Dovrebbe essere una forma di sapere condiviso, una di quelle cose che l’umanità conosce dalla notte dei tempi e si trasmette, di generazione in generazione, all’infinito. E invece no. Perché l’arte di lavare le verdure, nonostante possa apparire una operazione semplice, si evolve insieme alle tecnologie, le abitudini e, in effetti, alle verdure stesse. Richiede, insomma, una certa expertise.
Per fortuna c’è il Washington Post, che dedica un attento articolo a questo problema. Le verdure, spiega, non sono tutte uguali. E per questo motivo non vanno tutte lavate e pulite allo stesso modo.
Prima di tutto, bisogna pulire le mani. È una ovvietà, ma sono sempre le ovvietà quelle che vanno ribadite.
Dopodiché, si passa alla verdura. Va fatta passare sotto un flusso gentile di acqua, togliendo a mano tutte le impurità (terra, insetti, foglie secche) che si possono depositare in mezzo. Per le carote o le patate si consiglia di usare una spazzola, anche rigida.
Le verdure con le foglie, invece, richiedono un trattamento diverso. Acqua corrente, per cominciare. Poi è meglio metterle a bagno in un catino. In quel frangente occorrerà togliere le parti più esterne (cioè quelle più ricche di batteri), mentre quelle più interne, man mano che vengono tolte, vanno immerse e pulite. Alla fine si resterà sorpresi di quanto sporco rimarrà nel fondo del catino (e che, a prima vista, non si sarebbe potuto nemmeno immaginare).
Altri due avvertimenti sono degni di nota: mai lavare le verdure appena arrivati a casa e poi metterle in frigo (ma chi lo fa?). È sempre preferibile pulire tutto prima della preparazione e della cottura. E se si vuole essere pignoli, anche ridare una lavata prima di servire in tavola è sempre una buona pratica.
Lo stesso, infine, va fatto anche con la frutta con la buccia. Non importa che quello che si mangerà sarà solo la polpa: anche nel processo di pelatura o sbucciatura, che avviene con il coltello, c’è il rischio che qualche batterio finisca per caso nel posto sbagliato. E sarebbe un peccato, oltre che un problema.