Milan l'è on gran MilanEnrico Bertolino: “Le Olimpiadi a Milano? Bisogna festeggiare poco e lavorare subito”

Il comico milanese: "I milanesi borbottavano anche quando hanno assegnato l'Expo 2015. Ma è un borbottio sano, propositivo. Non si defilano: criticano ma lavorano. Il nuovo Stadio? Quando Milan e Inter vinceranno la Champions, così passeranno anni"

FABRICE COFFRINI / AFP

«Ivana, fai ballare l’occhio sul tic: via della Spiga, Hotel Cristallo di Cortina: 2 ore, 54 minuti e 27 secondi». Nessun atleta olimpico batterà il record del cumenda interpretato da Guido Nicheli nel primo cinepanettone Vacanze di Natale, ma non importa. Milano e Cortina ospiteranno le Olimpiadi invernali del 2026 e questo fa felici tutti gli italiani. Ma ancora di più i milanesi che hanno un altro motivo per vantarsi della loro città così diversa dal resto della Penisola. Milano è sempre di più il luogo dove accadono le cose importanti. Si è dimostrata più unita e tenace di Torino, ha vinto dove Roma non aveva neanche tentato ed è sempre più il simbolo di un’Italia ben amministrata, connessa con l’Europa e che guarda al futuro. Dopo Expo 2015 si prepara a un altro evento in grado di cambiare il volto della città. Per questo abbiamo chiesto a un milanese doc, Enrico Bertolino, cresciuto nel quartiere Isola, cosa ne pensa di questa vittoria. Da buon milanese, ha le idee chiare: «Bisogna festeggiare poco e lavorare subito».

Addirittura, da qui al 2026 ce n’è di tempo.
Adesso stappano la bottiglia, bevono un Campari col bianco. Poi però ci si deve mettere a lavorare perché da qui al 2026 sembra tanto ma son solo sette anni. È stato un percorso difficile ma le due città hanno creato un’offerta vincente. La proposta è valida, adesso bisogna realizzarla. Abbiamo un vantaggio enorme davanti a noi e non solo per Milano. Penso all’indotto per Cortina d’Ampezzo e la rivalutazione della Valtellina che ha vissuto da poco dissesti idrogeologici.

Come accoglieranno i milanesi l’arrivo delle Olimpiadi?
Borbottando. Fino al 2026 ci si lamenterà dicendo “Ma siamo in pianura, che c’entrano le montagne, il palazzo del ghiaccio costa, non ci sarà parcheggio”. Non fateci caso: i milanesi borbottavano anche quando hanno assegnato l’Expo 2015. Ma è un borbottio sano, propositivo. I milanesi non si defilano: criticano ma lavorano. È un po’ il diritto al mugugno dei Navigli.

Cioè?
Quello che facevano i camalli (scaricatori di porto, ndr) genovesi che lavoravano sui Navigli. Dicevano: “Se mi fate bestemmiare e imprecare, potete anche pagarmi di meno”. La maggior parte di loro tra l’essere pagati di meno e mugugnare oppure ricevere qualcosa in più ma stare zitti, sceglievano sempre la prima. Il borbottio fa parte di noi milanesi. Lo si vede anche in altri campi.

Tipo?
Per esempio l’immigrazione, i problemi della città, la sicurezza. I milanesi dicono sempre che le cose non vanno bene ma poi sono gli abitanti di una delle città più tolleranti e inclusive d’Italia e una delle sedi più attive del volontariato.

Prima dell’Expo però Milano era considerata una città decadente.
Sì, quell’evento ha cambiato tutto. La mentalità c’era già, Milano è abituata ai cambiamenti, ma erano fatti in modo disorganizzato. Dal successo di Expo deriva la credibilità e l’affidabilità che ha Milano oggi. È partito un piano regolatore della buona volontà. Lo spiego anche quando faccio formazione manageriale: si può avere buona volontà ma se non ci si coordina è fatica buttata.

Sala e Zaia si sono coordinati bene, nonostante le differenze politiche.
Non solo, Sala non è cugino del presidente del Coni Giovanni Malagò, né nipote del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, ma festeggiava con tutti per il risultato raggiunto. Quando ci si è divisi si è visto che le cose non funzionano. Guardate tutta l’area Expo che poteva essere messa a servizio in tempi brevi, o la mancata assegnazione dell’Agenzia europea del Farmaco. Uniti si vince. E Milano l’ha capito. Siamo in controtendenza rispetto al resto del Paese.

