Se sul fronte della sostenibilità ciascuno di noi ha il dovere di agire, cercando di modificare il proprio stile di vita quotidiano per ridurre il proprio impatto sull’ambiente, è anche vero che, insieme ai governi, c’è chi ha una maggiore responsabilità in tal senso. Parliamo delle aziende. Del resto, è naturale che sia così: al di là del prodotto, fisico o “astratto” che sia, ciascuna impresa ha al suo interno dei processi di produzione che possono intaccare l’ambiente in diversi modi. Perciò è assolutamente logico che siano soprattutto loro a mettersi in gioco per cercare di ridurre questo impatto il più possibile. Attraverso la legislazione, certo, ma anche prendendo direttamente l’iniziativa per fare la propria parte in termini di preservazione ambientale. A maggior ragione perché ormai sappiamo quanto l’attenzione ai temi green paghi in termini di reputazione aziendale e di fidelizzazione dei clienti, posto che i consumatori sono sempre più sensibili a queste tematiche.
Sky è l’esempio perfetto quando si tratta di aziende virtuose in ambito di sostenibilità. Colosso mediatico presente in Italia, Regno Unito, Irlanda e Germania, ormai da tempo ha dato il via, tramite diverse campagne, ad una strategia ambientale che limiti gli effetti negativi sull’ambiente e sensibilizzi la società. «In verità è iniziato tutto già da molto prima che la questione climatica acquistasse un vero peso nel dibattito pubblico, anche se non ci piace pavoneggiarci», spiega a Linkiesta Serena Chiama, responsabile di comunicazione interna e bigger picture di Sky Italia. L’ultima di queste iniziative prende il nome di Sky Ocean Rescue e, come si può intuire, è tutta volta alla salvaguardia dei mari e alla lotta contro la minaccia che la plastica costituisce per il “polmone blu” del nostro pianeta.
Perché, vale la pena di ricordarlo, l’inquinamento da plastiche e microplastiche sta ponendo gli oceani in serio pericolo: con 8 milioni di tonnellate disperse nelle acque ogni anno (significa 250 kg al minuto!) e in combinazione con il sovrasfruttamento delle risorse ittiche (di gran lunga peggiore degli sversamenti di petrolio) l’impatto sulla biodiversità marina è incalcolabile. E quel che è peggio è che per buona parte rischia di essere irreparabile: basti pensare che il nostro Mar Mediterraneo (caratterizzato da uno dei tassi di densità di plastica più alti del mondo) negli ultimi cinquant’anni ha perso quasi la metà dei suoi mammiferi marini, e ben il 34% della sua popolazione ittica. Di questo passo, la maggior parte delle specie destinate alle nostre tavole rischia di sparire, ci avvertono gli scienziati. Ma non è tutto: addirittura, entro il 2050 il peso della plastica negli oceani potrebbe superare quello dei pesci.
È proprio a partire da quest’ultima statistica che, scosso, l’ad del gruppo Sky Jeremy Darroch ha deciso di prendere in mano la situazione e agire per cercare di eliminare la plastica all’interno della propria azienda. A partire dalla plastica monouso, quella più insensata e dannosa – a proposito, sapevate che il 50% della plastica monouso è utilizzata per una media di 12 minuti?
L’inquinamento da plastiche e microplastiche sta ponendo gli oceani in serio pericolo: con 8 milioni di tonnellate disperse nelle acque ogni anno (significa 250 kg al minuto!) e in combinazione con il sovrasfruttamento delle risorse ittiche (di gran lunga peggiore degli sversamenti di petrolio) l’impatto sulla biodiversità marina è incalcolabile
«Era il gennaio 2017 quando ci siamo seduti intorno al tavolo, ci siamo guardati negli occhi e ci siamo chiesti che cosa potevamo fare di più per cercare di eliminare la plastica dalle nostre attività», spiega Chiama. Il primo passo, naturalmente, è stato in relazione ai prodotti: malgrado Sky sia un’azienda di servizi, infatti, per fruire della piattaforma occorre un decoder, apparecchio che, come tutti i dispositivi elettronici, ha diverse componenti e per l’installazione a casa viene consegnato in un imballaggio. «Il packaging è stato ripensato, sostituendo al polistirolo un tipo di cartone leggero. Anche i sacchetti per le pile, le fascette per i cavi e persino lo scotch sono stati sostituiti con materiali più sostenibili o eliminati». Lo stesso decoder è stato modificato per essere sempre di più in linea con i principi dell’economia circolare: «ora è più compatto e durevole, perché può durare fino a dieci anni, ed è facile da rigenerare o disassemblare, tant’è che riusciamo a riciclare il 98% delle sue componenti», precisa la referente. A partire dal 1 aprile, tutti i packaging dei prodotti Sky (compresa la copertina della rivista aziendale) sono diventati plastic free.
