Leggenda e storiaHamelin, altro che pifferaio: ecco cosa è successo davvero nella città tedesca 735 anni fa esatti

Secondo le prime ricostruzioni storiche, il leggendario pifferaio avrebbe sottratto alla città i suoi giovani il 26 giugno 1284. Ma è andata davvero così? Più o meno

da Wikimedia

È successo 735 anni fa. Il pifferaio è tornato a Hamelin, in Bassa Sassonia, per portare via i giovani della città e condurli verso un dirupo, da dove poi si sarebbero buttati per morire.

È solo una leggenda, eppure nella memoria popolare della città il racconto è rimasto collegato a una data precisa del calendario: il 26 giugno 1284. Tanto che all’inizio delle cronache del paese risalenti al 1384 si trova scritto che “sono passati 100 anni esatti da quando se ne sono andati i nostri figli”. Così, senza ulteriori spiegazioni, si allude a un fatto considerato reale e ben noto a tutta la città. L’arrivo del pifferaio e la sparizione dei giovani.

Numerosi studiosi, intrigati dall’idea di trovare il fatidico “fondo di verità” alla base della storiella, si sono cimentati nella ricerca. Non solo la cronaca cittadina conferma che, in quel periodo, qualcosa di grave era accaduto. Anche una finestra di vetro nella finestra della cattedrale, creata nell’anno 1300 (cioè 16 anni dopo), richiama per sommi capi proprio quella storia. C’è un pifferaio, ci sono dei topi (che sono senza dubbio un’invenzione posteriore, visto che sanno nuotare benissimo) e dei giovani che lo seguono.

Secondo alcuni, il pifferaio altro non sarebbe che una versione figurativa della morte per peste. Un evento luttuoso che porta via i giovani, e come tutti sanno nella diffusione del virus (come nella leggenda) i topi c’entrano eccome. Eppure, a guardare le cronache, la celebre Morte Nera arriverà solo 50 anni dopo, cioè nel 1347.

Secondo altri, la storia del pifferaio sarebbe un modo (sempre figurato) per parlare della Crociata dei Bambini, in cui bande di giovani sarebbero partite aall’Europa per partecipare alla conquista della Terra Santa. Un evento storico sulla cui autenticità ci sono molti dubbi e che, comunque, risalirebbe al 1212, per cui prima rispetto all’arrivo del pifferaio.

Escluse queste ipotesi, c’è anche chi ha avanzato l’idea che, come è capitato in altre parti e in altre epoche, i ragazzi di Hamelin, forse a causa di qualche dissesto alimentare, siano stati colpiti da una strana isteria di massa che li ha spinti a muoversi e ballare, andando in trance e, spesso, morendo per la fatica. Il pifferaio, secondo questa ipotesi, sarebbe una persona in carne e ossa chiamata dalle autorità per allontanare dalla città, al suono della sua musica, i giovani impazziti e smaniosi di danza. Un evento impressionante che, senza dubbio, rimarrebbe impresso nella memoria di un piccolo centro come Hamelin, come del resto è accaduto a Erfurt, dove è successo davvero.

Un’idea ingegnosa, ma forse troppo. Non si sa nulla di come funzionino queste manifestazioni di isteria di massa non controllate e, soprattutto, non c’è modo per sapere se abbiano avuto luogo anche a Hamelin.

In questa foresta di speculazioni e di dubbi, forse l’unica spiegazione attendibile è un’altra: è stato un caso di emigrazione di massa. Chi la sostiene ha dalla sua il fatto che nel tedesco dell’epoca l’espressione “figli di Hamelin” indica, per metafora, gli abitanti della città. Tutti, non solo i giovani. Questo porterebbe a credere che un’intera generazione, in massa, abbia abbandonato la città in cerca di fortuna verso altre terre, come succedeva spesso all’epoca. Fu in quegli anni che zone come la Pomerania, e la Prussia dell’Est, o la Morovia e la Transilvania vennero abitate da emigrati tedeschi. Come dice la versione della favola dei fratelli Grimm, “alcuni dicono che i bambini vennero portati in una caverna, e ne uscirono che si trovavano in Transilvania”.

E il pifferaio? Altro non sarebbe che il Lokator, cioè una figura impiegata dai nobili per reclutare soldati o agricoltori da ricollocare, appunto, in aree poco sfruttate o ostili. Erano personaggi vestiti in modo vistoso e annunciavano la propria presenza in città con strumenti musicali e fanfare (ecco il flauto). Forse esagerano con i dettagli, e forse la ricostruzione fiabesca (perché nonostante i “fondi di verità” è pur sempre una leggenda), con tanto di musicisti-seduttori, era soltanto un modo, autoconsolatorio, per cucire le ferite di una perdita importante.

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