Occupato com’è da molto tempo a cercare idee mirabolanti per la rinascita, per la resurrezione, per la rivoluzione, e ovviamente a costruire scudi contro gli oscuri disegni dei poteri nemici, lo Stato è rimasto piuttosto indietro con gli ordinari compiti a casa. L’ultima denuncia è del capo della Polizia Franco Gabrielli, che segnala la mancanza in organico di 18mila poliziotti (ce ne sono 99mila, dovrebbero essere 117mila). Ma mancano pure i medici – in Friuli, Liguria, Piemonte e Molise si stanno richiamando in servizio i pensionati – e si aprono voragini nel corpo insegnanti: il ministero ha ammesso di recente la difficoltà di reperire circa un terzo dei 60mila professori e maestri necessari per l’anno scolastico prossimo venturo.
Sicurezza, salute e pubblica istruzione sono tre gangli vitali del nostro sistema sociale e tre polmoni dell’occupazione qualificata: a quanto pare, stanno lentamente smettendo di respirare, vittime del cortocircuito provocato dal blocco del turn over nella pubblica amministrazione e dall’escalation dei pensionamenti legati un po’ all’età anagrafica (arriva al capolinea la massa degli assunti negli ’80) e un po’ alle agevolazioni di Quota Cento. In un Paese normale non sarebbe una crisi ma un’opportunità, anche per i politici di governo: bandi, concorsi, assunzioni sono sempre una festa per chi è al potere, l’occasione suprema di guadagnare simpatie e consenso. Ma in Italia le cose vanno diversamente e l’ordinaria amministrazione non viene più ritenuta “pagante”. L’immaginaria classifica dei beau geste che portano voti è dominata dall’emergenza e dall’eccezionalismo, non dalle piccinerie della pianta organica.
Le stime dell’ultimo Forum della Pubblica Amministrazione fissano in 250mila i dipendenti statali mancanti fra agenzie fiscali, polizia, scuola, sistema sanitario, ministeri ed enti locali
Sono almeno dieci anni che le nostre classi dirigenti dedicano la maggior parte del loro tempo e della loro comunicazione a provvedimenti-fantasia dai nomi esotici, minacciosi, suggestivi, a seconda delle occasioni e dei temperamenti di chi li propone anziché dedicarsi a far funzionare lo Stato. L’idea di fondo è che non basti più assicurare agli italiani un ordinario andamento delle cose – insegnanti in cattedra dal primo giorno di scuola, ortopedici al pronto soccorso anche di notte, poliziotti per strada pure in periferia – ma che servano i fuochi artificiali, San Gennaro e Jeeg Robot messi insieme, il prodigio, la svolta, l’atto catartico e definitivo. E inseguendo questa idea miracolistica della politica, eccoci qui alle prese col paradosso di un Paese che vanta al tempo stesso un numero record di disoccupati, un numero record di precari e un numero record di posti vacanti nel settore pubblico.
Le stime dell’ultimo Forum della Pubblica Amministrazione fissano in 250mila i dipendenti statali mancanti fra agenzie fiscali, polizia, scuola, sistema sanitario, ministeri ed enti locali: la cifra non tiene conto dei pensionamenti del prossimo triennio, calcolati in circa centomila l’anno, che ovviamente faranno aumentare il saldo negativo. Ci sarebbe pane e lavoro stabile per moltissimi anche colmando solo la metà di questo deficit. Ma non solo. La celebrata rabbia del cittadino medio forse sbollirebbe davanti a una scuola e a una sanità più efficienti o a città presidiate da un numero maggiore e più visibile di agenti. Ma forse no. Forse queste sono cose da tedeschi, da francesi, da giapponesi, buone per latitudini dove la gestione della Polis significa anche (soprattutto) efficienza dello Stato. A noi è toccato un genius loci diverso e dobbiamo tenercelo.