Ma non finisce qui: l’obiettivo dell’azienda è di abolire le plastiche monouso da tutte le sue attività entro il 2020, dalle bottiglie di plastica ai materiali usati nei set e negli studi. Questo è possibile soltanto attraverso un importante sforzo interno di sensibilizzazione e di incentivo all’utilizzo di minori quantità di plastica tra gli stessi dipendenti: già un anno fa ai 4800 dipendenti di Milano, Roma e Cagliari sono state distribuite borracce riutilizzabili e le bottiglie sono state rimpiazzate da distributori di acqua in ufficio. «Persino dentro alle vending machine abbiamo lavorato con il fornitore per ripensare il bicchierino e la paletta del caffè, cercando il giusto peso e dimensione», racconta Chiama. «Abbiamo dovuto costringere i fornitori a trovare delle alternative. Se vogliono lavorare con Sky, devono seguire questa strada. Adesso stiamo attaccando la logistica e i trasporti, ed entro il 2020 avremo magazzini completamente plastic free». Considerando che nel solo 2018 Sky è riuscita a risparmiare ben 175 tonnellate di plastica monouso (500mila bottigliette di plastica e 1 milione di bicchieri), l’azienda si è già posta su un’ottima strada.
Ma Sky Ocean Rescue non si limita a questo, e punta a promuovere politiche green anche contagiando all’esterno l’opinione pubblica (da una media company, d’altra parte, non ci si poteva aspettare niente di meno) e supportando anche in termini economici nuove soluzioni in ambito di sostenibilità. Così, ad esempio, con Sky Ocean Ventures l’azienda ha lanciato un fondo da 25 milioni di sterline in collaborazione con National Geographic per investire nelle idee di imprese impegnate a elaborare soluzioni innovative per risolvere il problema della plastica nei mari. Tra le soluzioni che hanno trovato già il sostegno del fondo, Choose Water, una startup che sviluppa bottiglie a partire da materiali totalmente biodegradabili, ed Eugène, un sistema digitale che promuove il consumo responsabile ed il riciclo, fornendo informazioni e consigli sulle proprie abitudini. L’ambizione di Sky, nell’insieme, è di coinvolgere altre aziende arrivando a potenziare il fondo fino a 100 milioni. In combinazione con Sky Ocean Ventures, l’azienda ha poi lanciato il progetto di incubazione per startup Innovators in Residence, con cui le aziende possono testare i propri prodotti e ricevere mentoring presso il campus Sky a Londra, e l’Ocean Plastic Innovation Challenge, un concorso della durata di un anno per la progettazione di soluzioni alternative alla plastica usa e getta (aperto a gruppi e singoli; per fare domanda c’è tempo fino all’11 giugno).
«Abbiamo dovuto costringere i fornitori a trovare delle alternative. Se vogliono lavorare con Sky, devono seguire questa strada. Adesso stiamo attaccando la logistica e i trasporti, ed entro il 2020 avremo magazzini completamente plastic free»
Grazie ad una partnership con il WWF, poi, Sky ha deciso anche di impegnarsi per la tutela diretta delle aree marine, in particolare Pelagos, «un’area di 400mila chilometri quadrati tra Italia, Spagna e Francia caratterizzata da un traffico commerciale elevato, che passa anche nel corridoio dei cetacei», spiega Chiama. Considerando che la creazione e la conservazione delle aree marine protette è lo strumento più efficace di tutela del mare e delle sue creature, con una donazione di 10 milioni di sterline lo sforzo di Sky su questo fronte contraddistingue l’azienda in senso ancora più positivo.
Da ultimo ma non meno importante, Sky ha genuinamente deciso di usare la propria voce per coprire tematiche ambientali anche nei propri contenuti mediatici. Dal coinvolgimento dei service delle produzioni esterne di Sky Sport (attraverso l’inserimento di una clausola apposita nei contratti per la riduzione della plastica usa e getta) alla copertura specifica del tema dell’inquinamento da plastica da parte di Sky tg24, passando per puntate dedicate di XFactor e Masterchef, gli sforzi di massimizzazione della visibilità della campagna stanno dando i suoi frutti, e 33,5 milioni di utenti ormai conoscono Sky Ocean Rescue. In più, una speciale attività dedicata ai più giovani: la Sky Academy, un progetto specificamente rivolto alle nuove generazioni, che coinvolge bambini e ragazzi dagli 8 ai 16 anni in laboratori didattici per la produzione di servizi giornalistici anche, fra le altre cose, su temi ambientali.
Molti sono i fronti aperti e i risultati raggiunti, ma molte anche le sfide ancora da affrontare: «Noi ci siamo dati l’obiettivo di essere al cento per cento plastic free, ma c’è ancora tanto lavoro da fare», ammette Chiama. «Si tratta di un’operazione che va fatta in maniera capillare, perché la plastica rimane ovunque, continuiamo a scovarla e a dover escogitare nuovi modi per liberarcene». Le buone pratiche possono circolare più velocemente della dispersione della plastica? Chissà. Quel che è certo è che, dove ci sono, vanno rinosciute, valorizzate, e soprattutto condivise: «mi piace l’idea di fare diventare le persone di Sky ambasciatori della campagna e agenti di cambiamento, continuando a diffondere quotidianamente i valori in cui crediamo tanto».