Satira spuntataRiecco Fiorello, la satira inoffensiva al servizio del potere (che ci farà rimpiangere Fazio)

È bravo. Fa ridere. Sa imitare. Ma è anche il perfetto comico inoffensivo che fa tanto comodo ai gialloverdi di Governo. Nel caso di un Fiorello che fa da sponda a Salvini il talento è un’aggravante

Quando c’è da scongiurare che il gioco si faccia troppo duro, ecco che in televisione, su Rai, ritengono opportuno convocare Fiorello, il più bravo, il più simpatico. Si guardano in faccia, convengono nell’uso dell’arma pop più palese, sollevano la cornetta e subito provano a supplicarlo, convincerlo a tornare in campo, ad affermare la modica quantità del banale consentito. Lo chiamano a depotenziare il tutto, possibilmente a disinnescare il pensiero, a neutralizzare il conflitto con le cazzate, a bonificare ogni intento eversivo. Lo convocano contando che l’uomo giunga presto lì a far ridere, cantare, imitare l’insignificante, come avviene di solito, che so, al cral aziendale, cose così, tranquille, genuine, simpatiche, roba che certamente piacerà, vuoi mettere, anche a un eccelso pensatore sul campo quale Matteo Salvini. Scommettiamo? Penserai forse che il “Capitano” non nutra celeste nostalgia per i contenuti davvero forti che il karaoke consegnava, per il calore ideale che solo un minigolf da villaggio vacanze può sprigionare?

Vera o improbabile che sia, la notizia giunta grazie a Dagospia dell’auspicato ritorno di Fiorello sotto la volta ufficiale di Raiuno, negli intenti e nell’immaginario populista del settimo piano di viale Mazzini 14, dovrebbe corrispondere, se non altro in termini emozionali, al sogno coltivato un tempo da quel connazionale che reputava d’entrare trionfalmente ad Alessandria d’Egitto su un cavallo bianco, magari innalzando anche la spada dell’Islam.
Lo so, il riferimento storiografico è eccessivo in tempi di grado zero culturale populista, tuttavia, nel nostro caso, si tratterebbe, e già la battuta ci ripugna, di Tornado, l’altrettanto esemplare cavallo di Zorro, in questo caso nero e perfino in grado di comprendere la lingua degli umani, portatore dell’intrattenimento più banalmente testato. Ossia la rassicurante modalità di normalizzazione del pensiero, cominciando dal carissimo amico della comicità stessa, depurata da ogni spigolo aguzzo. Apoteosi d’ogni sincero bar sport.

Fiorello, roba che certamente piacerà, vuoi mettere, anche a un eccelso pensatore sul campo quale Matteo Salvini

Intendiamoci, nessuno pensi che noi si voglia morire difendendo la trincea di Fabio Fazio, posto che Fiorello, si racconta, ne occuperebbe spazi e fasce orarie. Tuttavia, terribile a dirsi per chi detesti il ciocorì veltroniano, i contenuti e la lista degli invitati di Fazio, rapportati fin da ora al marsupio da baretto che giungerebbe con Fiorello, mostrano un simposio davvero impari, metti, tra “L’uomo in rivolta” di Albert Camus e l’Antani di “Amici miei”.
Così dico, e sento subito l’obiezione pop: sciacquati la bocca prima di nominare Fiorello! Sia detto con altrettanta franchezza, esiste perfino un pezzo di mondo disposto a reputare che in certi casi, soprattutto quando, come già detto, qualcuno lavora a evitare che il gioco si faccia troppo duro, magari per convenienza politica, proprio la presenza del talento si pone come un’aggravante, a maggior ragione quando è al servizio della banalità, del qualunquismo, del luogo comune.

Essendo siciliano, come l’uomo della provvidenza televisiva di Raiuno, reputo di conoscere le cose e il potenziale di cui stiamo ragionando, nel senso che so i pesi specifici politici e le misure d’ogni possibile battuta: semmai un doveroso “Suca!” risuonerà nel probabile show di Fiorello, certamente sarà una pallottola satirica spuntata, e invece, sì, che di gagliardi “Suca!” e perfino “Suca forte!” ne occorrerebbero a decine, e dei più acuminati, nell’attuale contingenza che sa di tanfo razzista e di arroganza propria dell’autoritarismo, per non dire di una deriva fascistoide.

Semmai un doveroso “Suca!” risuonerà nel probabile show di Fiorello, certamente sarà una pallottola satirica spuntata

Replay: nessuno ritiene che da Fabio Fazio e dall’inamovibilità permanente del suo “Che tempo che fa”, possano giungere irriducibili barricate contro lo stato presente delle cose, ma il nuovo, la sostituzione di quest’ultimo con il Benemerito Circo Fiorello prefigurerebbe, volendo trovare un’immagine plasticamente adeguata al nuovo corso, l’ulteriore controllo della piazza del consenso attraverso l’intrattenimento, anche dei più acefali. Giù in strada, le ronde di CasaPound e di Forza Nuova a impedire che i Rom possano superare l’uscio delle case popolari loro assegnate, e intanto i migranti ricacciati oltre la “linea del bagnasciuga”, esattamente così mentre in televisione fa ritorno il cazzeggio rionale, battute da muretto d’istituto alberghiero, assai meno d’arpionare le palle del compagno di banco con il manico ricurvo dell’ombrello tra l’ora di religione e l’ora di laboratorio di ristorazione sala bar. Mi ripeto ancora: affermare piccati: “… vuoi mettere in discussione il grande talento di Fiorello?”, tutto ciò appare un’aggravante, la conferma dell’affermazione del controllo sulle idee, sul pensiero, sulla dialettica stessa, repressione a mezzo della banalità, roba che potrebbe consociarsi con “le più belle frasi di Osho”.

Il semplice fatto che noi si sia qui, e che il mattino del giorno dopo l’arrivo di Fiorello su Raiuno, potremmo ritrovarci costretti a rimpiangere Fabio Fazio, basterebbe questo per immaginare Salvini lì pronto a supplicare un selfie a chi sappiamo, e questo perché Fiorello è bravo, perché Fiorello fa ridere, perché Fiorello sa imitare, perché ha sempre la battuta pronta, la battuta e il selfie nero che, possiamo starne certi, mai sfiorerà l’orrore che il non meno simpatico Salvini sta consegnando al Paese, compresa quell’aria mefitica di razzismo e xenofobia e subcultura securitaria che tanto piace alla gente che “Fiorello? Numero 1!”

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