Teatrino di governoLega e Cinque Stelle, il compromesso impossibile: con questi leader non governerete mai

Fra insulti, dichiarazioni strampalate, e annunci, lo stato comatoso del governo giallo verde si prolunga fino alle europee. Attendiamo un consulto di medici e santoni al capezzale di un Paese massacrato. E il problema non è il sistema elettorale. Sono questi protagonisti da avanspettacolo

Andreas SOLARO / AFP

Fra insulti e dichiarazioni strampalate, annunci e spreco di gerundi inaudibili (stiamo lavorando, stiamo studiando, stiamo organizzando), lo stato comatoso del governo giallo verde si prolunga fino alle europee. In attesa che si stacchi la spina e si prepari un gran consulto di medici e santoni al capezzale di un Paese massacrato. La narrazione corrente indica fra le cause del disastro la rissa continua, la differenza inconciliabile di culture, programmi, interessi, la distanza caratteriale fra i due “gemelli” del nulla, l’assurda e comune strategia dell’annuncio mediatico per colmare la paralisi. Ma un po’ di memoria storica dovrebbe aiutarci a capire che il problema non è e non era il contratto, bensì i suoi pessimi interpreti che dal primo giorno hanno fatto calcoli personali sulla pelle del Paese.

In Italia, come in Europa, governi di coalizione, alleanze di opposti, compromessi più o meno storici, si sono sempre fatti. Talvolta con risultati apprezzabili, talvolta meno, mai comunque vissuti dal Paese come la pessima imitazione di un film di Tarantino, pulp fiction con titoli di coda sul pupazzettò di Zorro che ha turbato l’infanzia di Salvini. Ricordiamo il compromesso storico di Andreotti e Berlinguer, il coraggioso tentativo di Moro nel giorno del suo tragico sequestro, la grande coalizione dell’emergenza Monti, e a ben vedere i governi che tenevano insieme la “Balena” Bianca democristiana e il PSI craxiano, laico, radicale.

La colpa, in democrazia, è degli interpreti che una volta preso il potere, hanno fatto a gara a togliere la sedia al vicino

E all’estero? Un sistema verticistico, presidenziale, maggioritario come quello francese ha prodotto negli ultimi vent’anni due lunghe coabitazioni. Il socialista Mitterrand fu costretto alla coabitazione con il premier giallista Chirac, e lo stesso Chirac, eletto presidente, dovette dividere il potere con il socialista Jospin che dirigeva il governo. Credete che non abbiano mai litigato? Che non avessero interessi divergenti e attenzione alla propria bottega elettorale? Eppure governarono insieme, portarono avanti leggi e progetti importanti, ebbero una visione comune del Paese e sopratutto della politica estera e dell’immagine della Francia nel mondo. Si chiama senso dello Stato: non è difficile capire che cosa voglia dire. Vogliamo parlare delle Grandi Coalizioni tedesche? Che cosa avevano in comune i popolari con i socialisti se non una visione responsabile dei problemi di un Paese che doveva affrontare profonde riforme strutturali e la ricostruzione dei Laender orientali dopo la caduta del Muro? Ancora oggi la base socialista rimprovera ai dirigenti del proprio partito di avere dato il sangue ad Angela Merkel, ma la Germania è andata avanti.

Potremmo andare a caccia di altri esempi più o meno storici e importanti, ricordando in ogni circostanza che la volontà degli elettori va rispettata e che non è colpa loro se dalle urne sono usciti equilibri impossibili è governabilità complicate. La colpa, in democrazia, è degli interpreti che, una volta preso atto dei risultati, non hanno saputo trovare intese sul filo delle responsabilità e dell’interesse collettivo. Non è il colore della coalizione che deve fare storcere il naso ma il pressappochismo irresponsabile degli interpreti. Una volta preso il potere, hanno fatto a gara a togliere la sedia al vicino. Ma così restano solo le comiche, per fortuna finali.

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