Le correnti? Tramano da sempre. Le relazioni tra magistratura e politica? Un fatto ovvio. Ma la polemica che ha travolto negli ultimi giorni il CSM (Consiglio superiore della magistratura) ha superato le dimensioni dello scandalo fino ad assumere le fattezze di uno scontro, durissimo, tra correnti. «Ma non lasciamoci impressionare», dice Carlo Nordio, ex magistrato e autore de La stagione dell’indulgenza e i suoi frutti avvelenati (edizioni Guerini, 2019), noto per le sue indagini su Mani Pulite, sulle Brigate Rosse venete e, negli ultimi anni, sul Mose a Venezia. «Ci sono stati in passato scontri anche più cruenti». Quello che è certo è che la crisi di questi giorni «rappresenta una nemesi storica per la magistratura».
Tutto comincia con l’inchiesta della procura di Perugia sul potente magistrato Luca Palamara, ex consigliere del Csm ed ex presidente Anm, accusato di corruzione per una serie di regalie che avrebbero influito sull’esito di alcune sentenze. Informato per vie traverse dai colleghi, avrebbe allora cercato di bloccare l’indagine cercando di influenzare le nomine della procura di Perugia.
L’indagine, attraverso la diffusione del contenuto di alcune intercettazioni ambientali «nemmeno periziate», sottolinea sempre Nordio, ha fatto emergere un intreccio di relazioni, frequentazioni e accordi da parte di altri esponenti del Csm con alcuni politici (il nome più noto è quello di Luca Lotti, ex ministro dello Sport con Matteo Renzi) per decidere sulle nomine dei più importanti incarichi nella magistratura (tutte cose che, va detto, non c’entrano con il caso di Palamara ma che contribuiscono a gettare discredito sulla categoria). Allo scandalo seguono le dimissioni di un consigliere, indagato, e l’autosospensione di altri quattro, finiti nelle intercettazioni: tre sono espressione di Magistratura Indipendente, uno di Unicost. Come era immaginabile, la faccenda scatena una guerra tra correnti, tra chi – come Piercamillo Davigo, di Autonomia e Indipendenza, di stampo “giustizialista” – chiede le loro dimissioni, con un conseguente ribaltone al Csm e chi, come il capo di Magistratura Indipendente, auspica un loro ritorno al lavoro.
Una crisi, segnata dalla guerra tra le correnti e quella che, secondo Nordio, è una pura e semplice «nemesi storica. Una “vendetta” per l’uso spregiudicato delle intercettazioni. Si ritorce contro quelli, cioè i magistrati, che in passato ne hanno fatto un uso esorbitante». E questa dinamica si riflette «nelle lotte interne tra le correnti, che emergono sempre, in queste situazioni, attraverso le intercettazioni».
Nel caso di Luca Palamara è stato un Trojan, un virus installato sul telefono che ha registrato tutto quanto percepiva nelle circostanze.
Ma vale sempre. Non è un caso che appena prima dell’elezione degli organi della magistratura si verifica una impennata delle loro telefonate. Un fatto evidente, che sarebbe riscontrabile osservando i tabulati telefonici. Gli accordi, le conversazioni, avvengono in modo ufficiale, lo sanno tutti.
Niente di nuovo sotto il Sole, quindi.
Da sempre le candidature esprimono una volontà anche politica. Le correnti da sempre sono contigue ai partiti, e in questo senso nelle notizie degli ultimi giorni non c’è niente di nuovo – a parte la diffusione delle intercettazioni, o meglio del contenuto di alcune intercettazioni nemmeno periziate. È una cosa che mi indignava quando accadeva in passato, quando sui giornali venivano pubblicate le intercettazioni sui politici. Ma che mi indigna anche adesso. Per i magistrati è una nemesi storica, una vendetta della storia.
Lei intende dire che la diffusione di queste intercettazioni ha qualcosa di sospetto?
Sono sempre sospette, in tutte le indagini. Vanno usate solo dopo essere state periziate. Sono strumenti che, lo dico da sempre e lo ripeto nel mio ultimo libro, hanno un potenziale enorme, perché mancano del contesto e, in generale, anche del tono. Come si può capire, senza l’intonazione, se una frase viene detta sul serio o per scherzo?
Ogni partito una corrente. Ma la Prima Repubblica è scomparsa mentre le corrent ci sono ancora. Hanno perso molto del loro “colore” politico e ideologico rispetto a prima, ma si sono mantenute come centri di potere: decidono loro
È così strano che un magistrato incontri e frequenti un politico, anche “nottetempo” come in questo caso?
