ritenendo quindi che siano limitate a quelle telefoniche».

Ma non finisce qui. Un ruolo fondamentale, a riguardo, è svolto ancora da Valorosi che viene a sapere della presenza di intercettazioni anche all’interno dell’ospedale. E da chi? Direttamente da Gianpiero Bocci, ex sottosegretario dem e ora agli arresti domiciliari. Sarebbe stato lui a riferire che «gli strumenti di intercettazione ambientale sono stati collocati all’interno della struttura sanitaria in occasione dell’intervento dei Vigili del Fuoco di Perugia del 17.11.2017, come effettivamente avvenuto». Non solo: ecco che torna il nome di Pasquale Coreno, ex generale dell’Arma: anche lui avrebbe informato Valorosi. Nome di peso, considerando non solo il suo passato nell’Aisi, ma anche che «dal 2014 percepisce redditi da pensione erogati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri».

In quei giorni Duca viene ancora intercettato. È il 14 giugno 2018. L’ex direttore generale incontra una candidata: «Adesso non puoi parlà de un concorso eh… cioè si va in galera, forse non è chiaro!… Mentre ti stanno ascoltando… mentre tu stai a parlare con me mi stanno ascoltando e registrando… Perché io non voglio andà in galera per ‘ste persone!».