Dopo le elezioni“Più attenzione al clima, meno all’immigrazione”: ecco l’Europa dopo le elezioni (con buona pace di Salvini)

Secondo Florian Eder, analista di Politico.eu, “I sovranisti hanno acquistato peso, ma c’è ancora un centro solido a guidare il Parlamento Ue”. La vera sfida, ora, è trovare chi guiderà le diverse istituzioni. Il pezzo più complicato del puzzle? “Il nominativo del presidente della Commissione”

PATRICK HERTZOG / AFP

Cambiare l’Europa? Macché. Doveva essere l’occasione per la vittoria dei sovranisti, ma lo è stata solo in parte. E nemmeno chi l’Europa la doveva “salvare” ci è riuscito davvero. Se i Popolari rimangono il primo partito, il centro-sinistra invece è spaccato e per comporre una maggioranza i socialisti e i liberali dovranno per forza mettersi a dialogare. Fatta eccezione per Matteo Salvini in Italia (ma questa è un’altra storia), Marine Le Pen in Francia e Viktor Orbán in Ungheria, i gruppi euroscettici e nazionalisti rimangono in minoranza, pur acquistando peso e seggi. Nel complesso, tutto in questa Europa sembra rimasto come lo avevamo lasciato fino a prima del 23 marzo. Eppure, l’equilibrio di potere è stato minato alla base. Ed è adesso che la battaglia per le posizioni più importanti all’interno delle istituzioni inizia davvero. La lotta si prospetta spietata. Linkiesta ne ha parlato con Florian Eder, managing editor di Politico Europe e “insider” all’interno del cuore delle istituzioni Ue e dei suoi intrecci politici.

Eder, i risultati delle europee ci mostrano un quadro molto particolare; da un lato il PPE e i socialdemocratici hanno perso peso, mentre dall’altro emergono forze che finora erano rimaste minoritarie. È sorpreso da questo risultato?
No, non direi che sono sorpreso. Ci sono sicuramente dei dettagli molto interessanti, ma nel complesso non direi che sono rimasto a bocca aperta. Dopotutto è rimasto un centro costitutivo, che era in linea con le previsioni. In alcuni paesi i populisti e i nazionalisti sono andati davvero malissimo; in altri, come la Germania e l’Austria, il loro peso si è dimezzato per via dei recenti scandali, ma in Francia e in Italia sono andati molto bene, come ci si prospettava, quindi non è stata proprio una grossa sorpresa.

Una tale frammentazione al parlamento europeo però non si era mai vista prima d’ora. Non solo i nazionalisti, ma anche i verdi sono cresciuti. Come pensa che cambieranno gli equilibri di potere nelle istituzioni Ue in questo contesto?
In questo nuovo parlamento europeo vediamo che per la prima volta il Partito popolare e i socialisti non avranno più la maggioranza. Questo è il primo sviluppo significativo. Le molecole più piccole all’interno dello spettro politico, poi, faranno pagare un prezzo per dare il proprio supporto. Credo inizieremo a vederlo molto presto. I liberali e i verdi si sono dimostrati molto più importanti che in passato e con i socialisti bisognerà vedere se accetteranno lo spitzenkandidat del Ppe Manfred Weber come presidente della Commissione. Oggi i capi di stato e di governo si incontreranno per dare forma al pacchetto dei capi delle istituzioni europee, con l’obiettivo di prendere una decisione entro il summit di giugno, ma io mi aspetto che la contrattazione sul pacchetto delle nomine sia molto più ampia. In gioco non c’è solo la nomina del presidente della Commissione o del presidente del Consiglio europeo, ma anche su altre posizioni chiave, su cui la discussione verterà inevitabilmente. Questo perché la presidenza della Commissione ha bisogno della maggioranza nel Parlamento, e sarà più facile raggiungere una maggioranza se nel pacchetto si inserirà anche qualcosa per i partiti più piccoli. Ormai è evidente che il Partito popolare europeo non occuperà più le posizioni chiave.

E lei nelle posizioni chiave chi ci vede?
Difficile fare nomi così presto. Questa settimana però sicuramente Manfred Weber cercherà di attrarre consensi intorno alla sua candidatura. Essendo il leader dell’eurogruppo più grande, e considerando che i numeri nella politica europea contano parecchio, deve provarci lui per primo. Se avrà successo oppure no, per ora è difficile dirlo. Per il momento e per tutta questa settimana faranno tutti il proprio gioco. La nomina del presidente della Commissione, comunque, sarà il primo dei pezzi del puzzle da ricomporre. Poi si penserà al resto. Dopo la decisione sulla presidenza della Commissione, si passerà al nominativo del presidente del Consiglio europeo e infine a quello del Parlamento.

