Quesiti linguisticiDai vegetariani ai flexitariani, la Crusca spiega cosa si mette nel piatto

Non esistono solo vegetariani, vegani e carnivori. Le sfumature, nelle scelte alimentari, sono molte di più. L’Accademia della Crusca spiega parola per parola

Tratto dall’Accademia della Crusca

È a partire dal XIX secolo che diete, regimi e abitudini alimentari, dettati dai motivi più disparati (etici, igienico-salutistici, religiosi, ecologici, socioeconomici, pacifisti, antispecisti o, semplicemente, di gusto), hanno generato e continuano a generare lunghe catene lessicali, fra sinonimi, varianti e forestierismi (pescetariano, flexitariano, semivegetariano, melarismo ecc.). Cerchiamo pertanto di mettere ordine in un viluppo di parole particolarmente intricato.

Nell’ambito della scienza della nutrizione (nutrizionistica), la scelta alimentare di coloro che escludono categoricamente carne e pescedalle proprie tavole è racchiusa in un’unica parola: vegetarianismo. Secondo la letteratura scientifica, il sistema vegetarianocomprenderebbe al suo interno una serie di diete, tutte accomunate dall’esclusione di prodotti carnei e ittici, ma ciascuna con una selezione personalizzata di alimenti; ne deriva una pluralità di termini tanto numerosa quanto diversificata in base ai cibi previsti. Di seguito proponiamo una tassonomia riassuntiva (a fronte dei diversi tentativi di classificazione indicati dalle principali organizzazioni scientifiche, quali la “Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana”, la “Società Italiana di Nutrizione Umana” o la “Academy of Nutrition and dietetics”):

  • latto-ovo-vegetarismo (LOV): alimentazione che consente il consumo di prodotti derivati da animali vivi, quali latte, latticini, uova, miele;
  • latto-vegetarismo (LV): dieta che ammette latte, latticini e miele, ma esclude le uova;
  • ovo-vegetarismo (OV): dieta che elimina latte e prodotti caseari;
  • veganismo (VEG): tipo di alimentazione che prevede il consumo di cibi unicamente vegetali (frutta, verdura, cereali, semi, legumi), con esclusione di qualunque prodotto di derivazione animale;
  • fruttarismo: modello alimentare basato sul consumo esclusivo di frutta.

Da qualche decennio, tuttavia, rispetto alla terminologia scientifica in uso fra gli esperti di alimentazione e di nutrizione, il linguaggio comune non adopera più vegetarianismo come vocabolo iperonimo, ossia come contenitore di veganismo e fruttarismo, ma usa distinguere le tre macrocategorie: da un lato, si serve di vegetarianismo per riferirsi esclusivamente al sistema dietetico che, pur eliminando la carne, prevede un consumo abituale di alimenti di derivazione animale; dall’altro, di veganismo e fruttarismo per indicare i modelli dietetici che escludono qualsiasi prodotto di provenienza animale. Il restringimento semantico è presto spiegato: col tempo i regimi alimentari che rinunciano completamente a latte, latticini, uova e miele hanno riscosso sempre più successo, fino a conquistare piena autonomia concettuale e, di conseguenza, nomi del tutto indipendenti.

In realtà, il flusso di parole legato al mondo dell’alimentazione ha una portata ben più elevata rispetto a quella emersa finora; ci interessa, allora, esplorare tali nomi e ripercorrerne la storia dei significati.

Vegetariano, vegetarianismo, vegetarianesimo, vegetarismo, vegetarianamente, veg, veggie, vegetarista

Iniziamo proprio da vegetariano: in qualità di aggettivo o di sostantivo, il vocabolo designa ‘che (o chi) si nutre di soli cibi vegetali e non fa uso di carne, ammettendo tutt’al più l’uso di alimenti di derivazione animale, quali le uova e il latte’ (Zingarelli 2019). Con tale accezione, stando al GDLI e al DELI, il termine sarebbe comparso per la prima volta nel 1860 in un’opera del medico e antropologo Paolo Mantegazza, intitolata “Sulla America Meridionale. Lettere mediche”. Vi è poi un’altra duplice accezione di vegetariano che, usato come aggettivo (es. ricette vegetariane), può significare ‘a base di vegetali, ed eventualmente di latte, latticini, uova, con esclusione delle carni’ (Garzanti 2017) oppure ‘riservato ai vegetariani’ (GRADIT), come nel caso di ristoranti, eventi, alberghi vegetariani.

