Forse mai prima d’ora c’era stata così tanta attesa per l’inizio di un campionato. Comandanti che ritornano sotto bandiera nemica, nuove stelle che si aggiungono al firmamento, vecchie glorie e nuove sorprese, ma soprattutto spese milionarie, da far invidia alla cugina spagnola Liga. La Serie A è tornata ai grandi lustri, e gran parte del merito lo deve alla Vecchia Signora. La Juventus, lasciando senza parole perfino Silvio Berlusconi (che per i bianconeri ne ha sempre avute fin troppe, di parole si intende), è alle prese con un cambio di pelle a dir poco dispendioso: Cristiano Ronaldo, De Light, Rabiot, Demiral, Romero (rigirato in prestito al Genoa), Pellegrini, Ramsey e lo stesso Buffon, di ritorno dopo un anno al Paris Saint Germain. Allo stato attuale il monte ingaggi della squadra torinese si aggira intorno ai 300 milioni, quasi il doppio di qualsiasi avversaria italiana, non contando lo stipendio dell’ex tecnico del Napoli, strappato alla concorrenza con un contratto triennale da circa 6 milioni di euro.
La squadra di Andrea Agnelli ha, pertanto, scalvato lo scalino che la opprimeva nella categoria dei club a “conduzione famigliare”, vestendosi in toto con le vesti della multinazionale calcistica. Da un grande potere, tuttavia, derivano grandi responsabilità, e i bianconeri al momento non sembrano preoccuparsene poi molto. I conti, tra il primo luglio 2018 e il 30 giugno 2019, registrano 113 milioni di plusvalenze, inferiore alla cifra record di 139,4 milioni di euro nel 2016/17, ma superiore ai 92,3 milioni nel 2017/18. Il gioco del resto è semplice: più mercato in uscita, per lucrare plusvalenze, significa più giocatori poi da comprare. Più compri e di conseguenza più appesantisci i conti.
Secondo Intermonte, la principale investment bank indipendente sul mercato italiano, il bilancio finale della Juventus 2018-2019 chiuderà con una perdita attorno a 50 milioni di euro, contro i -19,2 milioni dell’anno scorso. E non finisce qui: anche l’ebit dovrebbe essere negativo per 32 milioni, con un book value che dovrebbe scivolare dai 72 milioni a circa 17 milioni
Per capirci: siamo lontani dal parlare di crisi, in quanto la Juventus potrà vantare una chiusura di esercizio 2018/2019 con circa 600 milioni di ricavi. Non per questo, però, si può fare a meno di notare le perplessità che una sessione simile di calciomercato ha destato (anche nel drugo più fedele). Secondo Intermonte, la principale investment bank indipendente sul mercato italiano, il bilancio finale della Juventus 2018-2019 chiuderà con una perdita attorno a 50 milioni di euro, contro i -19,2 milioni dell’anno scorso. E non finisce qui: anche l’ebit dovrebbe essere negativo per 32 milioni, con un book value che dovrebbe scivolare dai 72 milioni a circa 17 milioni.
In altre parole, la Juventus deve ancora ammortizzare l’azzardo CR7, magari stringendo un po’ la cinghia con l’ingaggio dei giocatori, e nel farlo dovrà rapportarsi con le varie voci di spesa che gravano sulle casse. Il gioiello portoghese, infatti, ha creato uno shock tale da portare i debiti finanziari netti della Juventus a 384,3 milioni a fine dicembre 2018, con un incremento di 74,5 milioni rispetto alla fine di giugno (+24,1%).
L’operazione per il fuoriclasse ha avuto un costo complessivo di 115 milioni circa, oltre allo stipendio del giocatore (31 milioni a stagione), e il club ad oggi ha visto crescere i costi del personale (compreso l’entourage del numero 7 bianconero) e dell’ammortamento cartellini con un impatto superiore alla crescita dei ricavi. Per godere dell’effetto Cristiano Ronaldo, si dovrà attendere ancora qualche mese, nel frattempo il carrello si gonfia e le spese raggiungono i 151,50 milioni contro i 109 delle cessioni.
