Una macchina che “dà movimento e applica esecizi, sia volontari che involontari, alle membra, alle giunture, ai muscoli del corpo umano”. Così veniva descritto nel Monthly Magazine, volume quarto del 1796, la nuova e ambiziosissima invenzione di sir Francis Lowndes, che aveva appena ricevuto un brevetto.
Un toccasana, sosteneva il suo creatore, perfetta per i fisici poco allenati (all’epoca, si può immaginare, erano molti meno che oggi). Era dedicata al “mercante che, senza dover distogliere l’attenzione dai suoi conti, può allenarsi. Ma anche allo studente, che può impegnarsi nella lettura e nella scrittura: in questo modo tiene in movimento constante, con il minimo sforzo, le sue gambe”.
Il marchingegno aveva un nome rinsonante: era un Gymnasticon e, per essere una creazione del secolo XVIII, sembra molto simile agli attrezzi utilizzati oggi in una palestra.
A differenza di questi ultimi, però, il macchinario di Lowndes, però, viene considerato utile sia “per le persone sane che per quelle malate”. Chi si trovasse confinato in casa per motivi di lavoro (e alcuni sono già stati espressi), poteva muoversi con costanza con il minimo sforzo. Chi invece fosse colpito da malanni e complicazioni (il testo dell’inventore parlava di “paralisi” “gotta”, “reumatismi” e una generica “debolezza”) poteva lasciarsi cullare da questo macchinario, che rimettendo in movimento diverse parti del corpo, alleviava i dolori della malattia.