Sindacato verdeIl popolo dei metalmeccanici: “La vecchia politica ci fa schifo, l’ultima speranza è Salvini”

La rabbia dei metalmeccanici del nord Italia di Cgil, Cisl e Uil che scioperano e si radunano a Piazza Duomo a Milano per protestare contro il sistema: "Abbiamo avuto molta difficoltà a portare i lavoratori in piazza. Gli operai ci dicono che questo governo ha fatto meglio degli altri"

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MILANO – Da dieci minuti una turista giapponese cerca di farsi un selfie con alle spalle il Duomo di Milano, ma non ci riesce. Le bandiere rosse, blu e biancoverdi le rovinano lo sfondo della foto. Avrà un gran da fare perché sventoleranno per tutta la mattinata. Ad agitarle sono i metalmeccanici piemontesi, lombardi e veneti di Cgil, Cisl e Uil. Sono arrivati da tutto il nord Italia per protestare contro “il sistema”. Quando sono partiti da Porta Venezia erano molti di più. Ora riempiono a malapena la parte centrale di piazza Duomo. Non sono tanti, ma fanno rumore. C’è Andrea che con una precisione scientifica suona un clacson amatoriale che ha attaccato a una carriola in legno. Pigia il bottone ogni volta che un sindacalista parla sul palco. «Me la sono portata da Vicenza, c’ho messo tre settimane a farla. C’è anche il porta birre». Ci fidiamo, ma lo apriamo per scrupolo. È vuoto, fa caldo. Che parli Camusso, Landini o Bentivogli non fa differenza. Andrea suona comunque. C’è frustrazione, mascherata da goliardia. Ormai alla vecchia politica non ci crede più nessuno. Lo scollamento tra operai e “sistema” è sempre più ampio.

«Il sindacato è stato estromesso e saltato un po’ da tutti i governi che si sono susseguiti in questi ultimi cinque, dieci anni», dice Roberto T., metalmeccanico di Belluno. Qualcuno improvvisa Bella Ciao. C’è chi si aggrega e canta ma più per nostalgia che per fede politica. «Abbiamo avuto molta difficoltà a portare i lavoratori in piazza oggi. Lo sciopero l’hanno fatto e lo hanno capito. Però gli operai ci dicono che questo governo per ora ha fatto meglio dei precedenti» spiega rassegnato Bruno che lavora alla Electrolux di Susegana, in provincia di Treviso. «Ci sono tanti operai anziani nella nostra fabbrica e avevano l’impressione di non riuscire ad andare in pensione fino a 67 anni. La storia di Quota 100 oggettivamente tra i lavoratori ha fatto presa. Accusano noi delegati di essere stati troppo fermi quando gli altri governi hanno tolto tanto mentre adesso stiamo mobilitando quando in verità nel Palazzo fanno meno danni». Indossa una maglia con scritto “Potere al popolo”. Non serve chiedergli per chi ha votato, ma basta un piccolo sondaggio per capire che la maggioranza dei metalmeccanici in piazza non la pensa come lui.

Non manifestiamo per mandare a casa al Governo ma per fargli capire che magari alcune cose non ci piacciono. Chi prova può anche sbagliare ma almeno ci prova. Non bisogna stare immobili, statici

«Salvini mi piace, seguo la sua idea. Non tutti quelli che arrivano a quel punto lì possono dire le vere idee che hanno. Quindi non so se ce la farà ma fin quando dà battaglia lo voto», dice Luca che lavora alla Iveco di Bolzano e realizza veicoli per l’esercito. «È giovane, non c’ha novant’anni come Berlusconi. Ci ha rotto le scatole la vecchia politica», gli fa eco Eusebio, collega più anziano. Ci fermiamo all’ombra delle palme di piazza Duomo. Fa ancora caldo ma la musica non cambia. I vecchi politici non piacciono, l’ultima speranza per i metalmeccanici è Salvini. «La sua politica è schietta, dice quello che pensa e stop», riassume Giovanni, giovanissimo operaio bresciano.«Ieri sera ho visto una sua intervista dove diceva: “c’hai il permesso di soggiorno bene, non c’è l’hai e lavori irregolarmente fuori”. Io la penso come lui e non sono razzista ci mancherebbe, ho amici stranieri e tutto quanto».

