Pizza ConnectionLa più grande vittoria di Milano-Cortina 2026? Tenere fuori la ‘ndrangheta dagli appalti

I grandi eventi, soprattutto quelli portati avanti in “regime di emergenza”, fin troppo spesso sono sinonimo di infiltrazione mafiosa. È successo, nemmeno troppi anni fa, in occasione di Expo: per evitare che la criminalità organizzata si prenda una fetta di torta, sarà d’obbligo muoversi per tempo

Philippe LOPEZ / POOL / AFP

Due grandi eventi nel giro di undici anni: Expo nel 2015 e le olimpiadi invernali del 2026. In realtà contando il periodo preparatorio dell’esposizione universale si dovrebbe partire la conta dal lontano 2008 e dire che Milano vive di fasi preparatorie ormai ininterrottamente da undici anni e continuerà a farlo per i prossimi sette. Sette anni, lo stesso periodo intercorso tra l’aggiudicazione di Expo e l’apertura dei cancelli del primo maggio 2015. Un tempo che pare lunghissimo ma, insegna proprio l’esposizione universale, non lo è: le lotte intestine tra Comune e Regione, un tempo guidate dagli amici nemici Letizia Moratti e Roberto Formigoni, portarono Expo a essere un grande evento portato avanti in regime di «emergenza». Una pacchia per le mafie.

La stessa logica dei grandi eventi cari al periodo berlusconiano che hanno partorito mostri come i mondiali di nuoto di Roma, i mondiali di ciclismo di Varese e il G8 della Maddalena poi spostato per convenienza all’Aquila. Gestioni che hanno portato a regimi commissariali, poteri speciali, deroghe. Proprio come nella gestione di una calamità naturale, dunque di una vera emergenza, i cosiddetti grandi eventi in Italia hanno avuto poco di virtuoso e lasciato in eredità molto a commissari e delegati, poco alla cittadinanza e una bella fetta all’occorrenza al palazzinaro di turno (a Milano, pardon, da qualche tempo preferiscono definirsi “sviluppatori”). Non è passato inosservato nelle redazioni milanesi che il primo comunicato stampa a circa un minuto dalla vittoria di Milano-Cortina sia stato quello della holding Risanamento, proprietaria dell’area di Milano-Santa Giulia (dove sorgerà l’arena da 15 mila posto PalaItalia), uno dei quartieri cattedrale nel deserto della periferia, eredità della stagione dell’immobiliarista Luigi Zunino.

Al gran tavolo dell’emergenza l’imbucato al party è il crimine organizzato

Dunque ci si augura che le olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2016 non siano accomunabili alle catastrofi naturali e che dunque con sette anni di tempo, ricordiamo di nuovo, gli stessi che hanno separato l’aggiudicazione di Expo nel 2008 all’apertura dei cancelli nel 2015, tutto si possa fare senza dover necessariamente derogare ai codici o trovando poteri commissariali. Perché al gran tavolo dell’emergenza l’imbucato al party è il crimine organizzato. Appalti e soprattutto subappalti, bonifiche, movimento terra, edificazioni: è qui che in nome della velocità e della «buona riuscita» dell’evento, come successo del resto anche durante Expo, hanno fatto affari le mafie. Oggi come allora c’è già chi chiede che se queste Olimpiadi s’hanno da fare; si proceda per tempo almeno provando a tenere fuori dalla porta le imprese colluse. Resta da capire come prenderanno ora determinate indicazioni coloro che in passato avevano bollato come «allarmistiche» le uscite di chi denunciava la mafia nei grandi eventi, o vedeva con fastidio le indicazioni in arrivo dall’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone.

Del resto oggi le mafie sono radicate al nord, anche studiosi e giuristi hanno abbandonato il termine “infiltrazione”: troppo neutro, troppo indicativo di un corpo estraneo che entra in un tessuto non suo. Che l’impresa criminale tenterà di approcciare una torta da circa 1,3 miliardi di euro, di cui circa 390 per le gli impianti, è dunque scontato. Figurarsi se dovesse succedere, come successo nelle 17 edizioni precedenti, se i costi dovessero lievitare. Uno studio dell’Università di Oxford ha fatto i conti in tasca ai dossier presentati per le passate edizioni delle olimpiadi invernali e ai costi effettivamente sostenuti concludendo che l’aumento medio sia stato del 185% rispetto alle previsioni. Dunque, come si diceva sarà d’obbligo muoversi per tempo, ma la sensazione è che la lottizzazione politica delle cariche possa innescare un altro scontro come accaduto per Expo. Nella giornata della vittoria il sottosegretario con delega allo sport Giancarlo Giorgetti ha detto subito che «abbiamo già in mente il nome di un top manager» per il ruolo di amministratore delegato che verrà con tutta probabilità indicato dalla Lega, protagonista della vittoria con il governatore del Veneto Luca Zaia. Su questo nome è probabile che si consumino le prime frizioni. Chi vivrà vedrà.

Da qui al 2026 si auspica che «Milano-Cortina mafia free» non sia uno slogan come quello partorito dall’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni in occasione di Expo. Il tempo c’è, la volontà chissà

Sfruttare il tempo a disposizione in modo ottimale è dunque centrale perché le mafie qui non stanno a guardare. Le operazioni dei primi anni del 2010 riportavano intercettazioni telefoniche di imprenditori e mafiosi allo stesso tavolo che brindavano per la possibilità anche solo di «mettere i tondini a Expo». A pochi giorni dalla chiusura dell’evento, nel 2016 è emerso come, grazie al lavoro in regime di urgenza per farsi trovare pronti alla data fatidica, la partecipata di Fiera Milano Nolostand assegnò in tre anni appalti al consorzio Dominus per circa 20 milioni di euro. Il consorzio Dominus era amministrato di fatto da Giuseppe Nastasi poi condannato per mafia a 8 anni e 10 mesi proprio a Milano.

Insomma, guardia alta. Pure sugli amministratori locali: la vicenda dell’arresto da parte della direzione distrettuale antimafia di Bologna del presidente del consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso, che secondo le accuse avrebbe favorito da funzionario dell’Ufficio Dogane una impresa riconducibile al clan dei Grande Aracri, è un altro (l’ennesimo) campanello d’allarme. Il radicamento mafioso al nord non è più un mistero, e nemmeno i suoi meccanismi economici. Da qui al 2026 si auspica che «Milano-Cortina mafia free» non sia uno slogan come quello partorito dall’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni in occasione di Expo. Il tempo c’è, la volontà chissà.