Blog di una liberaleIl nuovo motore del mondo: ecco perché sarà il libero mercato a salvare l’Africa

Quello appena siglato tra 54 paesi africani è uno degli accordi commerciali più importanti del mondo. Con l’AfCFTA, l’Africa si appresta a diventare un importante player dell’economia mondiale. E l’Occidente non può fare altro che sostenerlo

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Ha avuto poco spazio sui media italiani la notizia dell’avvio AfCFTA, l’accordo di libero scambio tra paesi africani, firmato da 54 stati (tutti gli stati africani, tranne l’Eritrea), la cui implementazione dei processi preliminari è partita il 1 luglio 2019. Si tratta di uno degli accordi di commercio internazionale più importanti della storia: l’Africa diventerà l’area di libero scambio più vasta del pianeta, con un mercato di 1.2 miliardi di persone con un Pil combinato che supera i 2500 miliardi di dollari.

Un processo che ha visto la partecipazione di economie in crescita, desiderose di aumentare i propri scambi internazionali, in vista dell’atteso boom demografico. L’Africa è un continente ricco di esperienze industriali e commerciali, e sta trovando, in questi anni, una nuova rinascita, guidata da alcune delle economie più in crescita al mondo, come quelle di Nigeria, Etiopia, Mozambico e Guinea. I dati economici, demografici e di sviluppo del continente africano, fanno ben sperare gli osservatori internazionali: si stima che, entro il 2050, il Pil aggregato dei paesi africani arriverà a 29 trillioni di dollari (29mila miliardi di dollari), un importo che supera il Pil di Stati Uniti e Unione Europea, combinati. Si tratta, peraltro, di previsioni che tengono conto dei trend di crescita vissuti, ad esempio, dall’India, dalle economie del Sud America o del Sud Est Asiatico, e che permetterebbero di trasformare l’intero continente africano.

Il trattato di libero scambio africano permetterà ai paesi di commerciare abbattendo dazi doganali, standard, burocrazia, e agevolando allo scambio imprese, cittadini e lavoratori

Il trattato di libero scambio africano permetterà ai paesi di commerciare abbattendo dazi doganali, standard, burocrazia, e agevolando allo scambio imprese, cittadini e lavoratori. Un processo del tutto simile a quello promosso dalla “prima” Comunità Europea (oggi Unione Europea), ma che viene reinventato oggi, alla luce delle esperienze mondiali e delle nuove tecnologie. L’Africa si appresta a diventare un importante player dell’economia mondiale, i paesi, uniti (e non divisi da “sovranismi”), contano di acquisire una nuova forza nelle dinamiche geopolitiche, capace, si stima, di poter ribaltare gli attuali equilibri politici, economici e anche migratori.

Fa quindi sorridere che in Italia, l’approccio al continente africano sia di due tipi: di ostilità (non vogliamo le arance africane, non vogliamo i lavoratori africani), oppure di mero assistenzialismo. Come ha dimostrato lo stesso continente africano, esiste una terza via all’ostilità tout-court e al puro assistenzialismo: la collaborazione internazionale.

In questa condizione, il ruolo migliore che potranno avere paesi occidentali, sarà quello di sostenere l’innovazione tecnologica, i processi di libero scambio e di crescita delle economie. Un continente che cresce, avrà la possibilità di migliorare le condizioni di vita dei propri cittadini, incrementando i livelli di istruzione, di ricchezza, di pace. Un continente che commercia, al suo interno e al suo esterno, è un continente che cresce.

L’Italia e l’Europa, però, dovranno fare la loro parte, avendo il coraggio, per una volta, di fare scelte di politiche pubbliche di lungo periodo: abolendo, ad esempio, i dazi sui prodotti africani, organizzando i flussi migratori in maniera sicura, ma anche efficace, e sostenendo le imprese e l’iniziativa privata africana. Solo così potremo dirci davvero civili.