Molto del ruolo che l’Italia giocherà in Europa dipende da quello che succederà a livello nazionale. Salvini divorzierà dai Cinque Stelle e punterà alle elezioni? Si andrà effettivamente alle elezioni? Quello che abbiamo visto finora, dal punto di vista delle istituzioni europee, è che in Italia non è davvero Conte a comandare

Come faranno a mettersi d’accordo in questi cinque anni?
È abbastanza chiaro che nei prossimi cinque anni servirà una maggioranza nel Parlamento europeo sufficientemente grande da non dover dipendere da ogni singolo voto. Mi sembrerebbe naturale che il Ppe, i socialdemocratici, l’Alde e i Verdi cerchino di trovare un accordo su un programma e almeno alcune politiche comuni. Dovrebbero anche mettersi d’accordo su quale nome vorrebbero per la presidenza della Commissione, ma questo comporterà anche di doversi confrontare sul presidente del Parlamento. E se poi non dovessero riuscire a trovare un accordo per formare la coalizione di maggioranza – è probabile che si trovino in difficoltà, perché il PPE, i Verdi e i Socialisti sono molto lontani tra loro – dovranno trovare il modo di affrontare la cosa.

I numeri dicono che Merkel e Macron sono stati sconfitti: la distribuzione del potere cambierà all’interno del Consiglio europeo?
La questione si può vedere da più punti di vista, ma sicuramente per Merkel e Macron il voto europeo è stato uno specchio del giudizio dei cittadini verso i rispettivi governi, ed entrambi hanno registrato delle forti perdite in questo senso. La Cdu però è ancora la delegazione nazionale più ampia all’interno del parlamento europeo, e questo ha un peso. Per il resto, Salvini è andato bene, Le Pen pure, ma come questi fattori si rifletteranno nei rapporti di forza all’interno del Consiglio è difficile da prevedere. Sicuramente sarà più difficile riuscire a mettere tutti d’accordo. Quel che è certo, è che il Consiglio europeo vuole continuare ad essere il luogo della stabilità e della responsabilità a livello europeo. Sono i suoi stessi membri a dirlo.

Cosa succederà all’Italia con la Lega primo partito? Ci ritroveremo messi all’angolo?
Molto del ruolo che l’Italia giocherà in Europa dipende da quello che succederà a livello nazionale. Salvini divorzierà dai Cinque Stelle e punterà alle elezioni? Si andrà effettivamente alle elezioni? Quello che abbiamo visto finora, dal punto di vista delle istituzioni europee, è che in Italia non è davvero Conte a comandare. Ora la sua situazione potrebbe peggiorare, perché è chiaro che l’altra metà della coalizione del suo governo è diventata troppo forte. E questo potrebbe anche finire per influenzare ciò che lui ha costruito sulla scena europea in termini di relazioni personali. Credo il banco di prova in questo senso lo saggeremo quando tornerà qui a Bruxelles. Ma sono curioso di sapere come si svilupperà lo scenario economico in Italia. Credo che la discussione sia interessante e che bisognerà osservarla con attenzione nel prossimo futuro.

Le migrazioni sono state un grosso tema negli ultimi mesi. La riforma del trattato di Dublino è destinata a fermarsi per sempre?
La questione avrebbe dovuto essere risolta già molti anni fa, ma secondo me sarebbe stato impossibile se figure come Angela Merkel fossero state più flessibili sul concetto di solidarietà. La riforma però è bloccata in Consiglio da due anni a questa parte, e malgrado alcune modifiche non andate a buon fine, onestamente non credo che all’orizzonte si intraveda alcuna riforma di Dublino per il momento. Naturalmente la questione migrazioni è stata molto centrale in alcuni paesi, come l’Italia e l’Ungheria, sia durante la campagna elettorale sia durante le stesse elezioni. Ma secondo me è un’altra la lezione che il parlamento europeo dovrebbe imparare, soprattutto il Ppe: hanno completamente sottovalutato il potere di movimenti come i Fridays for Future e la genuina preoccupazione delle persone per il cambiamento climatico. C’è stata una pressione sociale incredibile sul tema perché i governi facessero di più, e ora molti politici hanno capito che devono adoperarsi e diventare più credibili dal punto di vista delle politiche climatiche. Quindi si spenderà molto più capitale politico su questo che non sulla questione migrazioni. Sicuramente questa non è una buona notizia né per Salvini, né per Orban, né per tutti coloro che che spingono per una linea molto più dura sull’immigrazione, perché al momento il loro tema forte non è più al centro del dibattito a Bruxelles.

