Gli sconfittiDonne e under 30: ecco chi paga per tutti nel mondo del lavoro

La ripresa dalla crisi economica, anche se non forte, ha premiato i giovani uomini. Il tasso della loro occupazione è cresciuto del 4,3%, a differenza del 2,9% delle donne

ANDREAS SOLARO / AFP

Giovane, ancora neanche 30enne, e donna, questo appare l’identikit dello sconfitto nell’evoluzione del mercato del lavoro degli ultimi anni in Italia.

Dalla fine della crisi economica la ripresa ha premiato molto di pìù i giovani uomini, con una crescita del 4,3% del tasso di occupazione dei 20-24enni che contrasta con il +2,9% delle coetanee. Quello dei ragazzi 25-29enni è migliorato del 3,5%, contro il +2,1% delle donne della stessa età.

Dati Eurostat

Eppure vi era molto da recuperare. Le ragazze che lavorano tra i 20 e i 24 anni in Italia sono solo il 25,9%. Solo Grecia e Nord Macedonia fanno peggio di noi. Siamo incredibilmente lontani dal 75,3% della vicina Svizzera o anche solo dal 48,2% francese.

Si arriva a un tasso d’occupazione del 47,8% tra le 25-29enni, quando ci facciamo superare anche dalla Grecia, e si deve inserire la Turchia in Europa per non risultare penultimi dietro alla solita Nord Macedonia.

Intanto in Francia si va oltre il 70% e nella Spagna post-crisi al 64,3%.

Le ragazze che lavorano tra i 20 e i 24 anni in Italia sono solo il 25,9%. Solo Grecia e Nord Macedonia fanno peggio di noi

Dati Eurostat

Tra tutti gli indicatori economici esistenti forse questo, riguardante l’occupazione delle giovani donne, è quello in cui l’Italia risulta più nettamente isolata dal resto dell’Europa “ricca” di cui ci illudiamo di fare parte, quella occidentale, e quello che più ci avvicina invece alla parte meno sviluppata, l’Europa con un reddito pro-capite inferiore alla metà del nostro, l’Europa balcanica, che riteniamo lontanissima da noi.

E in questi anni è accelerato il trend che ci ha portato in questa posizione. Le ragazze italiane non sono rimaste indietro con la ripresa solo rispetto agli uomini del proprio Paese, ma anche rispetto alle donne europee.

L’aumento dell’occupazione femminile sia tra i 20 e i 24 anni che tra i 25 e i 29 è stata significativamente inferiore in Italia che nella Ue, con una crescita del 2,9% contro una europea del 4,8% nel primo caso e del 2,1% contro una del 3,5% nel secondo.

Al contrario tra gli uomini il gap con l’Europa è stato decisamente inferiore, di pochi decimali, e, anzi, si è concretizzato solo nel 2018, anno piuttosto negativo per la nostra economia.

Colpisce anche qui come in altri casi il confronto con la solita Spagna, dove il recupero dell’occupazione femminile e maschile è cresciuto tra 2014 e 2018 a ritmi più che doppi rispetto a noi. Anche tra le donne 25-29enni, tra cui il tasso d’occupazione femminile spagnolo ha avuto performance più deludenti (si fa per dire), in ogni caso siamo di fronte a un progresso del 5,1% contro uno tra le italiane del 2,1%.

Dati Eurostat

Non si tratta però solo di un fatto quantitativo. Le ragazze italiane sono anche quelle tra cui è cresciuta di più la percentuale di quante hanno un contratto a termine, addirittura del 10,2% tra 2014 e 2018, passando dal dal 35,5% al 45,7%.

Tra gli uomini la stessa proporzione è cresciuta di poco più del 7%. In Europa parliamo di zero virgola, sia riguardo agli uomini che alle donne. E anche in Spagna, dove il lavoro precario ha un’importanza anche superiore che in Italia, i numeri sono inferiori, e anzi nel 2018 vi è stata una significativa inversione di tendenza per entrambi i sessi.

Dati Eurostat

Anche in questo caso le giovani donne italiane ora sono ai vertici in Europa, con il 65,9% delle ragazze più giovani e il 45,7% delle 25-29 enni con un contratto solo a termine. Come in Portogallo. Solo in Spagna e in Montenegro le percentuali sono superiori.

Dati Eurostat

Attenzione, parliamo di un 45,7% su un tasso d’occupazione già basso, del 47,8%. Vuol dire che meno di metà delle ragazze italiane che vanno per i 30 anni lavora, e quasi metà di queste lo fa in modo precario. E che quindi in questa età in cui si comincia a pensare a una famiglia, magari a dei figli, sono pochissime quelle con un lavoro stabile.

Sembrerebbe un controsenso. Idealmente si potrebbe pensare che là dove sono poche le donne a lavorare queste poche siano ben occupate. In fondo succede così per il gender gap negli stipendi, che in Italia è tra i più bassi. E nel resto d’Europa in effetti capita di trovare più precarie in Paesi con tassi d’occupazione elevati e magari meno dove sono bassi.

E invece l’Italia si pone ai massimi sia per quanto riguarda la mancanza di occupazione che per la precarietà. Forse è proprio perché potrebbe intervenire una gravidanza che è più tra le donne che tra gli uomini che a quest’età cresce la proporzione dei precari?

In Europa il part time è stato sempre più utilizzato in modo congruo, non come espediente pur di avere un impiego. In Italia è accaduto l’opposto.

Come sempre si innesca un circolo vizioso che alla fine produce contemporaneamente meno nascite e meno contratti stabili. D’altronde è aumentata negli anni la percentuale di donne 25-29enni con un part time involontario, ovvero non chiesto, non motivato per esempio da motivi familiari, ma cui si è stati costretti perchè non si trovava altro.

Sono il 33,1% nella UE, il 78,7% in Italia. Nel 2008 la differenza era molto inferiore, si passava dal 35,3% italiano al 56,1% europeo, e nel 2014 dal 39% al 76,2%.

Nel frattempo in Europa il part time è stato sempre più utilizzato in modo congruo, non come espediente pur di avere un impiego, nel nostro caso è accaduto l’opposto.

Questo succede anche perché se a questa età si ha un figlio solo per poche fortunate si aprono le porte di un part time magari temporaneo, per moltissime c’è l’inattività.

Gli ultimi dati del 2019 ci dicono che sono aumentati i posti fissi, forse grazie al decreto Dignità.

Dovremo verificare nei prossimi anni se si tratta di una tendenza stabile e soprattutto se questo avverrà a spese dell’occupazione di quella che appare proprio la fascia più fragile della società, quella delle 20enni.

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