Apocalypse Now è uscito 40 anni fa, nel 1979, e ha avuto due riscritture: una ‘Redux’ del 2001, l’altra, ‘Final Cut’ è stata presentata a Bologna, sarà in sala in autunno. I vecchi dicono che non si fanno più film belli come quelli, i cinici che si pagherà per vedere sempre lo stesso film – per ciò che mi riguarda, ho preso da anni a rileggere gli stessi libri. Un film ha avuto tre scritture: vuol dire che ha la stessa complessità di un romanzo. In effetti, Apocalypse Now deve la sua corrusca grandezza a un romanzo, Cuore di tenebra.
Cuore di tenebra compie 120 anni, esce per la prima volta sul ‘Blackwood’s Magazine’ nel febbraio del 1899, ed è, a cavallo del secolo, la rivoluzione secolare, la teoria della relatività in letteratura, il romanzo come matrioska di finzioni – mentre il Tamigi s’inabissa nelle mie intimità vi racconto ciò che mi raccontò un giorno un tipo di nome Marlow – la scrittura come regesto dello sfiato onirico, gioco d’equilibrio a lame tra il ‘selvaggio’ e l’ordinario, tra desiderio e atto, indicibile e indecente. “Heart of Darkness è il migliore romanzo breve ch’io conosca e a mio parere l’pera di Conrad più bella e densa. Il racconto è emozionante e profondo, lucido e disorientante… Conrad prefigura i metodi di Kafka e di Beckett”, scrive Cedric Watts.
Il primo fu Orson Welles. E, lo ammetto, ancora non dormo sonni sereni pensando alla faccia dell’infernale Quinlan sovrapposta a quella di Kurtz, la più ambigua delle creazioni di Joseph Conrad, qualcosa tra Iago e Stavrogin, tra Achab e il Satana di Milton, «allo stesso tempo Faust e Belzebù e anche Lucifero» (Mario Curreli), non fosse che il gran satanasso non spiccica parola nel libro mastro di mastro Giuseppe e appaia più nella calzamaglia di Adamo appena spodestato dal trono – con spinone della colpa in petto – che scanzonato cobra seduttore di anime belle.