In un campo desolato di pietre e terra sorge il primo monumento in memoria di un ghiacciaio. Succede in Islanda: i circa 10 chilometri quadrati che costituivano la sua estensione si sono ridotti in pochi pezzi di neve sporca negli ultimi decenni. Adesso sarà installata una placca commemorativa (si attende il 18 agosto) che reciterà un messaggio molto chiaro, studiato per essere una lettera ai posteri:
“Ok [il nome del ghiacciaio] è il primo ghiacciaio islandese che ha perso il suo status di ghiacciaio. Nei prossimi 200 anni tutti gli altri seguiranno la stessa strada. Questo monumento è per riconoscere che noi sappiamo cosa sta succedendo e sappiamo cosa occorre che venga fatto. Solo voi sapete se lo abbiamo fatto”.
Insieme alle parole c’è la data e una lettura recente del livello di CO2 dell’atmosfera: 415 parti per milione. Se si pensa che per gran parte della storia umana questo numero non ha mai raggiunto né superato le 280 parti per milione, si può immaginare come sia diventata grave la situazione oggi.
Al dramma ecologico se ne aggiunge anche uno culturale. Come si scrive qui, la perdita dei ghiacciai influisce anche nello smarrimento della popolazione islandese, che proprio nella loro presenza fondava la propria identità culturale e nazionale. “C’è un sentimento di perdita. E anche un sentimento di tragedia, certo”.
L’iniziativa del monumento serve anche a questo: a scuotere le coscienze e capire che i danni all’ambiente sono anche danni alla cultura. “Vogliamo incoraggiare le persone che sono già nel Paese a raggiungere il sito dell’ex ghiacciaio, prendersi un attimo e riflettere sulle conseguenze provocate dal nostro stile di vita”, spiega Dominic Boyer, antropologo della Rice University, che ha proposto e seguito l’intero progetto. Singolare il fatto che si rivolgano “a quelli che sono già in Islanda”, nonostante sia uno dei Paesi con il contributo più basso all’inquinamento globale, anche grazie alle dimensioni limitate della sua popolazione e al grande sviluppo delle energie rinnovabili. Il motivo è semplice: non vogliono che nessuno prenda l’aereo apposta per visitare il memoriale, dal momento che i voli aumentano la diffusione di CO2.