Forse l’intelligenza artificiale non è così intelligente. Ad esempio, nell’identificazione delle immagini, nonostante abbia fatto notevoli progressi, presenta ancora delle difficoltà strutturali. Esistono immagini (le cosiddette “adversarial images”) che ancora la mettono in difficoltà. Sono, come si dice qui, una sorta di illusioni ottiche per computer. Se c’è un gatto su un albero, l’essere umano vede un gatto su un albero, mentre l’intelligenza artificiale vede uno scoiattolo. Fa un po’ ridere ma se si pensa che stiamo dando in mano a macchine del genere il controllo delle auto-che-si-guidano-da-sole o delle nuove telecamere di sicurezza, si smette subito. È un problema, in realtà. E anche grave.
Esistono, certo, alcune immagini che sono pensate apposta per ingannare gli algoritmi (tipo questa), e sono i cosiddetti errori forzati. Ma quelli che preoccupano di più sono, invece, gli errori “spontanei”, quelli che le macchine commettono di fronte a immagini che non sono pensate per essere ingannevoli.
Gli scienziati di Berkeley, dell’Università di Washington e di Chicago hanno selezionato un database di almeno 7.500 immagini di questo tipo, di fronte alle quali la precisione degli algoritmi crolla del 90%. Tutte cose che un normale occhio (e cervello) umano non faticherebbe a identificare.
Prima di inorgoglirsi per la superiorità umana, si deve però ricordare che le macchine sono, appunto, macchine. Cioè programmi che seguono istruzioni date da programmatori e, se sbagliano a identificare una immagine, la colpa è proprio dell’essere umano. Fanno confusione perché si affidano troppo “ai colori, alla trama, alle indicazioni dello sfondo”.
Per questo motivo quello che è una candela, sembra un chiodo. E anche quello che è un fungo. Allo stesso modo, una ape (vicina a un abbeveratoio per colibrì) viene identificata come un colibrì. E anche una lumaca.
Non solo: non vede una libellula (che c’è), ma immagina una puzzola. Non vede la stessa libellula, ma coglie una banana. E poi ha le traveggole e si inventa un leone marino e, ancora, un guanto da lavoro.
Insomma, il lavoro da fare è ancora tanto. E il periodo in cui l’essere umano può ancora godere di un leggero senso di superiorità è destinato a finire. Ma proprio per questo bisogna goderselo con cura.