Stato di puliziaScioperano facchini e addetti alle pulizie della Camera: “Siamo senza stipendio da aprile”

I quaranta addetti alle pulizie e al guardaroba della Camera, gestite in parte in appalto dalla società Segi srl, sono in sciopero per protestare contro il ritardo nel pagamento degli stipendi, fermi da aprile 2019. La società coinvolta era già stata segnalata per altri ritardi

Hanno abbandonato divise, aspirapolveri e stracci. E hanno scioperato per il terzo giorno di fila. La protesta proseguirà i prossimi 8 e 9 luglio. Quaranta tra gli addetti alle pulizie e al guardaroba della Camera dei deputati, in appalto alla società calabrese Segi srl, da giorni sostano fuori e non dentro il Palazzo Montecitorio. «Non veniamo pagati da aprile», dicono. «E non è la prima volta che siamo vittime di questi cronici ritardi. Negli ultimi tre anni sono diventati ormai una costante».

Dalla piazza di tanto in tanto fanno partire il ritornello di Mahmood “Soldi, soldi”. E urlano il nome del presidente della Camera Roberto Fico, nella speranza che possa riceverli, ma l’attesa è inutile. Fico non li riceverà. «Non c’è alcuna supervisione sugli appalti né presa di posizione delle istituzioni sulla nostra situazione», spiega Maria Sarsale, rappresentante Cobas. «Tanto più che la Segi già in passato è stata oggetto di interrogazioni parlamentari per i ritardi nei pagamenti in altri appalti. Eppure gli sono state affidate le pulizie della Camera».

La gara risale al 2016. Dopo che la società calabrese guidata da Andrea Guccione, che gestisce gli appalti nelle pulizie della pubblica amministrazione da Nord a Sud, dal comune di Firenze agli ospedali del Mezzogiorno, era già nota ai palazzi politici per i mancati pagamenti in altri uffici, in primis quelli dell’Università della Calabria. Dai vertici avrebbero spiegato che i ritardi nei pagamenti delle retribuzioni sono dovuti ai mancati incassi in altri appalti della sanità calabrese. La Camera paga, insomma. I soldi però non finiscono nelle buste paga degli addetti alle pulizie, ma per ripianare i bilanci. Tanto che si sarebbe prospettata anche l’ipotesi di costituire una newco per salvare alcuni appalti. Ma al momento non c’è nulla di definitivo. E i lavoratori continueranno la mobilitazione.

La Segi srl già in passato è stata oggetto di interrogazioni parlamentari per i ritardi nei pagamenti in altri appalti. Eppure gli sono state affidate le pulizie della Camera

Era già successo a fine 2017, quando senza stipendi erano rimasti tutti e 80 i dipendenti. Oltre ai 40 lavoratori della Segi, a occuparsi dei servizi di pulizia, sanificazione e guardaroba alla Camera, ce ne sono altri 40 che fanno riferimento alla società piemontese Gsi, che ora sta pagando regolarmente i suoi dipendenti. Nei giorni di sciopero degi addetti Segi, ai colleghi dell’altro appalto sono state chieste ore di lavoro in più per garantire la pulizia nelle stanze di Montecitorio. «È una chiara discriminazione tra i lavoratori», tuonano dalla piazza. «Tanto più che l’80% del personale è composto da donne».

Tra le bandiere dei sindacati, c’è chi fa questo lavoro, aggirandosi tra i deputati di ogni colore politico, da 20 e 30 anni. Passando per i periodici cambi d’appalto. «Ogni cambio d’appalto viene fatto al ribasso, con le retribuzioni che negli anni si sono via via ridotte», spiega Sara Imperatori della Fisascat Cisl Roma e Lazio. «Nel frattempo le persone andate in pensione o decedute non sono state sostituite, e c’è pure chi sta aspettando gli stipendi mancanti e il trattamento di fine rapporto dei parenti defunti. Fino al 2014 c’erano 25 persone in più. La Camera non può più esimersi dalla responsabilità nella supervisione degli appalti. È assurdo che proprio alla Camera si debba assistere a queste situazioni».

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