Spoiler: a meno dell’arrivo di un investitore estero, il sogno Neymar rimarrà tale. Il portafoglio della società dovrà infatti rimpinguarsi di liquidi a fronte di un mercato per il momento solo in entrata (se non si conta la vendita di alcune seconde linee): potrebbe partire Perin, vicinissimo al Benfica, poi Cancelo, Sami Khedira, Dybala, Higuain e Mario Mandzukic. Nomi importanti senza una porto sicuro dove attraccare, vuoi per la somma richiesta dalla Juventus, vuoi per l’ingaggio fuori dalla portata di molti club (perlomeno italiani). L’unico spiraglio è lo scambio Dybala, più 100 milioni, per Neymar, il che – nonostante l’ostacolo tecnico-tattico e quello comportamentale di avere troppi “galli” all’interno dello spogliatoio – ci porta a un’altra nota dolente: il fair play finanziario.
I bianconeri (per regolamento interno) hanno un solo obiettivo, vincere, e quando questo non si realizza, il prezzo da pagare è alto
Il triennio 2019-2019 non è un problema: le stime contano una variazione positiva dei ricavi da gare, dei diritti tv (+13,6 milioni) e quelli della pubblicità (+1 milione). Anche se l’Allianz Stadium con 51 milioni di euro di ricavi segna un -11,4% rispetto alla scorsa stagione e i costi per il personale lievitano vistosamente, la solidità aziendale e l’assenza di debiti scaduti, fan sì che il piano quinquennale del club non venga inquinato. Senza contare la crescita del marchio Juventus che, dai numeri emersi dall’ultimo rapporto di Brand Finance, è salito del +21,6% rispetto al 2017, rimanendo comunque all’undicesimo posto dietro il Tottenham.
L’arrivo di De Ligt (7,5 milioni netti a stagione) e il peso degli altri super ingaggi, potrebbe invece rappresentare un nodo da sciogliere per il triennio 2017-2020. Intermonte inquadra il 2021 come l’unico anno in cui la Vecchia Signora riuscirà a uscire dal tunnel del bilancio in rosso, non contando che per quest’anno, dopo l’acquisto del difensore dall’Ajax, servono 70 milioni di plusvalenze. Il futuro quindi ci dice che i passivi del club saranno superiori ai cento milioni tra ricavi e costi rilevanti e il fair play finanziario, senza contare il patrimonio netto il quale si può camuffare grazie alle molte società, non più una chimera lontana.
Il tutto, non contando i risultati sul campo. I bianconeri (per regolamento interno) hanno un solo obiettivo, vincere, e quando questo non si realizza, il prezzo da pagare è alto. Il mancato accesso alle semifinali nello scorso anno ha portato a un mancato incasso potenziale di premi Uefa fino a 33 milioni, un titolo in borsa (tutt’ora) molto volatile e un bond da 150 milioni sulle spalle.
Abbandonata l’equilibrata gestione Marotta, la strada intrapresa dal club bianconero è chiara: tornare grandi in Europa, stile blancos, costi quel che costi
Per finire, c’è poi la questione dirigenziale. Il patrimonio della famiglia Agnelli, a fine 2018, è poco più di un miliardo di euro, in discesa di circa 180 milioni rispetto a quanto registrato alla fine del 2017. Il dato del bilancio della Giovanni Agnelli Bv, se intrecciato con quelli del gruppo del Lingotto, che ha aggiustato i suoi obiettivi per il 2019, stimando il free cash flow industriale superiore agli 1,5 miliardi di euro rispetto ai 4,4 miliardi di euro del 2018, e un utile netto in calo di Exor (altra società della famiglia), assume tutt’altro respiro.
Abbandonata l’equilibrata gestione Marotta, la strada intrapresa dal club bianconero è chiara: tornare grandi in Europa,stile blancos, costi quel che costi. Il Real però, tra le differenze, ha fondato il proprio ciclo inizialmente senza fare spese folli, anzi. Vendere nel lontano 2000 la “ciudad sportiva”, il centro di allenamento dei madrileni, per 480 milioni di euro, ha permesso a Florentino Perez di costruire un concreto piano industriale, grazie al coinvolgimento degli sponsor e al nome pesante di alcuni giocatori. La Juventus difficilmente può emulare lo stesso modello, per il semplice fatto che il calcio italiano viaggia a un’altra velocità finanziaria, creando ciclicamente una bolla speculativa (vedi plusvalenze) nella quale i bianconeri, attualmente, ci sguazzano.