Col palco a metàLigabue, il re è nudo. E senza pubblico

Con la Friends and Partners di Ferdinando Salzano prosegue la pratica di vendere biglietti a pochi euro pur di riempire gli stadi. Al concerto di Ligabue, per esempio, il palco è persino stato spostato per farlo sembrare più pieno. Se i numeri non ci sono, non sarà il caso di scegliere altri spazi?

da un video di Ligabue

Scena prima

Stadio Meazza di Milano. Quello che tutti chiamano San Siro, dal nome del quartiere milanese che lo ospita. Succede diversi anni fa, e stavolta in scena non c’è un concerto rock, come invece è capitato abbastanza spesso negli ultimi tempi. Si gioca al calcio. Questa è la Scala del Calcio, del resto. Si sta giocando il derby d’Italia, tra l’altro, una delle partite più attese in ogni campionato. Nella Juventus gioca un giovane talento, Miccoli. È uno bravo col pallone tra i piedi, bassino e anche per questo avvantaggiato, come Maradona ci ha dimostrato. Sta correndo palla al piede, a centro campo. Ha di fronte Javier Zanetti, l’argentino è già il capitano dell’Inter. Lo punta e gli fa un tunnel. Lì a San Siro. Poi torna indietro e gliene fa un altro. Due tunnel nel corso della stessa azione. Se qualcuno ricorda la reazione di Nedved quando, durante una partita del cuore, Moreno, il rapper, gli ha fatto un tunnel, ben può capire quanto subire un gesto del genere sia umiliante. Subirne due, nel proprio stadio, da un piccoletto con alle spalle una carriera decisamente meno importante è qualcosa che si avvicina, credo, alla lesa maestà. Cosi deve pensarla Zanetti, che ferma Miccoli e gli fa semplicemente segno di no con la mano. Non dice niente, fa solo segno di no. Come a dire: così non si fa. Non si può. Poco dopo Miccoli viene sostituito.

Il sottotetto di questa prima immagine è che di fronte a chi ha un passato importante, e che magari al momento è meno prestante fisicamente, più lento, o semplicemente meno forte, ci si deve a volte saper fermare. Non umiliare l’avversario, anche se di avversari nel caso specifico non ce ne sono.

Poi, è chiaro, sono il figlio di uno juventino che avrebbe voluto chiamare mio fratello maggiore, nato nel 1961, Omar, in omaggio a Sivori. Uno che non solo si divertiva a umiliare gli avversari a suon di tunnel, ma che per farlo e per farlo bene, volendo anche dimostrare di non avere paura, non portava mai i parastinchi, e aveva sempre i calzettoni calati alle caviglie. Come dire, se mi volete fermare a calci eccomi, ma non ho paura di voi.

Scena seconda

Sanremo, 2019. Sta andando di scena la sessantanovesima edizione del Festival di Sanremo. La seconda targata Claudio Baglioni. Quella passata alla storia, anche e soprattutto grazie a chi scrive come l’edizione del conflitto di interessi di Baglioni, come l’edizione di Ferdinando Salzano, da qui in poi divenuto tristemente personaggio pubblico. Avete letto tutti le nostre inchieste, visti i servizi di Striscia la Notizia, quelli di Pinuccio e poi di Max Laudadio. Ora sapete bene di cosa si trattava.

Sul palco arriva uno degli ospiti del Festival, anche lui rockstar del Friends and Partners di Salzano, Luciano Ligabue. Deve promuovere il suo album, Start, e, di qui il lievissimo conflitto di interessi, un tour negli stadi che andrà di scena in giugno. Qualcosa di imponente, sulla carta. Ligabue entra sul palco vestito da re, con tanto di corona e ermellino, seduto su un trono, mentre in sottofondo c’è l’epica We Will Rock You dei Queen, tornati in gran spolvero dopo il film di Singer. Qualcosa di imponente, anche ironico, immagino, che sottintende come lui sia il re del rock. Il re degli stadi, anche, visto che di quello si deve parlare, del suo tour negli stadi, vero motivo della telepromozione gentilmente offerta a Salzano da Mamma Rai. Il re.

