Il bastone e la carotaAlla larga dai libri che “vendono”: ecco qualche consiglio per letture da spiaggia davvero belle

La lista dei libri più richiesti al momento corrisponde all’Himalaya delle classifiche editoriali. Ma c’è da friggere di noia. Lasciate stare gli amori malati e i titoli da effetto Strega, ecco una sfilza di titoli vintage per tenervi occupati sotto l’ombrellone

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Il bastone. Pochi lo sanno. L’alternativa al Premio Strega, il contro-Strega, fu fondato a Riccione. A Roma, nel 1947, vinse Ennio Flaiano, con Tempo di uccidere, romanzo bellissimo, anche sotto l’ombrellone; sulla Riviera romagnola, nello stesso anno, si diedero convegno Sibilla Alerano – piovra e presidente di Giuria –, Cesare Zavattini, Romano Bilenchi, Guido Piovene, Corrado Alvaro, Mario Luzi. Si premiava un testo inedito, purché dal “contenuto sociale”. Riccione, spiaggia fascistissima – vi nuotava quello squalo di Mussolini – tentava di cambiare colore, virando il nero in rosso crudo. E la cultura, come sempre, è il modo migliore per risciacquare la propria fedina – o fede – politica.

Da Milano Elio Vittorini indicò ai “compagni” il suo asso di cuori: Italo Calvino. In effetti, fu lui, “un giornalista comunista che non conosco” (didascalia della Aleramo) a ottenere il premio, con il manoscritto del Sentiero dei nidi di ragno, che sarebbe stato pubblicato pochi mesi dopo da Einaudi e che giace nei recessi della Biblioteca civica riccionese come astruso cimelio. Peraltro, il premio fu un flop: troppo politicizzato, pochi partecipanti, il libro di Calvino non piacque (“Il racconto risulta un po’ immobile”, ammette Luzi), gli affratellano un altro, Fabrizio Onofri – responsabile Sezione propaganda del Pci – con Morte in piazza, romanzo, invero, mai pubblicato. Calvino, incazzoso, non andò a ritirare il premio, ma premerà per avere in fretta i soldi in palio. Ergo: l’alloro letterario come è nato muore, il Premio Riccione esiste ancora ma come premio per la drammaturgia. Morale: le velleità culturali della località balneare sono state soffocate in culla.

Ma cosa leggono i ragazzi, dico, con lingua di cobra e passo da ghepardo. “Questo lo chiedono dagli 8 anni in su”. Entra nel mondo di Luì e Sofì. Va bene, ma, e i ragazzi? “Va tanto questo”. A un metro da te. C’è anche un film. Logo: “Ci si può innamorare senza mai sfiorarsi?”. Cosa vuol dire?

Attacco la ramanzina sul muso della povera impiegata alla Mondadori riccionese che mi guarda come uno svanito dal caldo, con le caldane dell’intelletto. Il viavai di bagnanti è a fiumi, s’implora il libro ‘da ombrellone’ per fare ombra alle proprie inquietudini. La libraia mi mostra la lista dei libri più richiesti. Quasi tutto corrisponde all’Himalaya delle classifiche editoriali: Andrea Camilleri medaglia d’oro con Il cuoco dell’Alcyon, seguono Lucinda Riley con La stanza delle farfalle, Stefania Auci (I leoni di Sicilia), Don Winslow (Il confine), Concita De Gregorio (Nella notte), Lorenzo Marone (Tutto sarà perfetto). Sto friggendo di noia. Ma… se al posto di quei libri, chessò, mettesse un Tolstoj, un Kafka, un Simenon… “No, i classici non li chiedono”, chiude la tizia. Ma cosa leggono i ragazzi, dico, con lingua di cobra e passo da ghepardo. “Questo lo chiedono dagli 8 anni in su”. Entra nel mondo di Luì e Sofì. Va bene, ma, e i ragazzi? “Va tanto questo”. A un metro da te. C’è anche un film. Logo: “Ci si può innamorare senza mai sfiorarsi?”. Cosa vuol dire? “Una storia d’amore tra due malati. Un genere che funziona parecchio”. Un… ‘genere’? “Amore tra malati”. Mi viene in mente un libro di Ferdinando Camon, La malattia chiamata uomo. La mondadoriana non lo conosce. Evito di farmi troppi pensieri. Perché le storie d’amore tra malati? Perché il corpo martoriato dal male? Perché questa disincarnazione? Ogni altra domanda – perché non leggere Melville, Conrad, Cime tempestose? – è del tutto cretina, il buon senso è preso per snobismo.

Non mi bastano le librerie affiliate ai grandi gruppi, Mondadori, Feltrinelli, dove si smercia il consueto. Cerco una libreria vera. A Riccione una è diventata un caso. Negozio storico di roba varia per fighetti – vestiti, cover, borse, scarpe – che ha posto, all’ingresso, la libreria. Libri particolari per gente particolare. La libraia, assai versata e competente, vuole darmi a intendere che il libro più venduto è Come cambiare la tua mente di Michael Pollan. Ma chi ti crede… Secondo me si vende Massimo Recalcati, faccio, accennando all’orrido Mantieni il bacio. Lei nicchia. “Purtroppo vende…”, ammette. Poi mi fa ammattire: mi mostra, tra i libri che ‘tirano’, Il party di Elizabeth Day e Il sussurro del mondo di Richard Powers; tra gli italiani ‘vendono’ La straniera di Claudia Durastanti e M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati. Effetto Strega… le faccio. “Macché, quando provo a dire che sono in cinquina i clienti mi guardano svaniti, non gliene frega nulla”.

