Non si sarebbe mai detto, visto il momento che l’Italia sta attraversando: l’incertezza sul futuro del governo, la manovra e il rischio di andare in ulteriore deficit farebbero preoccupare chiunque. Eppure, quando si tratta di mutui, il quadro non potrebbe essere più roseo. A risollevare i mercati internazionali, di recente, ci ha pensato Mario Draghi: «Abbiamo un mandato che è quello della stabilità dei prezzi e siamo determinati a usare tutti gli strumenti a nostra disposizione per rispettare il nostro mandato. I tassi di cambio non sono un nostro target», ha annunciato di recente il presidente uscente della Bce. La risposta del mondo finanziario è stata immediata: l’euro sul dollaro è calato, lo spread è sceso e i listini azionari hanno accelerato vertiginosamente. Ma che cosa significa concretamente, e soprattutto cosa significa per i mutui?
«La Bce in generale ha confermato l’orizzonte sempre più prolungato di un costo del denaro stabile e ai minimi, e anzi verso nuovi minimi, una cosa che non si vedeva da anni», spiega a Linkiesta Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline. «Euribor e Irs si sono incredibilmente mossi verso il basso: l’Euribor è sceso ulteriormente, e anche se parliamo di millesimi o centesimi, da -0,36 a -0,39 punti, la perdita di pochi centesimi in questo contesto può pesare come un macigno. Infatti sul costo del denaro a lungo termine c’è stata una ritirata generale degli indici, dall’1,30 a 0.64-0.70, minimi assoluti storici che avevano toccato solo brevemente tre anni fa».
Sebbene lo spread possa risentire della situazione nazionale, infatti, è anche vero che molto dipende dalla situazione dei mercati a livello europeo. In questo senso, il differenziale tra Btp e Bund si è abbassato non tanto perché il mercato sia stato favorevole verso l’Italia, quanto perché gli investitori globali si sono concentrati sull’acquisto di asset più stabili – i bund tedeschi, appunto – il cui incremento favorisce indirettamente anche il mercato italiano. Risultato? Le banche italiane si trovano a pagare meno il costo del denaro, e possono offrire mutui a tassi estremamente agevolati. «Al momento i mutui in Italia costano ancora meno di quanto non fossero arrivati a costare l’anno scorso; le diverse banche stanno limando non poco i tassi», spiega Anedda. «E anche se è vero che potrebbero autonomamente decidere di aumentare un po’ i tassi e quindi i propri guadagni, in molti casi in realtà preferiscono mantenersi su livelli concorrenziali, che sono molto vantaggiosi anche per i propri clienti».
«Al momento i mutui in Italia costano ancora meno di quanto non fossero arrivati a costare l’anno scorso; le diverse banche stanno limando non poco i tassi»
Parliamo quindi di nuove soglie di minimi che sono state toccate. Ma quali sono le offerte migliori in circolazione? Prendendo il classico esempio di un tasso fisso a vent’anni, nel corso di questa prima metà dell’anno per la prima volta questo è sceso allo 0.90%. «Si tratta dell’offerta migliore possibile, ed anche di un tasso esemplificativo di un abbassamento mai visto prima», dice l’esperto. Ed anche su durate più lunghe la convenienza permane: «Se si passa ai trent’anni, si trovano offerte che fino a inizio anno si trovavano per mutui a vent’anni: il passaggio è stato dal 2% circa all’1,50%-1,60%».
Meglio il tasso fisso o variabile? Le buone notizie proseguono anche su questo fronte: la differenza tra l’uno e l’altro, nella scelta del mutuo, è diventata davvero minima, per cui le due opzioni sono praticamente intercambiabili. «L’Euribor, il parametro di riferimento quando si analizzano i tassi variabili, si è contratto di meno in proporzione, ma il differenziale è talmente contenuto da non costituire una variabile rilevante», spiega l’esperto. «Ad oggi ci sono appena 60 centesimi di punto tra tasso variabile e fisso. È la prima volta nella storia del mercato dei mutui che c’è intercambiabilità quasi totale tra i due tassi». Anche chi non è esperto di finanziamenti, quindi, può ritenersi tranquillo: in un modo o nell’altro, si cade comunque in piedi.
Anche sul fronte delle surroghe (il passaggio dall’una all’altra tipologia di tasso, in ottica di risparmio, ndr), quindi, il risparmio è servito: «considerando che il costo del denaro è ai minimi già da tempo, presumibilmente la maggior parte dei mutuatari ha già optato per la surroga. Ma potrebbe ancora esserci la possibilità di surrogare ulteriormente mutui già surrogati uno o due anni fa, risparmiando ancora diverse decine di centesimi di punto», puntualizza Anedda.
Insomma, un momento più propizio di questo sarebbe difficile ottenerlo: meglio non rimandare ulteriormente la ricerca di un’offerta. La fine del mandato di Mario Draghi alla presidenza della Bce potrebbe cambiare le carte in tavola nell’arco dei prossimi mesi? Sulla carta, a meno di scossoni improvvisi, tutto dovrebbe proseguire lungo la linea già fissata: difficilmente il cambio di dirigenza alla Banca Centrale potrebbe portare ad un deliberato aumento dei tassi. In più, la nomina di Christine Lagarde per il dopo-Draghi fa ben sperare: «Scegliendo un nome super partes, forse anche la Bce ha necessità di mostrare autorevolezza e di affrancarsi da un potenziale anche solo sospetto di maggiori legami o parteggiamenti», conclude l’esperto. «Nella pratica poi si potrà avere un approccio o un altro rispetto all’impiego degli strumenti economici e finanziari all’interno dell’Ue, ma Lagarde al Fmi ha avuto situazioni complesse da gestire, e quindi ha l’esperienza adeguata per una fase come quella attuale». Il massimo che ci si può aspettare nel prossimo futuro, quindi, è semmai qualche ulteriore limatura dei tassi.