Dottori del futuroIl futuro della medicina, sempre più digitale, ma (sorpresa) sempre più umana

Entro i prossimi due decenni il 90% di tutti i posti di lavoro afferenti al sistema sanitario richiederanno importanti competenze digitali. Ma il digitale libererà risorse per un rapporto più umano tra medico e paziente

FREDERICK FLORIN / AFP

Lo sappiamo, nell’ultimo quindicennio abbiamo registrato un passaggio epocale senza precedenti, segno tangibile dell’impatto della quarta rivoluzione industriale. Lo scettro delle compagnie a più alto valore si è mosso dai settori “energia e finanza”, che assieme ricoprivano otto posizioni della classifica “top 10” nel 2016, ai settori “IT e Telecomunicazioni”. Difatti, secondo Bloomberg (su dati per l’appunto del 2016), solo Exxon Mobil ha resistito all’ascesa di Apple, Alphabet e Microsoft, che conquistavano nello stesso anno le prime tre posizioni del podio, nonché Amazon, Facebook e China Mobile, a completare la rivoluzionaria “top 5”.

L’enorme crescita del valore delle compagnie ad alto impatto tecnologico è stata frutto – anche – dell’impegno dei Paesi ospitanti, che hanno investito sin dai primi anni Novanta nell’educazione accademica mirata sulle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Tale creazione massiva di competenze, correlata a un tessuto politico ed economico favorevole, ha rappresentato il valoro aggiunto per l’accelerazione dello sviluppo tecnologico dei due poli del globo, USA e Asia, che oggi, alla faccia del Vecchio Continente e della “preistorica” Italia, si contendono oltre il 90% delle compagnie tech a più alto valore. A proposito del nostro Paese, a conferma di tali dati, nel recente studio Diagnosing the Italian Disease di Bruno Pellegrino e Luigi Zingales (NBER Working Paper No. 23964, 2017 e 2019), si indaga sul perché la produttività del lavoro in Italia ha smesso di crescere proprio a metà degli anni Novanta. E dove emerge che non vi è alcuna prova che questo rallentamento sia dovuto alla concorrenza cinese, alle norme sul lavoro protettivo in Italia o alle istituzioni sempre più inefficienti. I dati, al contrario, suggeriscono che il rallentamento dell’Italia è stato più probabilmente causato dal fallimento delle sue imprese a sfruttare appieno la rivoluzione delle ICT (Information and Communication Technology). Da qui l’assenza di una imprescindibile educazione mirata della nuova classe manageriale e lavorativa.

Entro i prossimi due decenni il 90% di tutti i posti di lavoro afferenti al sistema sanitario richiederanno importanti competenze digitali

A questo punto però vale la pena farsi una domanda legittima. Perché parlare di sviluppo tecnologico, crescita delle compagnie hi-tech e formazione in un articolo che dovrebbe soffermarsi sul futuro della medicina? Ce lo spiega Nicola Marino, esperto del settore con periodo di formazione in intelligenza artificiale e big data alla Harvard Medical School e fondatore della startup Intech (Innovative Training Technologies – che sta per “Tecnologie di formazione innovative”). “Secondo quanto è emerso da ‘The Topol Review 2019’, la più grande revisione indipendente mai realizzata e prodotta dal National Health Service sul futuro della medicina, commissionata dal Governo inglese e curata da Eric Topol, uno massimi esperti al mondo di medicina digitale, entro i prossimi due decenni il 90% di tutti i posti di lavoro afferenti al sistema sanitario richiederanno importanti competenze digitali. Quindi non semplicemente l’uso di word o excel, bensì profonde conoscenze in merito a genomica, medicina digitale, intelligenza artificiale e robotica. Ecco quali saranno i pilastri della medicina del futuro, insieme ovviamente alle competenze medicali”.

In questo senso, abbiamo toccato l’argomento anche in Fuoco e fiamme, Baldini Castoldi 2019: dall’aumento delle performance in termini di capacità di calcolo dei dispositivi computerizzati alla riduzione dei costi a parità di volume, che hanno raggiunto livelli tali da fornire un enorme contributo alla biologia e alle scienze che descrivono i fenomeni della vita; fino a indagini del profilo genomico a basso costo, sensori per determinare parametri extra e intracorporei in tempo reale. Tutto ciò basato su un’infrastruttura composta da algoritmi di intelligenza artificiale per la gestione dell’enorme mole di dati prodotti.

Cos’altro va aggiunto sul futuro della medicina? “Secondo quanto descritto da Eric Schimdt, ex CEO di Google – aggiunge Nicola Marino –, durante un incontro al quale ho assistito presso le aule del MIT di Boston lo scorso novembre, il prossimo futuro vedrà un ulteriore cambiamento dell’assetto economico globale. I vincitori saranno coloro, privati e non, capaci di mescolare le più moderne conoscenze biologiche ai più avanzati strumenti tecnologici. Da qui, secondo Schmidt, lo spostamento della culla dell’innovazione globale dalla Silicon Valley alla costa est di Boston, con particolare attenzione all’unico, grande, competitor, la Cina”.

La culla dell’innovazione globale? Si sposterà dalla Silicon Valley alla costa est di Boston, con particolare attenzione all’unico, grande, competitor, la Cina

Entrando nello specifico, considerato che le morti per errori medici sono aumentate annualmente da 90.000 nel 1999 a 250.000 nel 2016 (fonte: John’s Hopkins), mentre le spese mediche aggiuntive dovute a complicanze mediche sono aumentate negli Stati Uniti da 17 miliardi di dollari nel 2008 a 20,8 miliardi di dollari nel 2016, aggiungendo inoltre che un chirurgo poco esperto provoca 2,5 volte più riammissioni, 3 volte più complicanze e 5 volte più morti rispetto ai chirurghi più performanti (fonte: Birkmeyer NEJM 2013), uno dei temi principali è appunto quello di ridurre al minimo l’errore chirurgico. Giusto? “Assolutamente sì. Benché datato, un rapporto del 1999 pubblicato dall’Institute of Medicine (diventato successivamente National Academy of Medicine), dal titolo To Err is Human (“Errare è umano”), riconosce le imperfezioni del processo decisionale umano e i limiti della conoscenza individuale del clinico come il più grande problema in medicina”.

E considerando che i medici in prima linea devono sintetizzare, interpretare e applicare una quantità sempre crescente di conoscenze biomediche derivanti da un tasso esponenziale di nuove scoperte, il quadro del futuro pare complicarsi… “È così e in questo senso è proprio qui che si inseriscono i prodotti dell’informatica in ambito biomedico di maggior valore per operatori e pazienti, ovvero per promuovere due processi fondamentali in medicina, quello della democratizzazione e dell’umanizzazione. Il primo che sia capace di fornire una qualità, dalla prevenzione al trattamento, passando per la diagnosi, grazie all’assistenza tecnologica, che sia il più possibile indipendente dal luogo e dalle capacità dell’operatore; il secondo come responsabile di valorizzare il rapporto umano medico-paziente delegando alle macchine i compiti a minor impatto intellettuale ed emotivo”.

Democratizzazione e umanizzazione, se suonano bene per la medicina del futuro, suonano altrettanto bene anche nella vita di tutti i giorni, oggi come domani!

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