Vero le europeeTra i due litiganti, il terzo sparisce: ecco perché Salvini e Di Maio ci hanno già fregati tutti

Hanno occupato lo spazio del governo e dell’opposizione, discutendo su qualunque cosa. Il risultato è che l’opposizione non ha avuto voce, e di Europa (per davvero) non ha parlato nessuno. Missione compiuta

Miguel MEDINA / AFP

Alla fine ce l’hanno fatta. Sognavano una campagna elettorale per le europee del genere e alla fine l’hanno ottenuta. Il duo Salvini-Di Maio, al di là delle baruffe chiozzotte che regalano ogni giorno ai giornali, è riuscito ad arrivare a una settimana esatta prima del voto senza dover parlare di nulla di significativo, se non trascinando la questione italiana su chiave europea e usare l’Europa come referendum su se stessi in chiave nazionale. Contenuti zero. Proposte reali zero. Dibattiti sul ruolo dell’Europa, sia pure sul suo funzionamento, zero. Proposte che caratterizzassero le diverse candidature, zero.

Un silenzio tombale su tutto il periodo elettorale. Anzi, no, un chiasso infernale del governo che è anche al tempo stesso la sua unica incredibile opposizione, con i due litiganti che ogni giorno hanno occupato lo spazio che di solito si riserva alle minoranze quando uno dei due vicepremier ha deciso di attaccare l’altro e ha ottenuto risposta. La mossa geniale di chi se le dà di santa ragione mentre è in scena e poi torna a fare pace, stringere accordi e stendere strategie nella solitudine del camerino. Hanno fatto sia il governo che l’opposizione e ovviamente hanno occupato lo spazio di entrambi mentre l’opposizione (quella vera, in Parlamento) non ha potuto che assistere alle dispute quotidiane prendendo le parti ora di questo e ora di quello illudendosi di essere parte attiva del gioco e invece di fatto relegandosi all balconata con i suoi strilli, gli applausi e i fischi.

Questa campagna elettorale per le elezioni europee, probabilmente la più importante campagna per intervenire in tempo su temi fondamentali come la riconversione ecologica, l’equità fiscale e molto altro, è stata la più muta delle campagne elettorali che si sia mai vista. Chi si impegna a provare a dire qualcosa o a esporre un programma rigoroso risulta un marziano che usa un vocabolario incomprensibile per i più e perfino gli slogan mancano di fantasia, i manifesti sono smunti, le foto fuori fuoco, come una qualsiasi campagna di un qualsiasi paesino di provincia.

Hanno fatto sia il governo che l’opposizione e ovviamente hanno occupato lo spazio di entrambi mentre l’opposizione (quella vera, in Parlamento) non ha potuto che assistere alle dispute quotidiane prendendo le parti ora di questo e ora di quello

Le tribune elettorali (che ormai hanno share microscopici) si sfilacciano stanche tra chi ci dice più sovranismo o più Europa senza nemmeno troppa convinzione, come se il problema non sia capire cosa possa fare (o raccontare cosa ha fatto) l’Europa per noi ma adagiandosi comodi sugli slogan strategici dettati da Salvini. Nei video dei candidati, che ogni tanto sbucano sui social, c’è un marasma di casta e di onestà e di prima gli italiani come se fossero le elezioni regionali per la Lombardia e i temi su cui sta dibattendo il mondo qui da noi arrivano di sguincio per dirci (in prima pagina, ovviamente) quanto ci stia simpatica o antipatica la portatrice o il portatore di questa o quella risposta.

Siamo sempre stati abbastanza provinciali alle elezioni europee, diciamocelo: abbiamo sempre usato Bruxelles come parcheggio di sepolcri imbiancati che non si aveva più il coraggio di mettere in lista qui da noi, pronti a svernare per qualche ora con le cuffiette in testa e una manciata di alzate di mano. Ora è peggio. Molto peggio. Ora le elezioni europee sono la sagra della trippa di chi non ha trovato posto in Parlamento oppure sono diventate il parcheggio delle giovani promesse che hanno perso l’ultimo giro. Però poi mi raccomando: lamentiamoci di sentire l’Europa lontana o incomprensibile, apriamo centinaia di sottoscrizioni per contestare qualche decisione e armiamoci di cartelli. Qui siamo professionisti della cura, mica della prevenzione. In tutti i campi.