L’occasione è il primo dei tre giorni di confronti organizzati dalla Cisl sul rilancio organizzativo del sindacato nelle periferie “Noi Cisl Siamo”. Sul palco dell’Auditorium di Roma si sono susseguiti i tre segretari confederali: oltre ad Annamaria Furlan, che ha aperto i lavori, anche il segretario della Cgil Maurizio Landini e quello della Uil Carmelo Barbagallo. Dopo le manifestazioni unitarie dei mesi scorsi, da quella del 9 febbraio in poi, la sfida che lanciano al governo ora è: «Risindacalizzare la società italiana».
I tempi delle divisioni sindacali sono finiti, nonostante Matteo Salvini per il prossimo 15 luglio li abbia convocati separatamente. «Serve una nuova stagione unitaria per la tutela del lavoro, in un momento difficile di insofferenza verso la divisione dei poteri e verso la mediazione sociale», dice Annamaria Furlan. «Una nuova, grande stagione di risindacalizzazione», in cui il lavoro attraverso le sue rappresentanze «si fa esso stesso governo per creare coesione sociale e cittadinanza partendo dalla responsabilità verso gli ultimi».
I progetti della Cisl che la segretaria elenca per ridurre quella distanza tra il sindacato e le «periferie urbane, sociali e del lavoro» degli ultimi anni vanno dall’apertura di nuove sedi e sportelli all’offerta di servizi inclusivi, dalla formazione di una nuova generazione di sindacalisti alla penetrazione in quei settori, come la logistica o la grande distribuzione digitale, rimasti ai margini della sindacalizzazione. Con un coinvolgimento primario dei giovani, alleato naturale per un «sindacato che voglia guardare al futuro», dando riconoscimento e rappresentanza a tutti i contratti. Anche a quelle partite Iva spesso snobbate dalle parti sociali. «I nostri dirigenti e i nostri delegati non discutono la nostra missione sulle pagine dei giornali o sui social, la vivono ogni giorno», dice Furlan. E poi si rivolge ai colleghi in platea: «Amici della Cgil e della Uil, siamo chiamati a un nuovo ruolo importante di protagonismo. È il momento della responsabilità e dell’impegno».
Serve una nuova, grande stagione di risindacalizzazione, in cui il lavoro attraverso le sue rappresentanze si fa esso stesso governo per creare coesione sociale e cittadinanza
Non se lo fa dire due volte, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, quando sale sul palco. «Servono stessi diritti e stesse tutele per tutti i lavoratori in qualsiasi luogo di lavoro si trovino. Bisogna ripartire da questo punto», è la sua proposta. «Dobbiamo parlare con quella grande parte che non si è mai iscritta a nessuna realtà sindacale, portare i lavoratori a una scelta di azione collettiva che non tutela solo la propria condizione, ma che serve anche a trasformare l’attuale modello sociale. Per farlo bisogna cambiare i sindacati e lavorare per un’unità che ci riporti a essere soggetti che parlano in rappresentanza di tutti e che quindi possono cambiare il Paese».
I punti che Landini individua per la sfida di “risindacalizzazione” dell’Italia sono quattro. Uno, «lavoro e dignità», dice. «Non è possibile che, anche nella stessa filiera, si passa da un’azienda supersindacalizzata a un’altra dove esistono ancora lavoratori con il caporale». Due, «solidarietà, perché il sindacato senza solidarietà non esiste». Tre: «responsabilità: non possiamo più delegare a nessuno», dice Landini. «Vale per ognuno di noi, è il momento in cui ognuno di noi nel ruolo in cui è deve assumersi la responsabilità di ciò che fa e ciò che dice. Vale per il governo, perché non possono giurare sulla Costituzione e poi chiudere i porti con la gente che muore in mare. E vale per gli imprenditori, che hanno la responsabilità di impedire che ci sia qualcuno che venga sfruttato». L’ultimo punto è «l’unità: serve un processo di ricostruzione dal basso dell’unità nel mondo del lavoro e delle organizzazioni sindacali», dice. «Questo percorso che abbiamo iniziato insieme dobbiamo concluderlo insieme quando abbiamo portato i risultati a casa».
Dobbiamo parlare con quella grande parte che non si è mai iscritta a nessuna realtà sindacale, portare i lavoratori a una scelta di azione collettiva che non tutela solo la propria condizione, ma che serve anche a trasformare l’attuale modello sociale
Ma «serve qualcosa in più che continuare a parlare di unità a vuoto», li bacchetta Carmelo Barbagallo nel suo intervento. «Bisogna fare qualcosa di più per difenderci dagli attacchi. Noi non dobbiamo azzerare le identità, ma metterci insieme. Parleremo di unità quando faremo una conferenza organizzativa di Cgil, Cisl e Uil». Ora, aggiunge, dal governo «ci hanno convocato separatamente, vediamo se arriviamo all’obiettivo unitariamente. Bisogna ridurre le tasse su lavoratori e pensionati». Quanto al ruolo del sindacato dice: «Non siamo né opposizione né stampella di governo, dobbiamo fare i sindacalisti perché c’è chi ce le dà e chi ce le promette. Ce l’hanno messa tutta per metterci all’angolo. Non solo questo governo, ma anche quello precedente. Lo avevo detto già a Renzi che parlare male del sindacato porta iella, cercheremo di spiegarlo anche a questi».
Lo avevo detto già a Renzi che parlare male del sindacato porta iella, cercheremo di spiegarlo anche a questi