Viaggio in EuropaBenvenuti a Dresda, dove l’estrema destra si è presa tutto (e adesso vuole allearsi con la Cdu)

Dresda e Hoyerswerda sono solo due esempi di luoghi dove l’estrema destra dell’AfD, dell’Ndp e di Pegida hanno forte presa in Germania. Ma fra discorsi nazionalisti e lo spettro di una xenofobia retaggio della DDR, c’è ancora chi resiste. In attesa delle elezioni (europee e non)

Oliver Killig / dpa / AFP

Dresda è una città pulita e ordinata, silenziosa. Quasi impossibile immaginarsi che qui, nel febbraio del ’45, le bombe degli Alleati siano cadute a tonnellate, uccidendo decine di migliaia di persone. Ma forse ancora più impensabile che la nuova destra nazionalista tedesca sia potuta germogliare proprio in quella che un tempo era una delle città più importanti della DDR, la Germania dell’Est, quello Stato socialista che prometteva laicità, uguaglianza e lavoro per tutti. Nemmeno la Wiedervereinigung, la riunificazione del 1990, avrebbe potuto riavvicinare quello che di fatto era stato per più di quarant’anni uno Stato separato, diverso in tutto, al Paese dall’altra parte del Muro.

Si dice che sia stato proprio per via di questa separazione che i cittadini dell’ex Germania dell’Est, in questa Sassonia che pure è sempre stata un Land importante, abbiano maturato un sentimento di sconfitta, sentendosi cittadini di serie B agli occhi della Madre Germania. È sulla frustrazione della gente che l’estrema destra qui ha iniziato a costruire, soffiando sulle paure e le fragilità della gente, fomentando le più basse pulsioni, forse di invidia verso il benessere altrui, sicuramente di gelosia verso la propria identità di “tedeschi autentici”.

Pegida, il movimento ultranazionalista, xenofobo e anti-islamista tedesco, è nato proprio qui, e fino a non molto tempo fa le sue manifestazioni e i suoi comizi arrivavano a raccogliere fino a 20mila persone. La furia si è forse ridotta, ma non significa che l’ideologia abbia avuto meno presa sul territorio. Anzi: insieme all’Alternative Fur Deutschland e l’NPD, il Partito nazionaldemocratico, ancora più estremo nelle sue posizioni rispetto all’AfD e dichiaratamente fascista, si è intrufolata all’interno delle cariche e delle strutture pubbliche, istituzionalizzandosi.

«In Sassonia sono già passati molti anni dalla prima spinta di estrema destra: l’NPD è entrato nel governo regionale già due volte prima del 2014 (la Sassonia è stato il primo Land tedesco ad aprire le porte al partito neonazista nel 2004, ndr)», spiega Stefan Schönfelder, che lavora con la Heinrich-Böll-Stiftung, una fondazione progressista ed ecologista che regolarmente organizza eventi e dibattiti su temi politici. «Abbiamo sempre avuto una forte componente di elettori di estrema destra, tra il 10 e il 15%, ma con la nascita di Pegida questa percentuale è cresciuta ancora, fomentata dalla discussione sui richiedenti asilo».

«Discorsi che qualche anno fa sarebbero stati etichettati come di estrema destra sono entrati a pieno titolo nel dibattito politico e sono stati totalmente normalizzati. Perciò l’AfD si sente in diritto di difendere posizioni estremiste»


Stefan Schönfelder

Se nell’ultima tornata elettorale l’AfD aveva preso solo il 10%, le prossime elezioni comunali e regionali, programmate a stretto giro dopo le europee del 26 maggio, potrebbero vedere aumentare il peso dell’estrema destra, arrivando a toccare il 26%. Se così fosse, i cristiano-democratici della CDU, ancora di maggioranza da queste parti, potrebbero vedersi costretti a formare una coalizione proprio con l’AfD. A quel punto il panorama politico acquisterebbe toni ancora più cupi e pericolosi: una mina vagante al governo della Sassonia rischierebbe infatti di destabilizzare la stessa Berlino, con potenziali ricadute persino a livello internazionale.

La possibilità è concreta, le conseguenze enormi: «Negli ultimi cinque anni c’è stato un cambio forte nell’atmosfera politica che si respira qui. Discorsi che fino a qualche anno fa sarebbero stati etichettati come di estrema destra sono entrati a pieno titolo nel dibattito politico e sono stati totalmente normalizzati. Perciò l’AfD si sente in diritto di difendere posizioni estremiste», spiega Schönfelder.

