Chi si lamenta delle stravaganze della moda di oggi dovrebbe guardare a quelle del mondo medievale. Cosa è mai il risvoltino (ormai, per fortuna, avviato al tramonto) rispetto alle punte della “poulaine”, la scarpa di Cracovia, che divenne famosa nell’Europa del tardo medioevo?
Non si capisce perché ma verso la metà del XIV secolo prese piede questo nuovo tipo di calzatura: una sorta di babbuccia, spesso di velluto ma a volte di cuoio, caratterizzata da una punta lunghissima, imbottita e tenuta in piedi da un fanone (sì, un dente di balena o affini) che veniva legato sotto al ginocchio.
Non si capisce come sia possibile, ma la scarpa “inventata” in Polonia (a contatto con il mondo mediorientale) si diffuse nella corte del ducato di Borgogna e da lì nel resto dell’Europa che contava, fino a diventare un capo obbligatorio in Inghilterra. Neppure si capisce perché la punta cominciò a essere allungata sempre di più, fino a raggiungere i 15 centimetri. I governanti si trovarono costretti a fare delle leggi per porre dei limiti (poi ci si lamenta delle zucchine e l’Europa), ma nulla poterono, neppure loro, contro l’uso di portare scarpe dal colore diverso che, peggio ancora, si incrociavano con il colore diverso dei calzini, in una sorta di chiasmo estetico terribile.
Certo, alcune spiegazioni a tutto questo ci sono. Per esempio, la punta lunga rappresentava uno status symbol. I ricchi, attraverso la sua lunghezza, rendevano chiaro anche il loro livello di benessere. Fatta per impedire i movimenti, dimostrava che il proprietario non avesse bisogno di faticare e muoversi in fretta, grazie alle sue ricchezze. Era un segnale immediato che, all’epoca, chiunque avrebbe saputo cogliere.
In ogni caso, se il Medioevo vede, di solito, un approccio sobrio alla moda, la poulaine rappresenta un’eccezione. Come si scrive qui, forse la ragione di questa esuberanza va cercata negli eventi che hanno preceduto la sua diffusione, cioè nella pestilenza che aveva decimato l’Europa. “La peste aveva lasciato dietro di sé un mondo di persone in lutto. Queste scarpe, con la loro bizzarria, legate come erano alla moda e alla disponibilità monetaria, rappresentavano una terapia per la scomparsa improvvisa di 25 milioni di persone”, spiega Jackie Keily, curatore del Museo di Londra.
Oppure, evitando la psicologia spicciola, erano morte solo quelle che avevano gusti buoni.