Verrebbe da dire che forse se non si è tirato fuori un album degno sarebbe meglio fare spazi più piccoli, i palasport

Scena terza

Da ieri gira un meme. O una meme, non ho mai capito se è al maschile o al femminile. C’è una fotografia dall’alto dello stadio San Nicola di Bari, durante il concerto di Luciano Ligabue. Il concerto del 15 giugno 2019, prima data dello Start Tour. Si vede qualcosa di insolito. Il palco, imponente, è posizionato dopo la linea del centrocampo. Quasi a ridosso della curva. Guarda verso la curva. Il pubblico, pochetto, sta appunto nella curva, un po’ nel prato sottostante, e giusto in un pezzettino delle tribune. Non esattamente un pienone. La frase che accompagna la foto dice “Siam quelli là, siam quelli là… quelli col palco a metà.”. Fa il verso chiaramente a un classico del rocker di Correggio, Quelli tra palco e realtà. Sotto la foto c’è un’altra frase: “Salzano senza biglietti omaggio”. Fa riferimento a quanto da tempo raccontato, ora divenuto di pubblico dominio anche grazie a Pinuccio e Striscia la Notizia, la pratica di regalare biglietti in massa, di venderli a cinquanta centesimi pur di riempire spazi inquietantemente vuoti. A vedere la foto e le scritte fa ridere. Ma credo che Ligabue e Salzano non abbiano riso molto.

Scena quarta

La prima dello Start Tour non è andata bene. Così ci dicono le cronache. Nei giorni precedenti il concerto era cominciata a circolare voce tra addetti ai lavori che la prevendita del concerto, come di tutto il tour, non stesse andando bene. Infatti il palco è stato spostato abilmente, nonostante fossero stati venduti biglietti anche per le tribune numerate. A far sapere che la cosa non era andata come previsto sono stati propri coloro che aveva acquistato quei biglietti, che una volta arrivati allo stadio poco prima dell’inizio del concerto, forti di un biglietto numerato, si sono visti dirottare nel resto degli spalti, dove i posti non erano numerati, finendo per seguire il concerto da lontano, scomodi. Nonostante avessero pagato biglietti più costosi, per altro. La risposta che si sono sentiti dare è che sul sito di Ticketone c’era scritto, ma evidentemente chi ha già comprato un biglietto non è tenuto a controllare il sito su cui ha comprato il biglietto. Non funziona così. La gente si è incazzata, e ha scritto brutte cose sui social. Hanno fatto foto, che hanno generato meme. Si parla di poco più di quindicimila biglietti, su un totale circa di cinquantamila posti. E vedere un palco gigantesco di fronte a una curva e poco più, è davvero uno spettacolo triste. Verrebbe da dire che forse se non si è tirato fuori un album degno sarebbe meglio fare spazi più piccoli, i palasport. O farne meno. Perché gli spazi vuoti sono brutti da vedere. Chiaro, poi viene il sospetto che quando quegli spazi non erano vuoti era anche per via di quella pratica lì, ma io non voglio credere che Gianluca Vialli sia diventato grosso e capace per il doping, la giustizia sportiva non ha mai confermato questa teoria, anzi. Ma il dubbio resta. E in tutti i casi il flop è evidente.

Uno pensa a Ligabue vestito da Re. E poi pensa a Platini che si è ritirato a trentuno anni, all’apice della carriera, senza aver mai sudato durante una partita, ma anche senza aver fatto figure di merda

Scena quinta

Sta per partire il tour di Laura Pausini e Biagio Antonacci, sempre targato Friends and Partners, vedi Ferdinando Salzano. A riguardo girano esattamente le stesse voci. Circa centomila biglietti venduti su quasi quattrocentocinquantamila emessi. Biglietti fuori anche a 29 euro, eh. Recentemente diversi tour targati F&P hanno visto date saltare, da Raf e Tozzi a Gigi D’Alessio e Nino D’Angelo, passando per Achille Lauro. I biglietti hanno prezzi piuttosto bassi, fatto che va decisamente contro corrente. Laura Pausini e Biagio Antonacci non sono neanche lontanamente Javier Zanetti. Per dire.

Scena sesta

Non Stop.

Start.

Mah.

Scena settima

Uno pensa a Ligabue vestito da Re, la corona, l’ermellino, il trono gigante. Poi pensa a quel meme. O a quella meme, non ho mai capito. Pensa ai biglietti regalati, ai tour dopati, ai tour non più dopati, ai flop. Pensa a Miccoli che umilia Zanetti, a Zanetti che lo ferma. E poi pensa a Platini che si è ritirato a trentuno anni, all’apice della carriera, senza aver mai sudato durante una partita, ma anche senza aver fatto figure di merda. Platini, lo chiamavano Le Roi, il re.

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