Vincitori e vinti10 domande e risposte per capire davvero il voto del 26 maggio

Cosa succede dopo le elezioni europee? C’è vita per Il Movimento Cinque Stelle? C'è speranza per il Pd? Cosa deve temere la Lega? Un po' di scenari per capire cosa ci aspetta da oggi

1. Se domani si votasse alle politiche avremmo gli stessi risultati di oggi?
Non è detto: alle europee non ci sono alleanze e coalizioni, è più forte il peso del leader. Però mi pare che il trend nel Paese sia chiaro: la Lega spopola, il Pd tiene, e il MoVimento 5 Stelle crolla. Il centrosinistra oggi avrebbe la forza di raggiungere il 30%, non abbastanza però per essere competitivo.

2. Da cosa dipende il calo degli elettori del Movimento Cinque Stelle?
C’è un’evidente delusione verso l’esperienza di governo da parte di un pezzo del proprio elettorato, e questa è la base di tutto. C’è stato un calo evidente in tutta Italia, al Sud il MoVimento tiene ma perde molto, al Nord subisce un tracollo: guardate i dati di Torino ad esempio, dove governa la Appendino. Le perdite, ce lo mostrano i flussi di voto elaborati da YouTrend, sono molto rilevanti: un elettore 5 Stelle del 2018 su quattro quest’anno ha votato la Lega, uno su 10 Pd. Nel complesso, meno di uno su due ha confermato la propria scelta. Sembra insomma confermata la teoria per cui i grillini funzionano all’opposizione, ma molto meno al governo.

3. Con queste percentuali – 40% in due – Salvini e Meloni potrebbero avere la maggioranza assoluta del Parlamento Italiano, grazie al Rosatellum?
Non si può dire, dipende da molteplici fattori. Diciamo che è presto per fare i conti, ma potrebbe essere una coalizione molto competitiva.

4. Il Pd ha guadagnato consensi o ha perso 100mila voti?
Né l’uno né l’altro. È evidente come, per Zingaretti – diventato segretario con un Pd al 16% dei consensi nei sondaggi -, un risultato simile sia soddisfacente. Ma non si può certo esultare ad alta voce. Fa però sorridere chi dice che bisogna guardare solo i numeri assoluti e non le percentuali: in molti casi, si tratta delle persone che hanno usato come un mantra il 40,8%.

5. Per +Europa e la Sinistra è tutto finito?
+Europa, Sinistra, Verdi: unite danno più del 7%, un contributo importante a una eventuale coalizione di centrosinistra. Ma faticherei a trovare prospettive nei singoli progetti: se la Sinistra ottiene un pessimo risultato e +Europa conferma di non sfondare, Europa Verde mostra invece qualche potenzialità. Nel complesso, il Pd per tornare competitivo però avrà bisogno di una coalizione più larga e anche di soggetti nuovi.

Un elettore 5 Stelle del 2018 su quattro quest’anno ha votato la Lega, uno su 10 Pd. Nel complesso, meno di uno su due ha confermato la propria scelta. Sembra insomma confermata la teoria per cui i grillini funzionano all’opposizione, ma molto meno al governo

6. Forza Italia può ancora riprendersi?
Difficile. Il risultato è molto negativo, il partito è diviso e il leader non ha più la forza di tenere tutti a freno grazie al proprio carisma. Potrebbe spaccarsi presto o spegnersi lentamente, ma difficilmente avrà futuro.

7. Qual è il dato più sorprendente di queste elezioni?
Beh, se ne possono citare tanti ma è giusto sottolineare il dato enorme della Lega in tutta Italia.

8. Tra poco si vota in Emilia Romagna: il Pd deve preoccuparsi seriamente?
Sì. La Lega è primo partito e ha seriamente messo in difficoltà il Pd in tutta la regione nella prima tornata amministrativa. Ora il centrosinistra deve concentrarsi per vincere i ballottaggi.

9. Ti aspettavi una debacle di Chiamparino come quella che è avvenuta? E la piazza dei Sì Tav che fine ha fatto?
Se si fosse votato senza le europee in concomitanza il risultato sarebbe stato ben diverso. Chiamparino gode di buon apprezzamento tra i piemontesi, ma non è bastato a invertire un trend politico enorme. La piazza Sì Tav c’è, ma non è stata rappresentata solo da Chiamparino, il Presidente non è riuscito a intercettare questi voti.

10. Salvini rischia un effetto 40,8%?
Non è più il periodo dei “ventenni di potere”: ora le leadership sono sempre più rapide, e il voto è sempre più fluido e meno stabilizzato. La fast politics, la comunicazione ventiquattr’ore su ventiquattro porta i leader all’iper-esposizione mediatica: il risultato è che i cittadini si stancano prima, e cercano nuovi leader

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