Nel caso di Luca Lotti il problema è che è indagato dalla procura di Roma per il caso Consip e si incontra con un membro di quella procura. Ma, in generale, come si può impedire che un magistrato incontri un indagato, dal momento che quasi la metà dei rappresentanti delle istituzioni lo è?Altra domanda, allora: perché è scandaloso che il Csm abbia una connotazione politico, dal momento che sono le correnti che propongono i candidati?
La politica è entrata nella magistratura negli anni ’70. Alcuni giovani magistrati hanno introdotto una interpretazione della legge che fosse Costituzionalmente orientata, cioè di stampo “progressista”. Va detto che, fino a quel momento, prevaleva una impostazione più conservatrice. Ebbene, questa dinamica si è evoluta fino a rappresentare anche tra i magistrati, in modo simmetrico, la suddivisione dei partiti di allora: Magistratura Indipendente esprimeva i cosiddetti laici, Magistratura Democratica era una corrente di sinistra, Unità per la Costituzione (Unicost), di tipo centrista. Ora sono quattro, ma l’archiettura rimane la stessa. Nel frattempo la Prima Repubblica è scomparsa ma le correnti sono ancora qui. Hanno perso molto del loro “colore” politico e ideologico rispetto a prima, ma si sono mantenute come centri di potere: decidono loro.Da loro dipendono le carriere dei magistrati?
È consequenziale, sono gli eletti del Csm che decidono le sorti dei matistrati stessi. Ma non vuol dire, però, che per i ruoli più rilevanti vengano privlegiati i peggiori, purché fedeli. Scelgono comunque persone preparate, rigorose e competenti. Bravi, insomma, ma targati.Si possono acquisire crediti politici attraverso le sentenze?
No. Le sentenze semmai donano notorietà, se sono importanti, ai magistrati. E questo li aiuta in un momento in cui scelgono di farsi eleggere, cioè di dedicarsi alla vita politica. Un’altra cosa su cui sono sempre stato contrario.Contrario ai magistrati che entrano in politica?
Sì. Anche a me, adesso che non sono più in attività, lo hanno chiesto, ma mi sono sempre rifiutato. È una cosa che i giudici, a mio avviso, non dovrebbero fare mai: né quando sono in attività né quando hanno terminato la loro carriera.Perché?
È ovvio che una candidatura non si costruisce in 24 ore. Se un giudice, una volta dismessa la toga, sceglie di fare politica, inevitabilmente rivela che anche prima, cioè quando aveva la toga, aveva intrapreso contatti, accordi, frequentazioni con esponenti di partiti e non solo. Questo getta un’ombra sul suo operato del passato, cioè fa sorgere il sospetto che fosse orientato anche durante il suo servizio.Allora lei dà ragione al ministro dell’Interno Matteo Salvini che critica i magistrati che in pubblico e ai congressi di corrente (appunto) si dichiarano contrari alle leggi che lui propone.
Diciamo che un magistrato che critica in pubblico una legge fatta da un politico non deve indignarsi se un politico critica in pubblico una sua sentenza. Entrambe le cose sono, secondo me, sbagliate.Torniamo al Csm: si può attenuare l’influenza della politica nella sua attività e nella sua composizione?
Sì, con il sorteggio.In che senso?
Estraendo a sorte i magistrati che lo compongono. Questa opzione, osteggiata con forza da quei rappresentanti più sensibili al potere, viene rigettata con il solito argomento “lei si farebbe operare da un passante, etc etc”. Che però non vale, per almeno due motivi. Il primo che è il sorteggio, dal punto di vista giuridico, è presente da tempo nel nostro ordinamento, per cui non è affatto improprio. Il secondo è che non sarebbero affatto dei “passanti”: il canestro da cui si andrebbe a scegliere sarebbe qualificatissimo, cioè composto da membri della Cassazione, componenti dei Consigli dei vari Ordini regionali, o professori universitari di alto prestigio. Questo annullerebbe ogni intreccio della politica.Però allora servirebbe anche una riforma della Costituzione.
Potrebbe servire. Il problema è che anche la politica non ha la volontà, o il coraggio, di portare avanti questi disegni di riforma. Così la magistratura non sarà mai indipendente dalla politica. E peggio ancora, non sarà mai indipendente nemmeno da se stessa.