È il metodo elaborato dal matematico dell’Università di Londra, il professor Simon R. Blackburn, che si è servito del teorema di Pitagora (e di cosa altro, se no?) e ha considerato tutta una serie di variabili fondamentali: il raggio del cerchio di curvatura della macchina, per esempio, ma anche la distanza tra ruote anteriori e posteriori, la distanza tra il centro della ruota anteriore e la fronte della macchina, e perché no, l’ampiezza della macchina già parcheggiata.
Tutto questo è stato raccolto e assommato in una formula (questa) che restituisce, a chi inserisce i numeri corretti, le istruzioni per svolgere la “manovra perfetta” e infilare la propria vettura nello spazio giusto, senza urtare nessuno e perdere tempo in tentativi falliti.
Il problema, però, è che come sempre il mondo dei matematici e quello delle persone normali, in una riedizione moderna del conflitto tra idee e realtà di origine platonica, non combacia mai. Per essere precisi, è difficile immaginare un automobilista che, appena prima di fare un parcheggio a L, scenda dalla macchina con il metro in mano e cominci a misurare le varie distanze. Ci vuole u approccio più pratico.
Questo, per esempio, funziona di più: sono quattro passaggi fondamentali che i neopatentati (ma non solo loro) faranno bene a memorizzare.
Prima di tutto, mettersi accanto alla macchina dietro alla quale si vuole parcheggiare. Le ruote posteriori dovranno essere parallele al suo paraurti.
Dopodiché, curvare (rimanendo fermi) quanto più possibile verso il lato dove si vuole parcheggiare la macchina. A quel punto far partire la retromarcia.
Quando il centro dello pneumatico posteriore è allineato allo spigolo posteriore (lato strada) della macchina, fermare tutto, raddrizzare il volante e continuare a retrocedere.
A quel punto, quando anche le ruote anteriori sono allineate allo stesso spigolo, curvare a destra e concludere la retromarcia. In questo modo (in teoria) si dovrebbe scivolare, senza problemi, nel proprio parcheggio, in una manovra unica ed elegante.