Costruiamo lo stadio nuovo quando l’Inter e il Milan vinceranno la Champions League. Così dovranno passare un po’ di anni prima che succeda.


Enrico Bertolino

Perché Milano è così diversa dal resto d’Italia?
Siamo stati dominati da tutti. È vero che tutte le strade portano a Roma, ma son passati tutti da Milano. Son venuti i francesi e hanno saccheggiato tutto, son passati gli spagnoli e ci han lasciato la peste, gli austriaci invece ci hanno lasciato una cotoletta. Ognuno ha portato qualcosa della propria cultura e i milanesi l’hanno recepito sempre. Borbottando, ma hanno tratto sempre qualcosa dall’invasore.

Anche lo stacanovismo?
Sì, ma nel weekend il milanese non lavora. Abbiamo fatto le cinque giornate di Milano perché nel fine settimana ci si riposa. Non avremmo mai potuto fare due mesi di rivoluzione come i francesi perché il venerdì pomeriggio dobbiamo andare al lago. Però quando lavoriamo siamo critici e severi, soprattutto con noi stessi. E questo valore il sindaco Beppe Sala lo incarna benissimo: è pragmatico.

Quindi c’è un vataggio culturale rispetto alle altre città.
Di attitudine. Ma c’entra anche il mecenatismo locale. Palermo fu resa grande dalla famiglia Florio che spese tanto per la città la rese e la capitale della Moda. Ora Milano per fortuna non è più la fiera campionaria: ci sono tanti eventi. Dalla settimana della moda a quella del mobile si crea un indotto che rende viva la città. Ma non è tutto rose e fiori: bisogna fare attenzione.

A cosa?
Agli appalti, all’assegnazione dei terreni, alle tante magagne che si possono creare. La magistratura vigilerà perché non è che la ‘ndrangheta è venuta a fare la gita a Milano. Ma sono fiducioso, voglio pensare agli aspetti positivi. Anche se ci sono cose da fare. Non si possono fare tre ore e mezza di coda per raggiungere una valle bellissima come quella della Valtellina.

La magistratura vigilerà perché non è che la ‘ndrangheta è venuta a fare la gita a Milano


Enrico Bertolino

Aspettando il 2026 c’è anche un altro problema per interisti e milanisti. I presidenti di Inter e Milan vogliono abbattere San Siro per fare un nuovo stadio.
Sala per fortuna l’ha stoppato perché non possiamo farci trovare alle Olimpiadi con lo stadio demolito. Poi a parte la cerimonia di apertura, a meno che non vogliano fare hockey su prato non penso si possano organizzare lì attività sportive invernali. Dopo i Giochi Olimpici e paralimpici possiamo ragionare. I cinesi dell’Inter e gli americani del Milan dovrebbero un po’ frenare le loro giuste ambizioni e lasciare un po’ maturare questo successo dell’Italia per capire quali prospettive aprirà. San Siro al momento non è pericolante né pericoloso. Se prima eliminassero i cori razzisti sarebbe più facile e meno costoso.

Che ricordi ha di San Siro?
Ci vado sempre. Quando giocavo da piccolo andavo a vedere tutte le partite perché il presidente della scuola calcio dove giocavo ci dava i biglietti. Ho visto le grandi partite dell’Inter del Triplete come il 3 a 1 al Barcellona, ma anche le sconfitte più stupide come il 3 a 1 dell’Udinese. Gioie e sofferenze. Il Meazza evoca la malinconia, la nostalgia, le luci a San Siro di Vecchioni. Vediamo cosa succede. In fondo anche il Colosseo l’hanno lasciato come monumento. Non mi pare dentro lottino ancora i gladiatori. Va bene il progetto, bisogna crescere. Le nuove proprietà sono lungimiranti. Ecco, lungimiramo: non pensiamo di fare uno stadio in sei anni.

E tra quanto allora?
Facciamo così, costruiamo lo stadio nuovo quando l’Inter e il Milan vinceranno la Champions League. Così dovranno passare un po’ di anni prima che succeda.

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