ParisigateLa telefonata dell’Anpal alla app “concorrente”: “Togli il logo, non siete autorizzati”

La piattaforma Mundamundis, nata in Abruzzo, incrocia competenze e offerte per trovare un lavoro ai disoccupati. Un modello che avrebbe dovuto drizzare le antenne di Anpal, che da mesi parla di digitalizzazione. “E invece l’Anpal si è accorta di noi solo per intimarci di togliere il logo”

Succede che in Abruzzo un’azienda abbia sviluppato una piattaforma, Mundamundis, che usa l’intelligenza artificiale per incrociare in maniera automatica le competenze di chi cerca lavoro e le offerte delle aziende. Uno strumento che funziona, a quanto pare, avendo già trovato lavoro nel territorio di Vasto a diversi disoccupati. Il modello è quello che il ministro del Lavoro Luigi Di Maio e il presidente di Anpal Mimmo Parisi, l’esperto di Big Data chiamato dal Mississippi, hanno presentato già a ottobre con il “caso di Mario” per spiegare come trovare un lavoro ai percettori del reddito di cittadinanza. Tanto da aver destinato 25 milioni di euro del decretone per le “procedure telematiche” legate al sussidio.

«Pensavamo che Anpal quindi sarebbe stato in assoluto l’ente maggiormente interessato al sistema che abbiamo creato», dice Alessandro Obino, ad di Exagogica, l’azienda che ha sviluppato il software. «E invece l’Anpal si è accorta di noi solo per contattarci telefonicamente e intimarci di togliere il loro marchio dal footer della nostra piattaforma. Marchio che avevamo inserito, come la maggior parte delle agenzie per il lavoro, perché obbligati a riportare la dicitura di iscrizione obbligatoria ad Anpal. Cioè, per legge siamo obbligati a essere registrati e approvati da Anpal, ma poi Anpal non vuole avere niente a che fare con chi potrebbe avere in mano la soluzione ai problemi per cui Anpal è stata creata. Ovvero trovare lavoro ai disoccupati».

Pensavamo che Anpal quindi sarebbe stato in assoluto l’ente maggiormente interessato al sistema che abbiamo creato. E invece l’Anpal si è accorta di noi solo per contattarci telefonicamente e intimarci di togliere il loro marchio dal footer della nostra piattaforma

Come avevamo raccontato su Linkiesta, Mundamundis, con un costo di 250mila euro, ha lanciato da febbraio un sistema che, attraverso la figura di una “navigator digitale” (un chat bot), fa sia attività di ricerca e selezione del personale, sia attività di placement, ossia la scansione di offerte di lavoro idonee alle caratteristiche e alle aspirazioni di un candidato. Insomma quello che dovrebbero fare i centri per l’impiego che Di Maio vorrebbe potenziare. Ma tutto in maniera automatica, grazie all’utilizzo di processi avanzati di machine learning. Un caso che ha generato interesse e ha fatto drizzare le antenne a molti esperti del settore. Tant’è che nelle scorse settimane il telefono di Exagogica è squillato senza sosta, contattato da università telematiche, startup del settore, enti locali, società di head hunting e istituti di ricerca anche internazionali. Tutti interessati a incontrare gli sviluppatori per capire come funziona Mundamundis.

Tranne, però, l’Anpal guidata da Mimmo Parisi. Che ha alzato sì la cornetta, ma solo per chiedere – prima per telefono e poi per email – a Obino e soci di eliminare il logo dell’agenzia, intimando anche un eventuale intervento dell’ufficio legale di Anpal. Niente di troppo preoccupante se non stessimo parlando dello stesso Mimmo Parisi che in Mississippi ha già creato e venduto al governo locale un software, Mississippi Works, basato proprio sull’incrocio dei dati dei cittadini disoccupati con le offerte di lavoro. Un modello che vorrebbe ora replicare in Italia. Con il rischio di un potenziale conflitto di interessi, nel caso in cui si trovasse a comprare con i soldi stanziati nel decretone proprio la app di sua proprietà. Luigi Di Maio ha chiarito che si sarebbe fatta una gara pubblica. Ma della gara ancora non si sa nulla, e nel frattempo il governo ha inserito nel decreto crescita (ma prima anche in una bozza dello sblocca cantieri) una norma che consente all’Anpal, anche senza gara, l’acquisto del software per l’incrocio dei dati tramite una società in house. E quando il Pd ha provato a inserire un emendamento al decreto per sancire l’obbligo di acquisto del software mediante gara, Lega e Cinque Stelle lo hanno respinto.

Il telefono di Exagogica è squillato senza sosta, contattato da università telematiche, startup del settore, enti locali, istituti di ricerca. Tutti interessati a incontrare gli sviluppatori per capire come funziona Mundamundis. Tranne l’Anpal

Intanto, telefonate a parte, l’Anpal sul fronte del software è ferma. Si era ipotizzata una indagine per capire quali app per il job matching fossero già sul mercato italiano, ma non se ne è fatto nulla. «Anpal ha dimostrato di essere molto attenta a Mundamundis. Sì, per fare in modo da prenderne le distanze», denuncia Obino anche sui social. E il 29 maggio, dopo aver poi eliminato il logo di Anpal per evitare di essere accusato di uso indebito del marchio, ha anche scritto una email a Parisi, presentando Mundamundis e mettendosi a disposizione per eventuali sperimentazioni o per un’analisi del modello. Parisi, in questi giorni in tour in Sicilia, a quell’email, però, non ha mai risposto. «Non miro a vendere nulla ad Anpal, né a qualunque ente pubblico», precisa Obino. «A questo punto lo utilizzeranno i privati per fare soldi. Ma mi chiedono: loro cosa ci stiano a fare lì?».

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