House of StrasbourgVon Der Leyen, mille promesse per una poltrona: adesso il difficile sarà rispettarle

Oggi alle 18 il Parlamento europeo eleggerà la prossima presidente della Commissione. Gli eurodeputati che a parole osteggiano la candidata tedesca non hanno mai cercato un'alternativa. Socialisti e liberali europei stanno vendendo a caro prezzo il loro voto per influenzare il programma di governo

TOBIAS SCHWARZ / AFP

Tribolerà, ma alla fine sarà eletta. Non abbiamo la sfera di cristallo ma puntiamo il nostro euro sul gioco dell’estate: Ursula Von der Leyen sarà la prossima presidente della Commissione europea. L’Europarlamento voterà a suo favore oggi alle 18. E se il voto sarà rinviato all’ultimo minuto a settembre, sarò solo perché alla candidata tedesca servirà più tempo per negoziare. Il punto non è se, ma quando sarà eletta. I Verdi e la Sinistra estrema protesteranno, ma il pacchetto di nomine deciso due settimane fa dal Consiglio europeo non cambierà: se una del Ppe salterà, tra trenta giorni il Consiglio europeo sceglierà comunque un altro politico del Ppe al suo posto. L’Aula di Strasburgo non boccerà un outsider solo perché il Consiglio europeo non ha dato neanche una carica rilevante ai candidati presentati dagli eurogruppi alle elezioni del 26 maggio. Perché a giocare col fuoco il Parlamento europeo rischierebbe di ritrovarsi con un presidente ancor meno manipolabile in questa fase di negoziato. Negli ulltimi giorni abbiamo visto solo tanto fumo e pochissimo arrosto. Gli eurodeputati che a parole osteggiano la candidata tedesca non hanno mai cercato una vera alternativa. Socialdemocratici e liberali europei stanno solo vendendo a caro prezzo il loro voto per influenzare il programma della prossima commissione e ottenere la loro fetta di rendita politica. Per la prima volta il Parlamento europeo ha avuto un’occasione ghiotta: pur di essere eletta VdL ha concesso molto di più dei suoi predecessori. Lo dimostrano le lettere inviate agli eurogruppi Socialisti e Liberali in cui VdL ha promesso addirittura di concedere l’iniziativa legislativa per il Parlamento europeo. Non era mai successo prima. L’Europarlamento e il Consiglio dei ministri Ue possono modificare le normative europee rimbalzandosi il testo a vicenda come le nostre Camera e Senato, ma solo la Commissione europea decide su cosa si legifera. Già mettere nella trattativa questa prerogativa è una vittoria per l’Aula di Strasburgo. Poi se VdL rispetterà la lista dei desideri è un’altra storia.

Ci sono tre cose da sapere sul voto di oggi per orientarsi in questa giungla di promesse, ricatti e rendite politiche. Primo, Ursula Von Der Leyen ha bisogno di 374 voti per essere eletta. Secondo: se arrivasse sotto quota 400 arebbe una sconfitta perché il suo predecessore Jean-Claude Juncker fu eletto con 424 voti, cinque anni fa. Terzo: l’elezione sarà a scrutinio segreto e l’astensione varrà come un no. Su questi tre elementi si è basata la strategia degli eurogruppi. Sanno che la Von der Leyen oggi avrà un solo tentativo a disposizione e non può permettersi di sbagliare. Diamo i numeri: il Partito popolare europeo dovrebbe garantire alla sua candidata 182 voti. Per arrivare alla maggioranza assoluta ne mancano 194, ma i liberali di Renew Europe sono solo 108. E non è sicuro che voteranno tutti compatti. E gli altri 86? Ecco, il problema è tutto qui perché ci sarebbero i 153 socialdemocratici a disposizione ma in molti da giorni dicono che voteranno contro Vdl. Per antipatia nazionale l’Spd tedesco ha fatto sapere che non voterà mai a favore di una ministra della Cdu, i socialisti olandesi a parole dicono di esser rimasti ancora scottati dalla bocciatura del loro candidato alla presidenza, l’olandese Frans Timmermans, trombato dalle nomine come tutti gli altri spitzenkandidaten. A questi bisogna aggiungere i laburisti inglesi e i socialisti greci che non scordano la posizione rigorista di VdL: nel 2015 propose di usare come garanzia per gli aiuti della Troika ad Atene le riserve auree greche e gli asset strategici ellenici. In tutto sarebbero 37 i potenziali eurodeputati ribelli. Ma le trattative politiche esistono per cambiare idea. Meglio se con qualcosa in cambio.