In questo contesto le elezioni europee, malgrado siano le più sotto data, non possono essere considerate un vero banco di prova. «In generale i risultati delle europee sono sempre più sbilanciati a sinistra e sono poco rappresentativi della situazione locale», puntualizza Schönfelder. «È veramente imprevedibile sapere come andrà, perché riceviamo quotidianamente segnali discordanti tra loro. Ma se le elezioni comunali a Dresda dovessero avere risultati positivi in termini di una riduzione del peso dell’AfD, sarebbe un segnale positivo anche in vista delle elezioni regionali».

Anche a Hoyerswerda, cittadina di 30mila abitanti a una manciata di chilometri da Dresda, il clima è teso. Il luogo è famoso per essere stato il teatro, nel settembre del 1991, di una vera e propria caccia all’immigrato. Qui, 27 anni fa, un gruppo di neonazisti prese di mira prima alcuni venditori ambulanti, poi un ostello dove risiedevano alcuni lavoratori africani, per finire con un attacco accompagnato da lanci di Molotov ad alcuni appartamenti che ospitavano richiedenti asilo. Quattro giorni da incubo che negli anni hanno segnato fortemente la nomea della cittadina, «anche se Hoyerswerda è cambiata molto e in positivo nel tempo», racconta Henri Müller, un ragazzo della sezione giovanile della Die Linke, la Sinistra tedesca, candidato alle elezioni comunali. «Il lavoro antifascista che viene fatto qui è molto importante, oggi siamo molto più aperti al mondo, e anche verso gli immigrati la gente non è più così violenta come un tempo».

Se in Germania il 20% della popolazione ritiene che ci siano troppi immigrati nel paese, in Sassonia questa percentuale sale al 60%

Anche i richiedenti asilo, che nel ’91 se n’erano dovuti andare a bordo di pullman per sfuggire alla possibilità di ulteriori violenze, sono ritornati. «In totale se ne contano circa 600 in città», dice una giovane attivista che per diverso tempo ha lavorato sull’accoglienza dei migranti. Il numero costituisce una minoranza assoluta sul totale della popolazione, ma ciò non toglie che la loro presenza sia vissuta in maniera estremamente negativa: se in Germania il 20% della popolazione ritiene che ci siano troppi immigrati nel paese, in Sassonia questa percentuale sale al 60%. Non stupisce quindi che a Hoywerswerda l’AfD abbia preso il 30% alle ultime elezioni, anche se perlopiù «ormai qui vivono solo anziani», racconta ancora l’attivista.

Se al tempo della DDR la cittadina contava oltre 70mila abitanti ed era un importante centro industriale, dopo la riunificazione la popolazione si è dimezzata. Oggi la disoccupazione è all’11%, una cifra di per sé non esagerata. Ma comunque «trovare lavoro è difficile, qui è il problema principale», puntualizza l’attivista. E se ad andarsene sono soprattutto i giovani, ancora più preoccupante è che a fare le valigie siano anche molte donne, statisticamente più istruite e indipendenti rispetto agli uomini. Al punto che nella regione si è iniziato a parlare di una vera e propria “crisi del mercato affettivo”: di fronte ad un crescente numero di maschi soli, la presa sulla popolazione di una cultura dell’intolleranza e dell’odio assume contorni ancora più definiti.

Difficile prevedere come andranno le elezioni, alla fine. Tra la gente c’è tanta attesa, ma anche tanto timore: qui una vittoria della destra xenofoba metterebbe a rischio più che altrove il quieto vivere delle persone. E anche molto di più. «Io credo che ci sia un’urgenza di soluzioni politiche radicali per risolvere le disuguaglianze sociali che esistono qui», ammette Schönfelder. Una Sassonia metafora dell’Europa? Chissà. Quel che è certo, è che se i nazionalismi si assomigliano dappertutto, l’argine all’ascesa delle destre deve essere ugualmente unitario. «Serve una visione ampia e soluzioni forti in termini di tassazione e di proprietà privata. È per questo che oggi si discute tanto di un reddito di base universale o del contenimento delle grandi proprietà. Servono posizioni politiche che osino buttarsi al di là della siepe e che siano davvero radicali, soprattutto a sinistra». L’ottimismo, insomma, per ora è meglio tenerselo in tasca. Occorrono mani libere. Ché prima di rimboccarsi le maniche per rifare l’Europa, qui c’è una bomba a orologeria da disinnescare.

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Questo articolo è stato scritto in collaborazione con Transeuropa Caravans, un progetto di European Alternatives. In vista delle elezioni 2019 del Parlamento europeo, un gruppo di giovani attivisti è in viaggio attraverso quindici paesi europei a bordo di cinque carovane per raggiungere i luoghi di lotta e resistenza oltre i confini nazionali in difesa dei diritti fondamentali, incontrando direttamente i cittadini europei, raccogliendo le loro storie e mobilitandosi insieme per promuovere i loro diritti elettorali e la partecipazione in tutta Europa