Il bastone e la carotaIl libro di Odifreddi e Farinetti è un spot inutile. Leggete Forchielli e Mengoli se volete capire il futuro (e averne paura)

Il bastone e la carota. Un libro stroncato e uno elogiato alla settimana. Odrifreddi e Farinetti fanno presagire la disputa filosofica, e poi non fanno che reclamizzarsi (male) a vicenda. Forchielli e Mengoli ci fanno vedere il mondo del futuro. Che non sarà un eden

(Eugene Gologursky/Getty Images for Eataly Downtown)

Il bastone. Piergiorgio Odifreddi, testa fina, ha ragione, “la menzogna è la natura sia dei media, sia dei politici. Chi parla oggi di fake news come se fossero una novità, è un ingenuo o un mentitore”. Peccato però che alla congenita menzogna dei media, Odifreddi, “il matematico impertinente”, si pieghi, con beato ghigno e braghe all’aria. Il libro che ha firmato insieme a Oscar Farinetti, infatti, non è affatto, come strilla la ‘quarta’, “un duello filosofico dei tempi moderni” (fake news!). Nonostante il titolo tonante –Dialogo tra un cinico e un sognatore –, che fa sbalzare dalla tomba Platone e Leopardi in duetto, questo: a) non è un “duello” (a neanche metà del tomo comincia un imbarazzante valzer dei leccaculo, “per tutto il resto che hai scritto sono d’accordo”, ma noi hai ragione tu, macché la ragione è tutta tua etc.); b) non si tratta di un “duello filosofico”, nel senso che la “filosofia” c’entra nulla, piuttosto, è il Manuale delle Giovani marmotte in salsa Eataly, una insalatiera di stucchevoli, gastronomiche banalità (esempio: “l’essere giovani prescinde dall’età, il senso del futuro consiste nel pensare che ci sono ancora un sacco di cose da inventare, la tenacia ci consente di trasformare i sogni in realtà”; a questo punto, per galvanizzare gli zuccheri, appiccate il video di Ogni maledetta domenica in sottofondo, per lo meno Al Pacino, a recitare, è da Oscar, è meglio di Oscar, che poi in verità si chiama Natale); c) in realtà, questo non è neanche un libro, ma uno scambio di mail tra Odifreddi e Farinetti allo scopo, presumo, di far promozione a entrambi (nella Bibliografia finale, imbarazzante – perché citare in lingua testi altrimenti disponibili in italiano da decenni, da ere, come Guerra e pace o La tempesta? – i libri di Odifreddi superano quelli di Platone e di Darwin e di Joyce). Torno al punto c) e preciso: secondo me Farinetti, che ha scoperto il vizio narrativo, anzi, messianico – d’altronde, finanzia la Scuola Holden e non fa che citare Baricco, forse ha letto solo quello – ha preteso Rizzoli (che s’è inchinata a cotanto imprenditore) e Odifreddi, che si è prestato. Già, perché Odifreddi, al netto delle cretinate (dare dei “perdigiorno” a “Proust, Bergson e Heidegger”; mettere sullo stesso piano “Mosé, Cristo e Maometto” con “Lenin, Mussolini e Hitler” sotto la didascalia “grandi fanatici che pretendono di imporre a tutti le proprie paranoie, ideologiche e preconcette”; proporre, per risolvere le disparità sociali cioè economiche, di “requisire agli italiani la metà d[ei] risparmi” investiti in azioni e obbligazioni), dice quel che crede, è finanche divertente (“si fa tanto parlare di ‘salvare il pianeta’, come se i cambiamenti climatici prodotti dall’uomo potessero fare più che un po’ di solletico alla Terra”). Farinetti, invece, tira acqua al suo mulino, tira i consumatori dentro i propri opifici commerciali, altro che filosofia, ci racconta quanto è bravo lui, quanto è bravo suo papà, quanto è importante Eataly (“Nel 2012 il presidente Napolitano venne in visita al nuovo Eataly di Roma, abbiamo parlato a lungo”), quanto è bello lavorare per Eataly (patetica la storia, alle pp.205-207, di Raffaele, “che voleva fare carriera dentro Eataly” e oggi “è il direttore generale di tutte le attività di Eataly negli Stati Uniti”: e questo è un duello filosofico?), quanto sono buoni quelli di Eataly (“da Eataly in Italia lavorano duecentottantatré extracomunitari e più di trenta rifugiati politici, ottimamente integrati”), quanto è buono mangiare Eataly (“negli Eataly predichiamo di comprare di meno, invitiamo la gente a cercare cose che costano il doppio ma a comprarne la metà”). Duole, appunto, che a inchinarsi al cospetto di tale ‘spottone’ – per altro costoso: 17 euro al beota lettore – sia un intellettuale come Odifreddi, non certo un perdigiorno, non uno stupido, obbligato a sorbirsi le parabole paranoiche dell’imprenditore illuminato(“Abbiamo amato persone, ed è stato bellissimo”:qui imita Gio Evan, forse; “Siamo tutti Torri di Pisa… Se non pendesse sarebbe una delle tante belle torri italiane. Invece quella pende, pende ma non cade, dunque è imperfetta ma sa gestire la sua imperfezione”). Domandarsi perché Farinetti, al posto di ostinarsi a scrivere e a pensare, non stipendi poeti, filosofi, pensatori migliori di lui – d’altra decenza di quelli sfornati alla Holden, baraccopoli dei Bariccodipendenti – è inutile, Oscar predica bene poi razzola come più gli conviene. D’altronde, che sia culturalmente un salame lo si capisce quando dichiara, felice come un panzerotto, “immagina che degustare una mariola cruda della bassa parmense, presidio Slow Food, sia come leggere Guerra e pace, le prime due fette sono come le prime cento pagine di Tolstoj”. Insomma, Farinetti ci mette le fette di prosciutto sugli occhi, intimandoci, ma che cavoli leggi Tolstoj, idiota, leggere fa male al fegato, mangia quello che ti dico io, è più sano, e sii felice. In effetti, la pagina più bella del libro è l’esergo: Farinetti ci tiene tanto a leggere una poesia a Odifreddi. Lui lascia fare. Infine sbotta. “Scusami tanto, ma io preferisco Oscar Wilde”. Solo che al posto di leggere il divo Oscar, il pio Piergiorgio si è messo a chiacchierare con la sua contraffazione.