Nessuno ha voglia di riaprire il vaso di Pandora delle nomine, ma molti hanno goduto nel veder rosolare a fuoco lento per qualche giorno la futura presidente della Commissione europea per ottenere qualcosa in cambio

In soccorso di Von Der Leyen potrebbero arrivare i sovranisti conservatori dell’Ecr. I 26 voti dei polacchi di PiS (Diritto e giustizia), i 3 tories inglesi e i 3 nazionalisti spagnoli di Vox farebbero comodo. E a questi si potrebbero aggiungere i 14 del Movimento Cinque Stelle, al momento tra i “Non iscritti” ma pronti a votare la candidata appoggiata anche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. VdL non vuole i voti di Ecr ma ne avrebbe bisogno: suffragium non olet, parafrasando il detto latino. Però con il voto a favore dei conservatori e le defezioni di molti socialdemocratici si creerebbe un problema politico: una presidente della Commissione europea eletta da un’alleanza di centrodestra. Per giunta grazie ai voti decisivi di un eurogruppo a cui è stato applicato lo stesso cordone sanitario riservato ai sovranisti. L’Ecr non ha ricevuto neanche una presidenza delle varie commissioni operative del Parlamento europeo. Addirittura l’ex prima ministra polacca di PiS Beata Szydło ieri è stata bocciata due volte di fila come capo della commissione Affari sociali. Il messaggio mandato dal Ppe a Von der Leyen per far capire che vuole avere una maggioranza più europeista possibile. Per questo ha offerto sul tavolo alcuni punti da inserire nel suo programma per compattare quel che resta dei socialdemocratici a suo favore (danesi, spagnoli, portoghesi e italiani).

Nelle lettere VdL ha cercato di togliersi l’etichetta di Lady Austerity: ha proposto più flessibilità nei conti, uno “strumento giuridico” che garantisca il diritto a un salario minimo e una garanzia europea per permettere ai bambini a rischio povertà ed esclusione sociale l’accesso ai diritti fondamentali. Ma anche forme per rendere i salari trasparenti, combattere il divario di stipendi tra uomini e donne e quote per avere parità tra i sessi nei consigli d’amministrazione delle società. Nella lista dei desideri c’è un bocconcino per Spagna, Italia e Grecia: la promessa di ridiscutere il Trattato di Dublino per trovare un metodo di redistribuzione dei migranti più efficace. VdL ha promesso qualcosa anche ai socialisti olandesi e belgi, sensibili sul tema sovranisti, a cui propone un nuovo meccanismo per collegare l’erogazione dei fondi europei con il rispetto dei principi dello Stato di diritto. Qualche assistente parlamentare attento fa notare che potrebbe esserci lo zampino di Frans Timmermans proprio in questo punto della lettera. All’olandese è stata promessa la prima vicepresidenza della Commissione nel pacchetto di nomine. VdL ha proposto anche una conferenza sull’Europa stile “Grande dibattito nazionale”, simile a quella indetta dal presidente francese Emmanuel Macron, per discutere un metodo più democratico ed efficace per scegliere il prossimo presidente della Commissione europea. Nelle prime righe della lettera c’è una proposta fatta su misura per gli eurodeputati Verdi indecisi a cui la candidata promette di presentare entro due anni un piano affinché l’UE riduca del 55% le proprie emissioni di CO2 entro il 2030.

Tante, forse troppe promesse. Sarà difficile rispettarle nei prossimi cinque anni. Ma Von der Leyen è convinta che basterà promettere per essere eletta. Per questo ieri con un tweet ha annunciato che mercoledì si dimetterà da ministra della difesa tedesca, a prescindere da come andrà il voto dell’Aula. Tradotto: promette di rimanere comunque a Bruxelles da commissaria europea semplice, se sarà bocciata come presidente. Ma fidatevi, non succederà. Il premier spagnolo Pedro Sanchez e quello portoghese Antonio Costa hanno twittato ieri il loro appoggio per VdL e sostengono che sia il compromesso migliore. Anche la danese dei liberali di Renew Europe Margarethe Vestager a cui è stata promessa la seconda vicepresidenza della Commissione si è espressa a favore della collega invocando la parità di genere. La verità è che nessuno ha voglia di riaprire il vaso di Pandora delle nomine, ma molti hanno goduto nel veder rosolare a fuoco lento per qualche giorno la futura presidente della Commissione europea. Dopo l’elezione è già pronta la ciliegina per coloro che temono troppi tedeschi nei ruoli cruciali delle istituzioni europee. Secondo Der Spiegel VdL avrebbe promesso ieri sera in una riunione del Ppe che farà fuori l’odiatissimo Martin Selmayr, segretario generale della Commissione europea poco amato dagli eurodeputati. Non tutti i mali vengono per nuocere.

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