La piattaforma compare. La piattaforma scompare. Tutto in meno di 24 ore. Il 15 luglio l’Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive, quella che a giorni dovrebbe firmare i contratti con i 2.980 navigator vincitori del concorsone, ha dato notizia in primo piano sul sito e sui social network (vedi immagini sotto) del lancio della piattaforma digitale “Domanda e offerta di lavoro”, sviluppata dall’Agenzia stessa “in linea con gli obiettivi posti dal governo e previsti dal reddito di cittadinanza”. Il sistema informatico di cui si parla da sempre, praticamente: le aziende possono inserire le posizioni lavorative ricercate, visualizzare e gestire le candidature ricevute, e comunicare l’esito dei colloqui. Proprio come prevede la fase 2 del reddito di cittadinanza per la ricerca di un lavoro ai beneficiari del sussidio. Invece, meno di 24 ore dopo, della notizia della piattaforma (che resta comunque online) sul sito di Anpal non c’era più traccia. E dietro quello che sembra un numero di magia, fonti informate sostengono che c’è lo zampino del presidente di Anpal Mimmo Parisi, l’italoamericano chiamato da Luigi Di Maio dal Mississippi, dove ha già sviluppato una applicazione per l’incrocio dei dati di domanda e offerta di lavoro che ora vorrebbe replicare in Italia. Facendo sorgere più di un dubbio sul rischio di un grosso conflitto di interessi nel caso in cui Parisi si trovasse a comprare la app – o il servizio di consulenza per la app – vendendolo praticamente a se stesso. Sul tema sono state presentate diverse interrogazioni parlamentari, a cui il governo non ha mai risposto. Parisi ha bollato ogni dubbio come «fake news». Mentre Di Maio ha assicurato che ci sarebbe stata una gara pubblica per la scelta del software, di cui però non si hanno ancora notizie.
Eppure, ora si scopre che Anpal una piattaforma ce l’ha già. Tenuta nascosta fino al 15 luglio. Il lancio del portale non sarebbe stato gradito dal presidente italoamericano. Tanto da aver chiesto la rimozione della notizia dal sito e dalla pagina Facebook di Anpal. Il via libera alla diffusione era arrivato dallo stesso gabinetto del ministro del Lavoro Di Maio. Ma dopo ore di agitazione negli uffici di Anpal, alla fine il 16 luglio è stato tutto rimosso. «La logica è: più si evidenzia che Anpal non può fare alcune cose, più si propende per l’affidamento a terzi», commentano fonti ben informate.
Prima dell’arrivo di Parisi, in Anpal si stava in effetti già lavorando allo sviluppo della piattaforma per costituire il sistema informativo unitario che incrociasse i dati delle Regioni e dell’Inps, in sostituzione del fallimentare sito “Clic Lavoro”. L’appalto per lo sviluppo era stato vinto da Almaviva a un prezzo di circa 700mila euro. Ma con l’arrivo del professore del Mississippi, lo sviluppo della piattaforma si è bloccato. Nel piano iniziale erano previste, ad esempio, funzionalità aggiuntive, come un motore semantico con intelligenza artificiale che aiutasse a fare il matching automatico tra domanda e offerta. Ma da inizio anno, non è stata aggiunta nessuna miglioria. E la piattaforma è stata lasciata in letargo. Per fare spazio, dopo un emendamento last minute al decreto crescita, al progetto di sviluppo di un nuovo portale con l’affidamento a terzi tramite Invitalia, l’agenzia in house del Tesoro con cui è prevista la stipula di una convenzione. Il consiglio d’amministrazione del 12 giugno ha dato mandato al direttore generale di Anpal Salvatore Pirrone, che potrebbe essere presto sostituito da Paola Nicastro dopo la nomina in cdm, di avviare un’interlocuzione con Invitalia per stabilire le modalità di scelta dell’infrastruttura tecnologica con cui presumibilmente dovranno lavorare i navigator.
Finché però un paio di settimane fa è sorta la questione degli incentivi da dare alle aziende per le assunzioni dei beneficiari del reddito. Serviva un sistema che permettesse di inserire le offerte di lavoro da incrociare con i curriculum. E così qualcuno ha ricordato a Parisi che Anpal aveva già in realtà una piattaforma, costata per giunta 700mila euro di soldi pubblici.
Dopo un tira e molla, è arrivato così l’ok alla diffusione da parte del ministero del Lavoro. Ma la notizia della piattaforma ha avuto vita breve. Eppure, secondo diversi esperti, basterebbe mettere mano a questo portale esistente per ottimizzarlo e gestire anche la ricerca del lavoro per i percettori del reddito. Senza spendere quei famosi 25 milioni destinati nel decretone del reddito allo svilupop di nuove infrastrutture informatiche per la realizzazione del “case management” e del “labour exchange”. Proprio sul modello di Mississippi Works, la app venduta da Parisi allo Stato americano del Mississippi.