Trade WarLa guerra degli Stati Uniti contro Huawei? Rischia di essere un suicidio

La decisione di Google di revocare la licenza di Android a Huawei sembra essere legata esclusivamente alla guerra commerciale degli Usa contro la Cina. La sicurezza nazionale è solo un pretesto, ma il rischio è di perdere il treno dell’innovazione

Ci sono ottime ragioni per credere che la decisione di Google di revocare la licenza di Android a Huawei sia legata esclusivamente alla guerra commerciale in corso tra Cina e Stati Uniti. E poco importa che la mossa del colosso di Mountain View sia una diretta conseguenza dell’inclusione di Huawei nella lista governativa di aziende a cui è vietato acquistare componenti da società statunitensi (per ragioni di sicurezza e a meno di non ricevere un via libera da parte di Washington).

Poco importa. Perché (nonostante le motivazioni ufficiali parlino di “attività contrarie agli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”) il timore che Huawei possa aggiungere una backdoor ai suoi prodotti, per spiare i cittadini di nazioni rivali, potrebbe non avere niente a che fare con le recenti decisioni assunte dall’amministrazione Trump. Fino a oggi non è mai emersa alcuna prova che Huawei abbia tenuto comportamenti ostili di questo tipo; mentre la stessa azienda cinese ha più e più volte negato di aver mai ricevuto richieste simili da Pechino e di avere intenzione di ottemperarle se mai dovessero giungere.

Non sono però le ovvie rassicurazioni giunte da Huawei a far sospettare che dietro le mosse di Trump ci sia altro, nonostante la società di Shenzhen sia praticamente l’unico colosso delle telecomunicazioni cinese inserito nella lista.

Stando a quanto riporta il giapponese Nikkei, in totale sono 44 le società cinesi incluse nella black list. Tra queste, figurano la China Aerospace Science and Industry Corp. e la China Electronic Technology Group Corp, oltre a numerosi istituti di ricerca. Ma nella famigerata Entity List stilata dal governo Usa, per dire, non figura nemmeno Zte, azienda già temporaneamente messa al bando dagli Stati Uniti lo scorso anno, ma che era inclusa in una lista differente e che si è vista parzialmente riammessa al commercio con gli Stati Uniti. E se i timori sono legati alla sicurezza nazionale (per quanto il pretesto sia una presunta violazione delle sanzioni contro l’Iran), perché in questa lista non ci sono nemmeno Xiaomi, Oppo, Lenovo, OnePlus e tutti gli altri produttori di smartphone cinesi? Per quale ragione solo Huawei dovrebbe porre un rischio alla sicurezza della Stati Uniti?

Se i timori sono legati alla sicurezza nazionale, perché in questa lista non ci sono Zte, Xiaomi, Oppo, Lenovo, OnePlus e tutti gli altri produttori di smartphone cinesi?

La sensazione è che tutta questa vicenda sia legata al tentativo degli Stati Uniti di indebolire un colosso cinese che ha conquistato il 20% del mercato degli smartphone, che continua a crescere a doppia cifra mentre gli altri produttori rallentano e i cui telefoni di alta gamma stanno mettendo in seria difficoltà il produttore che per oltre un decennio ha dominato questo settore: la statunitense Apple.

Le mosse di Trump, quindi, sarebbero legate esclusivamente alla guerra commerciale in corso tra i due Paesi, prendendo di mira l’azienda che più di ogni altra simboleggia l’avanzata tecnologica della Cina. Un’avanzata tecnologica che ha la sua punta di diamante nel 5G, la nuova generazione di trasmissione dati mobile dalle rivoluzionarie potenzialità industriali.

Come noto, il 5G è stato al centro dello scontro commerciale tra le due superpotenze; con gli Stati Uniti che hanno chiesto a tutti i suoi alleati di non collaborare con Huawei per l’implementazione delle nuove reti per le telecomunicazioni. Anche in questo caso, le richieste statunitensi sarebbero motivate dai timori che Huawei possa approfittare della sua posizione di vantaggio per condurre spionaggio per conto del governo cinese.

La battaglia condotta dall’amministrazione Trump per evitare che i suoi alleati occidentali si affidino a Huawei potrebbe non avere alcuna ragione di sicurezza, ma essere la reazione di un Paese che si sta vedendo sorpassato da una nuova superpotenza tecnologica

È difficile credere che non sia qualcos’altro a muovere gli Stati Uniti. Per un paio di valide ragioni. Prima di tutto: le componenti utilizzate dalle aziende che operano nel campo del 5G (e non solo) sono parte di una catena di fornitori globale. Huawei utilizza anche componenti di aziende occidentali, allo stesso modo in cui le aziende occidentali utilizzano componenti cinesi.

Come si fa a porre il bando solo su Huawei nel momento in cui software e hardware di provenienza cinese sono comunque rintracciabili in qualunque prodotto di qualunque azienda occidentale? Se il governo cinese avesse davvero intenzione di sfruttare il 5G per spiare il mondo occidentale, potrebbe comunque farlo, senza bisogno di affidarsi solo a Huawei o a pochissime altre aziende finite nel mirino di Trump.

Il punto fondamentale è che Huawei è uno dei partner prediletti per l’implementazione delle reti 5G perché, almeno fino a questo momento, si è dimostrata l’azienda più avanzata nel settore. La battaglia condotta dall’amministrazione Trump per evitare che i suoi alleati occidentali si affidino a Huawei potrebbe quindi non avere alcuna ragione di sicurezza, ma essere la reazione di un Paese che si sta vedendo rapidamente sorpassato da una nuova superpotenza tecnologica.

Alimentare i timori su Huawei potrebbe quindi avere il solo scopo di estromettere il colosso cinese dall’implementazione delle reti 5G tra gli alleati degli Usa, per poi costringere questi Paesi ad affidarsi ad aziende statunitensi come Qualcomm o Verizon

Alimentare i timori su Huawei potrebbe quindi avere il solo scopo di estromettere il colosso cinese dall’implementazione delle reti 5G tra gli alleati degli Usa, per poi costringere questi Paesi ad affidarsi ad aziende statunitensi come Qualcomm o Verizon. C’è un solo problema: secondo tutti gli analisti, le telco statunitensi sono molto più costose di quelle cinesi e sono anche nettamente meno avanzate.

Impedire a Huawei di lavorare all’implementazione delle reti 5G in Europa e nel resto dell’Occidente potrebbe forse metterci al riparo dallo spionaggio di una nazione rivale. Il prezzo da pagare, però, è rinviare di qualche anno l’approdo della nuova generazione di trasmissione dati e di tutte le sue potenzialità industriali ed economiche, con il rischio di perdere altro terreno sul campo cruciale dell’innovazione digitale. Siamo davvero disposti a correre questo rischio per rispondere alle richieste di una nazione che, in materia di spionaggio anche nei confronti dei paesi alleati, ha ben poco da insegnare al resto del mondo?

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