Nel segreto dell’urna elettorale hanno scelto la Lega di Matteo Salvini. Ma in tasca conservano la tessera della Cgil. Il sindacato rosso di Maurizio Landini è in preda a uno sdoppiamento di personalità. Dalla manifestazione del 9 febbraio in poi, leader, lavoratori, pensionati sono scesi in piazza diverse volte contro il governo e il «Ministro della paura», e il 14 giugno i metalmeccanici torneranno a scioperare. Ma quasi il 40% degli iscritti alla Cgil sostiene i partiti dell’alleanza populista gialloverde. Con una impennata della Lega alle ultime europee, che ha raggiunto il 18,5%. E un gradimento per Matteo Salvini che tocca ormai il 44%. Più di Luigi Di Maio, sceso al 39%, ma meno del premier Giuseppe Conte, che nella Cgil registra un gradimento del 58%, ben sopra la media nazionale.
I dati li ha presentati Ipsos all’interno della Scuola di alta formazione dei pensionati dello Spi Cgil. Nel complesso, viene fuori che tra i cgiellini il Pd e la sinistra mantengono sì il primato con quasi il 58%, ma il 38,4% dei tesserati all’ultima tornata elettorale europea si è diviso tra il Carroccio (18,5%) e i Cinque Stelle (19,9%), facendo registrare un travaso dai grillini alla Lega rispetto alle ultime politiche. Quando i pentastellati tra gli iscritti al sindacato rosso avevano raggiunto il 33%, mentre la Lega si era fermata al 10.
La famosa “cinghia di trasmissione” del sindacato con il partito di riferimento a sinistra si è interrotta da tempo. Le battaglie sindacali nascono e restano confinate nei luoghi di lavoro. E al di fuori c’è chi attacca il Capitano e chi – tessera della Cgil in tasca – lo sostiene nella politica dei porti chiusi e del “prima gli italiani”. Qualcuno la spiega così: scelgono i più duri nell’offerta sindacale, la Cgil, e i più duri in politica, la Lega. D’altronde era già successo che negli anni Novanta molti operai della Fiom del Nord votassero la Lega.
Ognuno, giustamente, nel sindacato vota chi vuole. Ma qui c’è in ballo anche una questione identitaria e lo sfaldamento dei valori del sindacato di sinistra per eccellenza. Qualcosa nella comunicazione con gli iscritti, insomma, non torna, se la “sinistra sinistra” che Landini rappresenta rimane sotto il 5%, mentre un quinto degli iscritti sceglie i partiti del centrodestra con la Lega che cresce sopra il 18.
Finora si è scelto di non andare allo scontro nei luoghi di lavoro per paura di perdere iscritti. Abbiamo lasciato fuori la questione valoriale concentrandoci sulla pratica sindacale. I dirigenti ora devono decidere cosa vogliono fare, se aprire lo scontro o no. Noi siamo per aprirlo
Già l’ex segretaria Susanna Camusso, dopo una brevissima luna di miele con i grillini, era scesa in campo per attaccare il governo. E lo stesso ha fatto il successore Landini, dopo che nella Fiom in tanti avevano dichiarato di votare per i Cinque Stelle. Ma lo spostamento degli operai rossi verso le lande della destra leghista sta avvenendo sotto traccia, senza alcuna presa di posizione interna del segretario, che non manca mai – dalle piazze e in tv – di attaccare Salvini. «Finora si è scelto di non andare allo scontro nei luoghi di lavoro per paura di perdere iscritti», ammette Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi Cgil. «Abbiamo lasciato fuori la questione valoriale concentrandoci sulla pratica sindacale. I dirigenti ora devono decidere cosa vogliono fare, se aprire lo scontro o no. Noi siamo per aprirlo».
Anche perché dai sondaggi effettuati da Ipsos, viene fuori come la campagna elettorale dei partiti di governo abbia fatto breccia eccome tra gli iscritti alla Cgil. Se è vero che oltre un terzo (33%) pensa che l’Italia stia andando nella direzione giusta e che nei prossimi mesi ci sarà un miglioramento della situazione economica, sia personale sia del Paese in generale. D’altronde, a guardare l’analisi dei flussi elettorali, viene fuori che il 40,3% degli operai, il 30,7% dei pensionati e il 33,4% dei dipendenti pubblici nell’urna ha scelto il Carroccio.
E se i pensionati nel sindacato di Corso d’Italia rappresentano lo zoccolo duro dei valori di sinistra che si stanno via via sfilacciando, è anche vero che tra una fetta di loro, soprattutto nei piccoli centri, la propaganda leghista anti-immigrati ha fatto breccia. Anche se poi in piazza, a protestare contro quota cento, ci sono andati lo stesso. Il Salvini social ha intercettato il disagio molto più delle invettive di piazza di Maurizio Landini, che sui social network è quasi del tutto assente.
«Non è un fenomeno nuovo. Già in passato abbiamo assistito, nella Pedemontana lombarda ad esempio, ai flussi di voto da Rifondazione Comunista alla Lega», spiega Luca Comodo di Ipsos. «I delegati del Nord della Cgil oggi ci dicono: “Perché devo accettare di avere la concorrenza dei lavoratori che non hanno i miei stessi diritti in Paesi dove non è neanche garantita la libertà di organizzazione sindacale? Non voglio ridurmi in quelle condizioni”. In quest’ottica, i dazi sono ben visti. Con un ragionamento così, è facile votare Lega. La globalizzazione non favorisce tutti, e la sinistra l’ha capito ben dopo la destra». Ma non c’è contraddizione: «La Cgil continua ad avere un ruolo di rappresentanza, una funzione concreta nei luoghi di lavoro». Il sindacato resta confinato nelle fabbriche, senza incidere più sui valori e le idee politiche, insomma. Ora sarà Maurizio Landini a decidere se tenersi in casa gli operai i leghisti, con indosso quella felpa rossa a lui tanto cara.