Eppure la manifestazione è stata indetta contro la politica del Governo. Quando lo ricordiamo, nessuno si scompone. «Non è che ce l’abbiamo con la Lega ma con il sistema. Almeno lui ci prova. Non manifestiamo per mandare a casa al Governo ma per fargli capire che magari alcune cose non ci piacciono. Chi prova può anche sbagliare ma almeno ci prova. Non bisogna stare immobili, statici», dice Davide delegato Cisl di Cuneo. La promessa è quello di non rallentarlo perché sennò perde il treno per casa. Lo accompagniamo per un tratto di strada, a passo svelto. Con la sigaretta sul lato della bocca, ha la pazienza di farci capire un concetto ovvio per loro, che i mass media non capiscono: perché i metalmeccanici votano Salvini: «Bisogna affidarsi a l’ego dei politici. Più loro hanno ego, più hanno voglia di dimostrare chi sono e provano a far qualcosa di buono. Sì ma ora non farmi tardare o mi porti tu in spalla a Cuneo». Obbediamo e lo lasciamo andare.

Il vocabolario dei metalmeccanici in piazza Duomo ha due significati per la parola “Governo”. Vuol dire “Lega” quando se ne parla bene, “Movimento Cinque Stelle” quando ne si elencano i fallimenti.

Il vocabolario dei metalmeccanici in piazza Duomo ha due significati per la parola “Governo”. Vuol dire “Lega” quando se ne parla bene, “Movimento Cinque Stelle” quando ne si elencano i fallimenti. «Ho votato il M5S solo due volte in vita mia: la prima e l’ultima», dice Patrizia prima di prendere la metro per tornare in stazione centrale, «Di Maio non è sincero, non è esperto». Due frasi secche più efficaci di un editoriale. «Il Movimento 5 Stelle aveva fatto belle proposte in campagna elettorale ma non le ha attuate. Non può mettere sullo stesso piano gli Agnelli e gli operai. Deve scegliere o noi o loro» dicono in coro alcuni operai che vengono dalla provincia di Verbanio-Cusio-Ossola: «Dobbiamo imporre a questi signori che venga mantenuto quello che hanno promesso. Cioè niente flat tax perché vuol dire regalare soldi e non rispettare la Costituzione. La base degli operai deve tenere il cappio al collo del Movimento 5 Stelle», nessuna menzione per la Lega.

«Prendi una pizza compagno» dice Vincenzo S, facendoci vedere una torta di Pasqua. Lavora alla Fontana Sodecia di Chivasso. Pizzetto, testa rasata tranne un codino sulla testa, maglia dei Cccp. Sembra di essere usciti dalla macchina del tempo, ma giuriamo: non è il 1998. Anche Vincenzo si è rotto della vecchia politica che promette e non risolve. Fa pezzi per automotive, lavora per Volvo ma non ha preso bene il mancato accordo tra Fca e Renault. «Questo manager americano si è venduto le azioni ma non si capisce perché non ci sia stata questa fusione. Il problema nostro è che Fiat non c’ha commesse. Ha promesso piani industriali che non ha mai mantenuto». C’è invece chi li difende: «Purtroppo il governo non può farci nulla per colpa delle regole europee. Forse questa è una di quelle regole che bisognerebbe togliere perché ogni governo ha piacere che le proprie aziende riescano a reggere sul mercato. Macron in realtà ha bloccato tutto perché fa gli interessi dei francesi», spiega Daniele, di Brescia.

Sono le 13.30, la piazza si è svuotata di metalmeccanici. Al loro posto sono tornati i turisti, giapponesi e non, contenti di potersi fare un selfie senza bandiere né operai intorno. Davanti al piccolo palco, rimane ritto un signore con la bandiera della Cisl in mano. Si chiama Tamar Essa, viene dal Gambia e lavora in una fabbrica di Lecco dal 2005. «Salvini come persona mi piace. Non è male, è nazionalista. Fa bene per il suo Paese, lavora per migliorare la sicurezza». Ecco, un altro ennesimo metalmeccanico convertito sulla via di Bellerio. Sarebbe un testimonial perfetto per la Lega. Immaginiamo già Luca Morisi, il responsabile della comunicazione di Salvini, postare trionfante questa dichiarazione sulla pagina Facebook del leader della Lega. Ma Tamar ci interrompe la suggestione. «Mi piace Salvini ma voto il Pd perché, mi piace la democrazia». La sinistra riparte da Tamar Essa?

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