Quanto al nome astratto che indica questo tipo di alimentazione, conosciamo tre varianti del tutto equipollenti: vegetarianismo, vegetarismo e vegetarianesimo. Quest’ultima forma, che si è diffusa molto più tardi (ultimo trentennio del Novecento) rispetto alle prime due (ultimo trentennio dell’Ottocento), si trova lemmatizzata solo nel GRADIT; in più edizioni del dizionarioGarzanti, invece, vegetarianesimo si rintraccia curiosamente nella definizione di carnivorismo, ma non è posto a lemma; i numeri del web, infine, ci dicono che la forma in -esimo (125.000 occorrenze)risulta più frequente di quelle in -ismo (98.500 risultati per vegetarianismo e 75.300 per vegetarismo).

Alla stessa famiglia lessicale appartengono l’avverbio vegetarianamente(registrato dal GRADIT e dal Garzanti 2017) e l’accorciativo di matrice inglese veg (‘vegetariano’), ugualmente attestato dai maggiori vocabolari. Un altro anglicismo in circolazione, ma finora presente solo nei dizionari bilingui inglese-italiano, è veggie (o veggy), termine “informale” o “colloquiale” per ‘vegetariano’; in verità, veggie viene adottato in italiano sia col significato di ‘vegetariano’ sia con quello di ‘vegano’, se non addirittura come unica parola per comprendere entrambe le categorie.

Aggiungiamo alla lista vegetarista, una forma non registrata nei vocabolari, ma rintracciabile nell’uso, specialmente nei contesti in cui si intende sottolineare, tramite il valore del suffisso -ista, il carattere tendenziale della scelta alimentare, alla stregua di animalista, ambientalista, idealista, riformista. Ecco un esempio:

Di conseguenza la pressione degli animalisti è rivolta verso soluzioni di tipo vegetarista o quantomeno verso un minor consumo di carne e di proteine animali […].

(Silvana Castignone, Enciclopedia delle scienze sociali, 1993, s.v. Diritti degli animalidell’Enciclopedia Treccani online)

Per quel che concerne l’etimologia, è affermata la derivazione divegetarianodall’inglese vegetarian – esito dell’unione di vegetable (‘verdura, ortaggio’ o ‘vegetale’) col suffisso –arian – e quella di vegetarianismo dall’inglese vegetarianism;oltre all’origine inglese, non va peraltro trascurato l’influsso che le forme francesi végétarien e végétarisme hanno esercitato sulla nostra lingua, come segnalano il GRADIT e il DELI.

E chi è vegetariano “a metà”?

L’inesauribile produttività della lingua ha generato ben quattro espressioni per designare ‘chi o che segue un’alimentazione prevalentemente ma non esclusivamente vegetariana, quindi con consumo occasionale di carne, pesce e proteine animali’:

  • semivegetariano (registrato dal GRADIT e dal GDLI)
  • flexitariano o flexitarian (attestato dal Garzanti 2017 e presente fra i Neologismi 2012 della Treccani)
  • vegetariano flessibile (calco della voce inglese flexitarian, non entrato in lessicografia)
  • reducetariano (ad oggi solo fra i Neologismi 2015 Treccani)

In questo gruppo menzioniamo un altro vocabolo ancora, accolto da più dizionari (GRADIT, GDLI, Devoto-Oli 2018, Vocabolario Treccani online) e riservato a una tipologia alimentare più specifica: parliamo dei pescetariani, cioè di ‘chi esclude dalla propria alimentazione i cibi di origine animale, ad eccezione del pesce e dei frutti di mare’ (Devoto-Oli 2018); non rara, fra l’altro, la forma pesco-vegetariano, che, benché non accolta in lessicografia, mostra una discreta penetrazione nella letteratura scientifica nonché nella sitografia specifica (una ricerca sul web restituisce 12.239 occorrenze della parola).

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