«Lo scenario più auspicabile è quello di arrivare ad un accordo rapido e costruttivo, entro la fine di giugno, sulle posizioni chiave all’interno della Commissione, del Consiglio, della presidenza della Bce. Lo scenario peggiore è se si dovesse creare un diverbio tra il Parlamento e il Consiglio e all’interno del Consiglio stesso e se non si dovesse riuscire ad accordarsi su un singolo nome. Questo potrebbe rimandare il processo di costituzione della nuova rappresentanza europea fino a dopo l’estate, paralizzando le istituzioni europee per mesi»


Florian Eder

Parlando di Fridays for Future, possiamo attribuire il merito di questa affluenza record anche a loro?
Rispetto a quello che abbiamo visto nel 2014, sicuramente l’intera campagna per le elezioni europee è stata molto più intensa, è stata molto visibile anche nei mezzi di informazione e anche le persone ne parlavano molto di più. Ma secondo me le persone hanno anche iniziato a vedere le elezioni europee in maniera diversa per diversi motivi. Sicuramente le persone hanno iniziato a riconoscere l’importanza che il parlamento europeo riveste nelle loro vite, in particolare grazie a quei temi che hanno suscitato indignazione negli ultimi mesi, di cui la gente ha parlato e per i quali è scesa in strada. Gli sforzi insufficienti nella lotta al cambiamento climatico sono sicuramente uno di questi, ma anche la legge sul copyright è stata per esempio un tema enorme in Germania, la gente se l’è presa davvero a cuore. I partiti tradizionali probabilmente hanno risentito di tutte queste cose, ma al contempo queste discussioni hanno contribuito a dare visibilità al Parlamento europeo. Dall’altra parte secondo me c’è stata una forte spinta da parte dei partiti tradizionali a stimolare il voto, con l’avvertimento che se non si fosse andati a votare, quei voti sarebbero andati agli euroscettici, ai nazionalisti e ai populisti, e quindi molti si sono convinti.

Non avranno forse avuto il successo che speravano, però il successo delle forze politiche di estrema destra non si può ignorare. La faccia dell’Europa è cambiata per sempre?
Io non credo. E secondo me non è così per almeno due ragioni. La prima è che c’è ancora una maggioranza solida di forze pro Europa all’interno del parlamento europeo. Sicuramente dovranno trovare il modo di collaborare, ma il blocco centrale è ancora abbastanza grande da riuscire a trainare il parlamento europeo. Il secondo motivo è che, da ieri, il parlamento europeo è diventato il posto dove il dibattito può avvenire davvero. È un po’ come lo scontro tra Macron e Le Pen alle ultime elezioni in Francia, dove Le Pen aveva avuto un enorme successo, ma poi dentro al parlamento francese dal Front National erano entrati ben pochi. La differenza qui è che al parlamento europeo, se hanno i numeri, vengono eletti, al di là del peso che hanno a livello nazionale. Quindi credo che il Parlamento europeo in questo senso diventerà una vera arena per un dibattito che al momento avviene da tutt’altra parte.

Qual è la chiave di volta per capire cosa succederà nei prossimi giorni, e qual è lo scenario migliore e quello peggiore che ci si prospetta?
Nei prossimi giorni e settimane sicuramente gli occhi saranno puntati su chi diventerà il presidente della Commissione, quello sarà il primo pezzo del puzzle delle istituzioni europee. Già a partire da oggi, con la riunione del parlamento europeo al mattino e quella dei leader di stato la sera, inizieremo già a farci un’idea. Lo scenario più auspicabile è quello di arrivare ad un accordo rapido e costruttivo, entro la fine di giugno, sulle posizioni chiave all’interno della Commissione, del Consiglio, della presidenza della Bce. Lo scenario peggiore è se si dovesse creare un diverbio tra il Parlamento e il Consiglio e all’interno del Consiglio stesso e se non si dovesse riuscire ad accordarsi su un singolo nome. Questo potrebbe rimandare il processo di costituzione della nuova rappresentanza europea fino a dopo l’estate, in autunno, il che significherebbe che la Commissione non inizierebbe a lavorare per tempo, e quindi non ci sarebbe il tempo di lavorare per trovare delle soluzioni a tutte le questioni aperte, migrazione compresa, paralizzando le istituzioni europee per mesi.