Piergiorgio Odifreddi & Oscar Farinetti, Dialogo tra un cinico e un sognatore, Rizzoli 2019, pp. 234, euro 17,00

Farinetti ci tiene tanto a leggere una poesia a Odifreddi. Lui lascia fare. Infine sbotta. “Scusami tanto, ma io preferisco Oscar Wilde”. Solo che al posto di leggere il divo Oscar, il pio Piergiorgio si è messo a chiacchierare con la sua contraffazione.

La carota. La saggistica, per sua natura, è un genere ibrido, spesso biodegradabile; la filosofia – se c’è mamma sophia– resta. Il libro di Odifreddi+Farinetti non rientra nella seconda categoria, l’ho detto, ed è la degradazione della prima. Insomma: se dovete acquistare un libro, che sia bello. Altrimenti, che sia utile. Riguardo a quest’ultima stazione, affidatevi a Fuoco e fiamme: titolo apocalittico, sottotitolo stucchevolmente giornalistico (“Tutto quello che non ti dicono e devi sapere sul mondo di domani”), autore di eccezionale autorevolezza, Alberto Forchielli, il Gengis Khan dell’economia, il samurai degli economisti. A differenza di Farinetti, che ha bisogno dei lacchè, Forchielli va a braccio con gli esperti: Fuoco e fiamme è il terzo libro – dopo Il potere è noioso e Muovete il culo!– che scrive insieme a Michele Mengoli (ma il suo nome è stato decapitato dalla copertina), giornalista che conosce il mestiere, cioè l’arte di comunicare in modo chiaro, senza vendere fumo o pigliare per il didietro il laconico lettore. Il libro, per capirci, fa poche chiacchiere e squaderna tanti, tantissimi fatti. Forchielli ci spiega, per dire, Perché il mondo sarà cinese (“Ogni anno in Cina si laureano sette milioni di giovani. Un numero enorme che eguaglia tutta la popolazione di Veneto, Trentino e Friuli… I cinesi che adesso noi in Italia, con miopia e provincialismo, vediamo come operai o commercianti figli di immigrati, saranno gli scienziati del futuro”), perché “possiamo immaginare da qui al 2050 un’età di pensionamento a 70 anni e oltre”, quali saranno i lavori del futuro prossimo (“Le occupazioni non di routine, sia cognitive che manuali, sono in costante aumento da diversi decenni. Le occupazioni di routine soffrono invece di stagnazione e volatilità durante il normale ciclo economico, soprattutto per la ciclicità delle industrie in cui queste occupazioni sono largamente impiegate. E i relativi tassi di disoccupazione confermano tale trend”), che ruolo hanno e avranno le intelligenze artificiali nella nostra vita reale (“a un certo punto, anziché imitare gli esseri umani, i sistemi automatizzati potranno andare oltre”), a che punto siamo con “la ricerca di una nuova Terra o pianeti simili”. Ciò che ho riassunto in modo assolutamente parziale (il libro è suddiviso 5 grandi porzioni, da “Geopolitica ed economia del futuro” a “Cibo, energia, Dna. Scenari tecnologici di domani”, per un totale di 60 capitoli) e decisamente banale, è approfondito con una vasta mole di dati, detti e nomi. Insomma, Forchielli ti fa da shuttle e da portantina – si chiama: “servizio” – tu, poi, prosegui la ricerca definendo il tuo personale futuro. D’altro canto, invece, per capire non che lavoro faremo ma chi siamo, il Parmenides Remastered di Nanni Cagnone, edito, in tomo di fiammante bellezza, per La Finestra Editrice. Qui, con perizia da monaco, di chi scuote pergamene e alfabeti purissimi in faccia alla catastrofe, il poeta traduce il filosofo di Elea e torna alla domanda essenziale dell’essere. “Ebbene, ti dirò… delle vie della ricerca, le sole pensabili. L’una – che è, e non può non essere… l’altra – che non è, e necessariamente è non-essere – la dico sviante e invero impraticabile”. Cagnone, che viene dal mondo nostro, interpretato, si rifiuta di farsi interprete: scrosta la lingua della ruggine che incancrenisce quelle parole antiche, ci lancia suggestioni forgiate nel bronzo, brandelli lirici, parole da masticare per la durata della notte. Questo, mi pare, il cuore della questione: “approfittare pacificamente dell’incomprensibile – invece di prodigarsi per capire, disporsi fieramente a contemplare. Sia pur esistendo, noi siamo”.In tali chiostri verbali, ci si salva un po’.

Alberto Forchielli & Michele Mengoli, Fuoco e fiamme, Baldini Castoldi 2019, pp.298, euro 18,00

Nanni Cagnone, Parmenides Remastered, La Finestra Editrice 2019, pp.94, euro 18,00

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