In un angolo, una pila di Adelphi: copie di Acqua viva di Clarice Lispector. “Continuo a chiedere un rifornimento, può scrivere che la Lispector va moltissimo”. Libro difficile, nicchio. In questa libreria per fighetti si comprano libri come occhiali da sole o maglie alla moda: si indossano, in spiaggia, per ostentare l’ampiezza esotica del proprio intelletto. Lei ride, annuisce, mi fulmina. A meno che non sia il tipico caso di ipnosi da libraio: a lei piace la Lispector e la propone al primo che passa. In questo modo, sposta di uno iota la classifica himalayana dei libri più venduti sotto il sole. E lei in spiaggia cosa si porta? “Preferisco la montagna”, fa, alta, rossochiomata, sguardo verde e occhiali tondi. Ah, i librai di una volta…

Rimini è un brontosauro, invecchiato insieme agli anni che ha cantato: i Paninari, la techno, Drive In e Tondelli sembrano preistoria rispetto ad Austerlitz, alla Pietroburgo di Dostoevskij e perfino a Pippo Baudo

La carota. Il ‘romanzo dell’estate’ lo tentò, nel 1985, Pier Vittorio Tondelli, con arguzia da anchor man e vezzi felini. L’Europeo gli dedicò una copertina, con strillo eccessivo: “Adesso il Bukowsky emiliano si è fermato sulla Riviera Adriatica. Trasformandola in una grande Nashville nostrana”. Lui, d’altronde, per Rimini, diceva di essersi ispirato al Grande Gatsby. Il libro fu promosso per mezzo di un evento clamorosamente trash il 5 luglio 1985, nel felliniano Grand Hotel, sotto la direzione delle trasgressioni di Roberto D’Agostino. La presentazione di un romanzo diventò l’epopea dei lisergici Ottanta, l’epica dello scialo, un omerico troiaio. Dago, in un pezzo proustiano pubblicato nel 2015, rimembra i lauti fasti, i fieri pasti: “A un certo punto, tutto pronto per la presentazione, invitati già accalcati, fui incaricato di andare a chiamare Tondelli in camera. La porta era semi aperta e quello che vidi – gang-bang di corpi maschili rovesciati sul letto – ha sempre rappresentato per me un quadro-vivente di quegli anni, terribili e bellissimi. Un ‘sogno bagnato’ che Tondelli aveva svelato con i suoi libri”.

Dago si lascia andare ad afrori da critico letterario (“La struttura narrativa di Rimini mi ricorda, nel cinema, America oggi di Altman e Magnolia di Andersen che Pier non ha fatto in tempo a vedere: storie che si sfiorano più che intersecarsi… La storia più compiuta, quella dello scrittore che finisce per soccombere al suo bellissimo angelo sterminatore, contiene pagine di struggente sensualità da antologia di letteratura erotica”). L’episodio della censura di Domenica In, sotto la bacchetta bacchettona di Baudo, fa levitare le vendite. Tondelli racconta così: “la storia della misteriosa morte del senatore cattolico (la parola democristiano non viene mai fatta nel libro) e alcune sequenze erotiche hanno turbato i dirigenti televisivi così come nell’80 Altri libertini turbò l’allora magistrato de L’Aquila Bartolomei, fino a spingerlo al sequestro”. In realtà, Rimini è un brontosauro, invecchiato insieme agli anni che ha cantato: i Paninari, la techno, Drive In e Tondelli sembrano preistoria rispetto ad Austerlitz, alla Pietroburgo di Dostoevskij e perfino a Pippo Baudo. Piuttosto, Tondelli resta un intellettuale di trascinante intensità. Nel 1990, ad esempio, tentò, in uno studio mitico, Cabine! Cabine!, di costruire una antologia di “Immagini letterarie della riviera adriatica”, spostando il parallelo della cultura estiva dalla Liguria poetica e dalla Toscana radical alla svaccata riviera romagnola. Le ricerche diedero frutti, a partire dalla scoperta delle “prime righe che possediamo di Pier Paolo Pasolini”: le lettere inviate, bambino, “perso nei giochi di spiaggia”, al padre. I libri ‘da spiaggia’, che fondano il mito estivo, secondo PVT sono:

*Gli occhiali d’oro di Giorgio Bassani (“il miglior romanzo che uno scrittore abbia dedicato a Riccione”);

*Fratelli d’Italia di Alberto Arbasino

*La quinta generazione di Dante Arfelli (autore da riscoprire e rimeditare: esordisce 70 anni fa con I superflui facendo ghiotta fortuna negli Usa, dove è pubblicato dallo stesso editore di Hemingway)

*Straparole di Cesare Zavattini

*Viaggio in Italia di Guido Piovene

*i reportage in bicicletta per il Corriere della Sera di Giovannino Guareschi

*La lanterna di Diogene di Alfredo Panzini.

Tutta roba vintage. Alla peggio, tornate a PVT: Altri libertini e Biglietti agli amici, i libri migliori, sapranno aguzzare il vostro spirito vacanziero. Piuttosto, la scoperta più conturbante di PVT è il soggetto de La prima notte di quiete, il film di culto di Valerio Zurlini, con Alain Delon, ambientato in una Rimini da esistenzialismo francese. Il testo s’intitola La prima notte di quiete di un Lord Jim casalingo. Il protagonista, Daniele Dominici, è descritto così: “In quest’uomo apparentemente alla deriva qualcosa di elegante e di aristocratico resisteva con ostinazione – il modo parco e lento di muovere le belle lunghe mani… i lineamenti sottili e alteri del viso, il colore chiaro degli occhi e dei capelli, il sorriso quasi sempre assente, la distinzione naturale dei modi, l’aria timida di chi è – e tiene a rimanere – uno straniero nell’ambiente che lo ospita… aveva il gusto fisico del rischio”. A dirla tutta, siamo ostinatamente estranei all’estate, assenti al sole, soli.